Come non fare un’intervista a un musicista • MUSIC.IT

Come non fare un’intervista a un musicista

La recente intervista tra Dikele Fedez ha destato decisamente molti dubbi e curiosità. È stata una buona intervista? Gli argomenti trattati erano pertinenti? L’atteggiamento di uno nei confronti dell’altro e viceversa era corretto? E domande simili che attendono risposte. Ma non saremo di certo noi a darvele. Ci limiteremo per tanto a dare qualche consiglio su come non fare un’intervista a un musicista.

Non esistono domande giuste o domande sbagliate. Tutto dipende dal contesto che creiamo e nel quale coinvolgiamo il malcapitato musicista di turno, che spesso e volentieri si trova a dover rispondere a domande che neanche pensava potessero esistere. Ma il contesto è forse il fattore più fondamentale. Infatti è necessario coinvolgere il musicista nel nostro mondo, in quello dei lettori, e riuscire a lasciare che si senta sicuro nel parlare, che non si senti assolutamente sotto attacco in nessun modo.

Forse ora qualcuno starà già pensando “ma stiamo andando a caccia? Stiamo parlando di una persona qui” e infatti questo è il punto fondamentale. Un’intervista, almeno secondo il nostro punto di vista, altro non è che una chiacchierata tra due persone, spesso e volentieri che condividono la stessa passione, dove uno (il giornalista) fa sì che l’altro (il musicista) riesca a tirar fuori la migliore immagine di se, o comunque quella che vuole che il pubblico riconosca come tale.

No, non stiamo peccando di presunzione quando cerchiamo di spiegarvi come non fare un’intervista. al contrario. Stiamo mettendo nelle vostre mani la nostra esperienza personale, alla ricerca sempre più ossessiva di riuscire a migliorarci e portare un’intervista ad un livello superiore. Quindi, consci di questa premessa che vede come suo pilastro fondamentale il fatto che un’intervista, altro non è che una chiacchierata tra due individui andiamo a vede nello specifico quali atteggiamenti e quali domande bisognerebbe evitare di fare, per cortesia, professionalità e rispetto del lavoro degli artisti.

Ma che genere fai?

Ecco, partiamo dalle basi. Da musicista (e qui inizio a scrivere in prima persona) questa è una domanda che non ho mai sopportato. Non per la domanda innocente in se, ma per il fatto che sempre più spesso mi sono reso conto di non avere una risposta netta. D’altronde l’etichetta di genere in musica, è solo un modo come un altro per dare una macro identità a quello che un musicista o una band porta sul palco. Serve solo a indirizzarci verso l’eventuale sfera di ascolto, ma non dice nulla di più di questo. Spesso i musicisti non amano darsi etichette. Se qualcuno chiedesse a un giornalista “si ma che articoli scrivi?” non sarebbe come leggere un suo articolo, che seppur di cronaca o spettacolo, potrebbe essere totalmente diverso da tutto quello che avete già letto. Così in musica. Inoltre, una domanda del genere già potrebbe porre l’interlocutore su un piano d’ascolto diverso, provocando in lui domande come “non è chiaro? La mia musica non è associabile a un genere? Parlo con una persona che non ha mai ascoltato un mio brano?”. Insomma, piuttosto che chiedere a che genere di musica appartenga la produzione dell’artista, lanciatevi voi in una domanda che abbia già riferimento al genere e lasciate che sia lui, conscio del vostro ascolto, a raccontare quali sono le proprie influenze musicali e come cerca di etichettarsi per il mercato.

Interrompere o non interrompere, questo è il problema!

Ci hanno sempre insegnato che interrompere una persona quando sta parlando è segno di maleducazione, ma nel nostro caso a volte risulta quasi una priorità. C’è chi deve seguire tempi televisivi, radiofonici, o semplicemente ha delle ristrettezze nei collegamenti. In questo caso l’interruzione seppur brusca, è doverosa e non segna un disinteressamento da parte dell’ascoltatore, quanto la fine di un segmento a volte troppo breve, che però bisogna assolutamente far arrivare al proprio termine. Molto spesso l’interruzione agli occhi dell’intervistato può sembrare fastidiosa e fuori contesto, ma spesso lo salva anche da alcune situazioni difficile da cui uscire. Infatti non è detto che tutti i musicisti siano anche bravi intrattenitori, o come si suol dire, buchino lo schermo, e spesso capita che l’ansia o l’imbarazzo li portino a prolungare la propria risposta, uscendo dal seminato e rischiando di avventurarsi su strade poco battute, che sarebbe il caso di evitare. Altre volte invece la foga agonistica del giornalista, si palesa fin troppo presto. In quel caso state sbagliano. Non interrompete una risposta con un’altra domanda se non necessario. Contate fino a 10 e aspettate che la persona a cui state domandando qualcosa abbia il tempo di trovare le parole e darvi una risposta esaudiente. E cosa ancora più importante. Non aspettate il vostro turno per fare un’altra domanda, ma limitatevi ad ascoltare, come fareste con un vostro amico che vi sta raccontando la sua giornata.

Quanto conduce il conduttore?

Ovviamente essere un buon conduttore e un buon giornalista, spesso e volentieri vanno di pari passo, ma c’è un momento in cui il conduttore deve saper rinunciare alla linea tracciata dal proprio copione? Si! Questo accade molto spesso quando ci troviamo a intervistare qualcuno di cui conosciamo fin troppe cose, magari in un momento chiave della sua o della nostra carriera, ed è il che il giornalista smette di essere tale e diventa una macchina assetata di scoop. Ma quanto è utile la cosa? Beh, se lavorate nel mondo del gossip, forse molto, in quel caso la chiave è proprio cercare di far spazientire l’interlocutore per avere una reazione o una risposta fuori dagli schemi. Questo fa di voi dei buoni giornalisti? Fa di un’intervista una migliore intervista? Non sempre. Infatti forzare la mano non è mai la strada giusta da seguire. Se la persona che avete di fronte non ha intenzione di affrontare un argomento, o si sente in imbarazzo nel farlo, probabilmente eviterà le vostre domande fino a darvi un secco NO come risposta. Questo rovinerà certamente tutto il resto della vostra intervista, portando a risposte sempre meno esaustive, non ché a dare un’immagine totalmente errata del vostro interlocutore.

Quanto scendere in profondità?

In questo caso non c’è una risposta netta, ma tutto dipende dal contesto nel quale si affronta l’intervista. Nel caso Fedez appunto, sappiamo che l’artista si trovava lì per presentare il suo nuovo lavoro, cosa che quasi non è stata sfiorata dal suo interlocutore. A dispetto di questo, è vero che una buona intervista deve saper rivelare di più di quanto non sia già di pubblico dominio. Limitarsi a parlare del lavoro dell’artista in maniera superficiale è spesso e volentieri tedioso, e non ci da modo di raccontare come vorremmo la persona che ci sta di fronte. È vero anche d’altra parte che spesso e volentieri le interviste sono strettamente legate ad un’azione pubblicitaria versa a promuovere il nuovo lavoro di un musicista. Quindi è bene sempre trattare l’argomento cercando spunti di conversazione che possano aiutare il musicista a parlare di se in relazione al suo ultimo lavoro. Quindi prima di cimentarvi in domande blande, o d’altra parte di scindere totalmente dall’argomento. Ascoltate il lavoro, cercate di farlo vostro, immedesimatevi ed evitate di portare la conversazione su un piano che non vi appartiene o che non conoscete.

Professionalità, razionalità e rispetto.

Che voi abbiate davanti il musicista più affermato del secolo, oppure quello che è al centro di uno scandalo, o piuttosto un musicista emergente di cui nessuno conosce il nome, fa poca differenza. Avete di fronte una persona che merita il vostro rispetto, e che probabilmente vi rispetta a sua volta, altrimenti non sarebbe lì a farsi fare delle domande che potrebbero recargli danno. Quindi non siate supponenti e non cercate di mettervi in mostra, non siete voi i protagonisti di questo spot. Piuttosto cercate di mettere in luce le cose buone e magari di far spiegare all’artista le cose meno buone. Ascoltate quello che il vostro interlocutore ha da dire e cercate di capire quale è l’argomento che in quel momento gli sta più a cuore, di cosa vorrebbe parlare e come vorrebbe farlo. Questo non solo renderà il giornalista migliore agli occhi dell’artista e dell’ascoltatore, ma darà modo al musicista di coinvolgere il pubblico e i lettori, parlando di qualcosa che gli sta a cuore e conosce bene.

Insomma, prendete questo articolo con le pinze e non fatene un dogma, in fondo anche noi sbagliamo e come tutti cerchiamo di crescere e imparare. Il giornalismo è un terreno minato e l’errore è sempre dietro l’angolo, Siate in grado di capire con chi vis tate confrontando e non andate oltre le vostre potenzialità. Poi, per tornare all’inizio, tutto dipende dal contest. Siate in grado di creare quello adatto alle vostre domande e rispettarlo. Non esiste un modo giusto per fare un’intervista, e neanche un modo sbagliato. Però dalle domande che farete e da come vi porrete agli occhi di chi vi ascolta sarete in grado di determinare se la vostra intervista sarà una buona intervista o meno.