A due anni di distanza dal loro ultimo lavoro, i Fukjo tornano con un lavoro che da subito fa tirare un sospiro di sollievo. Perché “La musica, il mare e la deriva occidentale” si dimentica dei club per bene. Quelli che ormai sono riempiti senza sosta dalla musica pop, e invece si sporcano di strada e di sudore. Quel rock alternativo che faceva da base ai precedenti album, qui si accosta a sonorità che spaziano dai toni psichedelici a quelli progressive. In “La musica, il mare e la deriva occidentale” i Fukjo riportano allora in auge band italiane che oggi sono un po’ dimenticate. Band come Marlene Kuntz, Verdena e Subsonica si alternano affacciandosi alla memoria dell’ascoltatore.
Dopotutto in questo album siamo di fronte a un perfetto connubio tra forma e sostanza. Se il tappeto musicale guarda al noise anni Novanta e alle band oltreoceano, i testi anche lasciano trasparire una certa nostalgia. “La musica, il mare e la deriva occidentale” è in effetti un album che dietro all’atteggiamento spregiudicato e spensierato, punta a un forte impatto emotivo. La voce che si fa rabbiosa ma introversa si muove infatti su due linee distinte ma che si congiungono alla fine delle undici tracce. La voglia di ritornare a un passato migliore, come lascia pensare l’omaggio alla serie animata di Dragon Ball nel titolo di “Triplo Kaioken”, e la ricerca collettiva della felicità.
“La musica, il mare e la deriva occidentale” dei Fukjo si dimentica dei club per bene, quelli che ormai la musica pop riempie senza sosta, e si sporca di strada e di sudore.
Passando velocemente dal personale all’universale, quello che i Fukjo vogliono dire con “La musica, il mare e la deriva occidentale” è proprio quanto l’umanità stia vivendo una piane crisi di valori. Non è tanto un atteggiamento nichilista, quanto semmai una denuncia amara della caduta di tutte quelle caratteristiche che rendono umani. L’isolamento dell’era moderna si respira in tracce come “Isole” e “Prototipi”. “La musica, il mare e la deriva occidentale” magari non ha il sound più innovativo nella discografia italiana, ma in un insieme stantio di musica pop, è comunque aria fresca. I Fukjo dimostrano che non basta guardare indietro per andare avanti: bisogna farlo bene.