La Amblin Entertainment, casa di produzione fondata da Steven Spielberg, si è resa celebre in tutto il mondo grazie ad alcuni film che hanno marchiato a fuoco l’immaginario cinematografico degli anni ’80. “Gremlins”, “I Goonies”, “E.T. l’extra-terrestre” sono titoli intramontabili che hanno saputo miscelare elementi horror e fantastici ad una buona dose di comicità, rendendosi adatti a qualsiasi tipo di pubblico. “Il Mistero della Casa del Tempo”, presentato nella selezione ufficiale della tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, è il nuovo prodotto targato Amblin che tenta esplicitamente di recuperare gli ingredienti vincenti dei suoi illustri predecessori. Il film è l’adattamento del primo di una serie di romanzi fantasy scritti da John Bellairs e mantiene sostanzialmente i toni da letteratura per ragazzi caratteristici dell’opera originale.
Il protagonista della vicenda è Lewis Barnavelt, un ragazzino di dieci anni che dopo la tragica morte dei genitori viene affidato alle cure dello zio Jonathan, interpretato dall’esilarante Jack Black. Il film, nella sua introduzione, non si dilunga in inutili preamboli sul retroscena dei personaggi e fornisce allo spettatore solamente informazioni strutturali: Lewis è un orfano introverso e Jonathan è un uomo decisamente eccentrico. La casa che divideranno è stracolma di magia. Il personaggio interpretato da Jack Black è infatti uno stregone che, assieme all’amica Florence (Cate Blanchett), si trova a fronteggiare le forze del male. “Il Mistero della Casa del Tempo” segue una narrazione estremamente lineare e sceglie di fondare la sua attrattiva principalmente sulla costruzione dell’atmosfera e degli scenari.
“Il Mistero della Casa del Tempo” di Eli Roth deve la sua riuscita anche alla sintonia tra i tre attori che diluiscono il dramma con l’ironia.
Non a caso la struttura a tinte gotiche dove soggiornano i protagonisti è il vero fulcro del film: uno scenario vivente che reagisce alle azioni dei personaggi e funziona come principale matrice di motivi comici e tematici. Lewis entrerà in contatto con il mondo magico esplorando i corridoi e le bizzarre stanze della casa, che conserva libri proibiti, reliquie maledette, poltrone animate e una valanga di orologi. Questi, come suggerisce il titolo, sono il motivo ricorrente dell’opera. Il loro ticchettio ricorda a Jonathan l’oscuro presagio di una catastrofe che si avvicina. Il tempo rimasto si assottiglia e il legame tra Lewis, Jonathan e Florence diventa più stabile. “Il Mistero della Casa del Tempo” deve la sua riuscita anche alla sintonia tra i tre attori che diluiscono il dramma con l’ironia, come aveva fatto in maniera simile anche l’adattamento di “Piccoli Brividi” del 2015, anch’esso con Jack Black tra i protagonisti.
Il film ha un’identità ben definita fin dalla sua fase di produzione. Senza pretese di novità si appropria di un genere collaudato e lavora sulla buona resa delle sue componenti fondamentali, come la costruzione di personaggi e atmosfere. La vera sorpresa è la presenza alla regia di Eli Roth (“Cabin Fever”, “Hostel”), che nel corso della sua carriera ha manifestato un gusto accentuato per la violenza in tutte le sue manifestazioni. È insolito trovare un regista come lui, uno dei principali esponenti del filone torture porn, a capo di un progetto in cui non è contemplato lo spargimento di sangue. “Il Mistero della Casa del Tempo” è un film decisamente ben fatto e una volta usciti dalla sala si è sicuri di due cose: che Eli Roth ha potenzialmente la capacità di dirigere qualsiasi prodotto e che Jack Black si riconferma un attore comico e drammatico incredibilmente espressivo.