DAP, lieto di averti qui con me su Music.it. Iniziamo dal principio: quando hai capito che della musica non avresti fatto più a meno? Con quali artisti sei cresciuto?
Con la musica ho iniziato prestissimo, a 6 anni con il pianoforte, e mi dilettavo in piccole composizioni! Poi sono passato alla chitarra e alla voce. La musica è sempre stata parte integrante del mio linguaggio ed attitudine espressiva. La consapevolezza del fatto che potesse essere la mia strada professionale è arrivata più avanti, verso i 21 anni. Sono cresciuto con le opere pianistiche di Bach, Mozart, Clementi e Chopin in tenera età. Dopo ho scoperto il pop ed il rock. I nomi sono tantissimi: Dave Matthews Band, Radiohead, Alanis Morisette, Ani DiFranco, Nirvana e molti altri. Insomma, tutto ciò che potesse, all’ascolto, trasportarmi su realtà più alte!
Da quello che so, ogni tuo brano ha qualcosa da raccontare. Voglio chiederti di fare lo stesso qui, ma dovrai raccontare qualcosa che nessuno conosce e accaduto durante il tuo percorso musicale!
Ho fatto tante ma tante gaffe e figure di merda, ma vorrei conservare la mia dignità e lasciare la parola ai miei avvocati! Potrei dirvi però che la prima serata da cantante che ho fatto l’ho preparata in 36 ore e senza mai aver cantato 25 pezzi di fila su di un palco! E ne sono uscito vivo, e anche bene a quanto pare.
Ti destreggi con chitarre e tastiere, ma ho trovato particolare la scelta dell’armonium indiano. Come mai questo strumento? Hai legami particolari con l’affascinante oriente?
L’oriente mi affascina, ma l’incontro con l’armonium è stato puramente casuale e folgorante. Il mio strumento è stato un regalo speciale da una persona altrettanto unica. L’armonium generalmente viene suonato in maniera differente dal modo in cui lo suono io, nascendo come strumento di meditazione e preghiera. Nel rispetto di ciò e per innata curiosità lo suono con un approccio occidentale e quel che ne esce mi sembra parecchio interessante!
Come abbiamo già anticipato, molti dei tuoi brani hanno esperienze da te vissute dietro. In “Resonances”, il tuo album, le racconti con melodie raffinate. Come valuti che un determinato momento vada convertito in note? Cosa hai voluto racchiudere nelle 8 tracce dell’album?
Principalmente verità, fotografie emotive di momenti vissuti e sentiti. La genesi delle intenzioni di un disco può essere alquanto differente. Nel mio caso ho lasciato che un testo, una melodia o un’armonia cogliessero un’essenza comunicativa che ho poi ripulito e chiarificato in ogni singolo brano. O almeno spero di esserci riuscito.
Oltre ad avere una line-up hai avuto modo di collaborare con diversi artisti, e alcuni di questi hanno preso parte al tuo progetto. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze? Ti piace condividere la tua passione con altri?
La musica è condivisione innanzitutto, anche con se stessi: la tua voce dovrà condividere lo spazio sonoro con il tuo strumento. Gli altri, che siano musicisti o cantautori, sono la linfa di questo mondo. Tutte le collaborazioni mi hanno fatto crescere ed hanno aggiunto colori alla mia paletta. Inconsapevolmente noi esseri umani possiamo nutrirci vicendevolmente e guarirci dentro.
Cosa puoi dirmi del tuo futuro? Se stai lavorando ad altro, puoi darci qualche anticipazione?
Sto lavorando ad un piccolo EP proprio basato sull’armonium! In più sto scrivendo parecchio per il secondo disco, già ci sono una manciata di brani pronti, e sono alla ricerca di un sound che mi rispecchi il più possibile in questo momento.
Hai avuto modo di suonare anche all’estero. Hai notato differenze tra i luoghi dove ti sei esibito e il nostro paese? Che speranze nutri nei confronti dell’underground italiano?
I luoghi sono come i nostri, certi bellissimi, altri meno attraenti. La differenza sta nell’educazione, nel rispetto e nell’interesse verso il nuovo e l’arte in genere. Rinunciandovi, rinuncerebbero ad una possibile nuova scoperta e a qualche emozione. Qui in Italia generalmente ascoltiamo poco e ci lasciamo trasportare dai più, salvo casi sparsi ed eccezionali ovviamente! Nell’underground c’è tanto di bello ed interessante. Purtroppo lo spazio viene dato sempre di più a formule tipizzate e talvolta anche poco gradevoli all’orecchio a mio parere! Vediamo che succede!
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Volevo ringraziarvi per questa bella intervista ed invitare a tutti a risuonare con me cercandomi sui social.