Non è facile da spiegare o da capire, infatti il processo creativo e quello d’ispirazione, sono processi della nostra mente molto complessi, che spesso e volentieri lasciano anche l’autore incappare in un errore. Ma partiamo dall’inizio, e nello specifico, nel caso musicale. L’umanità crea musica sin dall’alba dei tempi. I motivi sono stati i più svariati, ma sta di fatto che, per quanto ci si impegni, le note son sempre quelle e non è facile uscire fuori dagli schemi e allo stesso tempo riuscire a fare qualcosa di nuovo che allo stesso tempo aggradi l’orecchio umano.
Si potrebbe pensare infatti, che ad oggi potrebbe essere quasi impossibile creare qualcosa di unico, che non sia stato già pensato o fatto in passato. Ma come distinguere l’ispirazione dalla copia? Una cosa che a noi piace pensare, è che il processo di contaminazione di un artista sia essenziale per la sua crescita. Questo vuol dire essere in grado di ascoltare suoni diversi, generi diversi, sino a crearne uno proprio, originale, che possa essere considerato un marchio di fabbrica. Ma la linea tra contaminazione e plagio è sottile, e spesso la si supera anche involontariamente.
Nel diritto d’autore, appropriazione della paternità di un’opera dell’ingegno altrui
Definizione di Plagio da Wikipedia
Si tratta infatti di Criptoamnesia, o errore di Eureka. Questo avviene quando il nostro cervello, che è uno dei più potenti registratori mai creati, ci propone qualcosa che ha immagazzinato magari anni prima, suggerendola come idea originale. A quel punto, l’artista si trova a lavorare su qualcosa che crede di aver inventato, l’idea della svolta, inconsapevole del fatto che già all’inizio del processo di creazione, sta copiando qualcun altro. A volte però la criptoamnesia potrebbe essere invece proprio la chiave di volta.
Un cervello che ha immagazzinato una moltitudine di informazioni diverse, potrebbe sì proporre qualcosa di già ascoltato, ma sottoporla anche a un processo creativo diverso che a sua volta riuscirebbe a far scaturire una nuova opera, ispirata a quella di un altro. In questo caso si parla appunto di ispirazione. Ben diverso invece il plagio, che sempre più spesso è addirittura cosciente. Infatti le regole del plagio sono ben definite, ma andrebbero di volta in volta esaminate caso per caso.
Un artista in un momento di zero creativo infatti, potrebbe proprio piegare queste regole a suo favore, copiando volontariamente la creazione di un altro, andando semplicemente a variare i caratteri per cui sarebbe considerato plagio. È il classico esempio delle 7 note consecutive. Ascolto un brano, voglio farlo mio, lo riproduco cambiando solo l’ultima nota in modo da non poter essere accusato di plagio. La storia musicale è piena di questi “errori” specialmente nel mercato delle pubblicità, dove questa pratica viene attuata costantemente per evitare di pagare i diritti d’autore ad un artista, ma utilizzandone comunque il contenuto, che dall’ascoltatore sarà percepito come suo.
Portiamoci però nella parte pratica della situazione esaminando uno dei casi di plagio che ha fatto più discutere, almeno in Italia: quello del brano “Will you be there” di Michael Jackson, che è stato accusato di plagio proprio da Al Bano. Infatti il cantante nostrano aveva accusato la star del pop di aver plagiato un suo brano, però scopertosi mai edito. Quante probabilità esistono che a Michael Jackson sia arrivata alle orecchie un una canzone mai pubblicata di Al Bano? Molto poche. Sta di fatto che il caso finì davanti a un giudice e la scoperta fu ancor più stupefacente. Infatti, molti anni prima, rispetto alla produzione di Albano del suo brano “I cigni di Balaka” esisteva già un brano, non difeso da copyright, che ricalcava la stessa identica melodia. Trattasi di “Blessing you for being an angel” degli Ink Spot.
La corte, visto che il brano dichiarato di proprietà dall’artista nostrano non corrispondeva ai requisiti di originalità richiesti per poter sostenere l’accusa di plagio verso un altro artista, respinse il caso. Come si è potuti arrivare a questo? Ci sono più probabili ipotesi. La prima: la criptoamnesia. Forse entrambi gli artisti hanno ascoltato il brano degli Ink Stripes, ispirandosi ignaramente successivamente a quella melodia, e creando due brani assurdamente simili. Seconda ipotesi: spesso i grandi artisti si avvalgono di collaboratori, che frequentano gli stessi giri di conoscenze e gli stessi studi. Forse uno dei collaboratori di Michael Jackson aveva ascoltato da qualche parte il brano di Al Bano e aveva deciso di proporre la melodia come originale, sapendo che si trattava di qualcosa di ancora non edito. Ultima possibilità: si tratta di una scala così semplice, comprensibile e orecchiabile, che evidentemente il cervello di ogni artista durante il processo creativo ha proposto a entrambi, creando questo caso mediatico.