Adele Salvucci, benvenuta su Music.it! È un vero piacerti averti sulle nostre pagine! Rompiamo subito il ghiaccio con un tuo ricordo: racconta ai lettori un aneddoto legato alla tua carriera musicale, il più divertente o insolito che ti viene in mente!
Grazie, il piacere è tutto mio! La cosa più divertente che mi viene in mente è successa durante un concerto con l’orchestra del conservatorio dove studio al teatro San Carlo di Napoli. Devo fare una premessa però: la sera prima di questo concerto con i miei compagni d’orchestra abbiamo fatto molto tardi in albergo, a ridere e scherzare. La mattina ci siamo alzati per prepararci e alle due di pomeriggio ci hanno portato in teatro per le prove e poi per il concerto. La prima parte dello spettacolo non prevedeva che noi suonassimo ma eravamo comunque sul palco. Ero talmente stanca che mi sono letteralmente addormentata sulla sedia. Non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Poi quando abbiamo iniziato a suonare sono tornata sveglia e lucida (per fortuna). Morale: da quel giorno non faccio mai tardi prima di un concerto!
Quando ti sei avvicinata alla musica? È arrivato prima il violino o il canto?
Mi sono avvicinata alla musica quasi per gioco. Al paese di origine di mio padre, Ortucchio, organizzavano tutti gli anni un baby festival per bambini e ragazzi. Avevo dieci anni e mia mamma mi spinse a partecipare. Era la prima volta che salivo su un palco e cantavo davanti a tanta gente. Dopo quella bellissima esperienza decisi di iscrivermi all’indirizzo musicale delle scuole medie. Papà aveva una vecchia chitarra, me ne innamorai e scelsi proprio la chitarra come strumento da studiare. Il caso volle, però, che la classe di chitarra fosse al completo e quindi capitai in quella di violino. All’inizio piansi, poi me ne innamorai perdutamente.
Stai studiando con Grazia Di Michele: sotto quali aspetti ti ha arricchito e continua ad arricchirti questa esperienza? Quale reputi sia stato il suo più grande insegnamento?
Grazia Di Michele è una grandissima professionista. Studiare con lei è un privilegio per me, mi sento molto fortunata. Dal punto di vista interpretativo credo di essere cresciuta molto. Lei ci fa capire l’importanza di cantare le emozioni, di sentire dentro ogni parola e ogni nota che emettiamo. Penso di poter crescere ancora di più in questo senso perché molte volte trovo difficoltà nell’interpretare qualcosa che non mi appartiene, che non ho vissuto, ma sta proprio lì la bravura di un interprete. Il suo più grande insegnamento a mio avviso è quello di trovare il nostro mondo musicale, nel quale ci sentiamo a nostro agio, senza fossilizzarci: è infatti importante saper essere versatili.
In quale particolare momento della tua vita hai composto il singolo “Di notte io e te”? Parlaci del brano e della sua portata significativa.
“Di notte io e te” nasce in un momento in cui la musica è il solo modo che ho per esprimere qualcosa. Perdere qualcuno non è mai facile, soprattutto se quel qualcuno è una delle persone più importanti della tua vita, tua madre. Cominci ad avere paura di tutto: dei tuoi amici che cominciano a trattarti in modo diverso, che cercano di nasconderti che erano al telefono con la madre, o che evitano la parola “mamma” in ogni conversazione. Ma soprattutto hai paura di chi non conosci, che non sa, che non può sapere e inevitabilmente ti chiederà qualcosa sulla tua famiglia o sui tuoi genitori. Da queste paure nasce il bisogno di raccontare: lei non c’è e non è affatto facile, ogni cosa in questo mondo me la ricorda. Mi guardo allo specchio e vedo il suo volto, i suoi occhi e i suoi sorrisi. La consolazione più grande è sapere che vive in me.
Al giorno d’oggi, cosa significa farsi strada nel mercato discografico italiano?
Oggi è molto difficile farsi strada in questo settore. Purtroppo le cose vere non sempre vendono e bisogna adattarsi a fare musica commerciale. Trovo che non si dia più tanta importanza alle parole.
Vedo molti artisti che arrivano a negare loro stessi e quello in cui avevano sempre creduto per sopravvivere nel mercato discografico. Ci insegnano a essere artisti, a trovare il nostro mondo e a fare musica seguendo i nostri principi, il nostro stile, ma quanto può essere utile guardando il panorama attuale della nostra musica? Io ancora non so rispondere a questa domanda, spero di riuscirci un giorno!
Hai dei rituali particolari, a cui non puoi proprio rinunciare, prima di salire sul palco?
In realtà no. Prima di ogni concerto cerco solo di concentrarmi e svuotare la mente. Il palco per me è un luogo sacro quindi voglio sempre dare il massimo.
Come sarà Adele Salvucci tra venti anni?
Spero felice. Non so dove sarò e cosa farò ma sono sicura che la musica farà ancora parte della mia vita.
Cosa si nasconde nel cassetto? Album in arrivo?
Ho diverse idee ma ancora nulla di concreto. Sicuramente il pensiero di poter fare un album c’è nella mia testa. Sto scrivendo delle cose ma sono una persona estremamente autocritica, non mi piace la banalità o risultare scontata. La voglia però c’è ed è questo che conta in questo momento, il resto verrà.
Grazie Adele Salvucci per essere stata con noi. Speriamo di venirti ad ascoltare presto! Le ultime righe sono tutte per te, aggiungi ciò che vuoi e saluta i lettori! Ciao!
Grazie a te Giulia e a tutta la redazione di Music.it che mi avete dato la possibilità di raccontarmi. Un caro saluto a tutti i lettori!