Diamo il benvenuto ad Aléxein Mégas sulle pagine di Music.it, è un piacere averti qui. Come sempre apro l’intervista secondo la tradizione chiedendoti di raccontarmi un aneddoto particolare riguardante il tuo percorso musicale. Meno persone lo conoscono e meglio è!
Ciao! Per me è un super piacere essere qui! Un aneddoto che vale la pena raccontare, vediamo… All’epoca della mia prima band, i Nu Etic, da buon ragazzino ingenuo, ho passato più di due anni a suonare in sala prove con l’amplificatore piazzato all’altezza dell’orecchio destro. Risultato? Ho perso un po’ di udito proprio a quell’orecchio e adesso mi tocca parlare al telefono sempre con quello sinistro!
Quali sono stati gli artisti che fino a oggi sono stati per te punti di riferimento? Qualcuno in particolare più di altri ha fatto scoccare la scintilla?
Avendo avuto un passato da rocker puro a partire dai 14 anni, la mia formazione musicale è parecchio variegata. Ho iniziato ascoltando band come Nirvana, Pearl Jam, Slipknot per poi innamorarmi letteralmente dei Dream Theater e band progressive come i Pain of Salvation, Symphony X e Circus Maximus. Non sono mancate le influenze classiche del rock quali Pink Floyd, Deep Purple, Led Zeppelin e Rush. Essendo sempre stato affascinato dalla musica classica e dalle colonne sonore, che ho avuto modo di avvicinare particolarmente durante la mia lunga esperienza con la band metal Members of God, i miei gusti si sono man mano addolciti, arrivando a trovare estremo piacere nel comporre brani in stile soundtrack strettamente connessi a sonorità elettroniche più o meno moderne. Il tutto ha preso corpo ed è nato quello che è il mio primo lavoro da solista “The White Bird”.
Quando hai capito che avresti voluto intraprendere questa carriera?
È iniziato tutto con i Nu Etic all’età di 19 anni, la mia prima band di musica progressive strumentale. Un trio poi trasformatosi in quartetto che mi ha permesso di dare sfogo a tutte le mie fantasie compositive, senza alcun tipo di vincolo. Spaziavamo molto, anche se evidentemente influenzati dagli ascolti del tempo. Ho avuto diverse band con le quali ho sperimentato generi diversi, come blues, pop e rock classico. Poi, circa 7 anni fa, ho avvertito un gran cambiamento che mi ha permesso di svoltare verso la composizione elettronica e soundtrack. Sento la musica nel sangue e lo ritengo il miglior modo di esprimere le mie emozioni e il mio essere. Grazie alla mia spiccata fantasia e alla passione per la fotografia, considero oltremodo appagante associare video, immagini e storie alla mia musica, che rendono più facilmente focalizzabili i concetti che ho da esprimere e condividere.
Parliamo del tuo ultimo singolo “The White Bird”. Si tratta di una critica alla società moderna, ma specialmente uno stato mentale. Ti senti effettivamente come l’uccello bianco? Credi che le persone possano rispecchiarsi in questa metafora?
Ritengo che l’uccello bianco sia quella parte nascosta in ognuno di noi, pronta ad accogliere il nostro permesso per poter spiccare il volo. Da musicista lo associo al mio intimo bisogno di fare musica per sentirmi libero ed esprimere ciò che sono. Intendo la musica la mia più grande passione ma, considerando la metafora, considero il messaggio esteso a tutte le persone che, attraverso i propri sogni e le proprie passioni, possano liberarsi dalle proprie gabbie, al fine di raggiungere la propria felicità.
Quale credi sia, nel mondo concreto, il modo di evadere da questa routine giornaliera che ci ingabbia tutti?
Innanzitutto, scrutarsi guardando dentro se stessi, analizzando ciò che in passato ci ha fatto sorridere, che ci ha reso anche per un attimo spensierati, considerandolo come lo specchio delle nostre gioie. Va rincorso come fosse l’ultima cosa che ci resta da fare per non rischiare di smarrirlo.
Prendere la vita per quello che di meraviglioso ci offre, apprezzando ogni piccolo e scontato attimo, quale può essere il sorriso di un bambino, la risata di un amico, il rumore del vento, il sole che scompare nel mare al tramonto, la carezza di una persona cara. Intendo la gabbia come una prigione che la società crea in primis, lasciando credere che per sentirsi utili si debba far parte dell’immenso ingranaggio che muove il tutto. Di riflesso ci si lascia imprigionare, perdendo la propria identità, diventando un robot che non fa altro che eseguire calcoli, smarrendo ogni tipo di fantasia o forma di creatività. Soprattutto dimenticando le cose più belle ed importanti.
So che tra poco uscirà il tuo album, contenente ovviamente il singolo. Puoi darci qualche anticipazione sulle altre tracce? Seguiranno gli stessi standard?
L’album in uscita prende il nome dallo stesso singolo “The White Bird”. In ogni brano ho voluto rappresentare uno stato d’animo diverso. Si tratta di 10 tracce, di cui 5 strumentali e 5 cantate. Il singolo è uno dei brani, se non il brano più particolare, musicalmente e strutturalmente parlando, dell’intero album. Si avvicendano brani più lineari, un paio di ballate ed atmosfere ambient arricchite da ritmi tribali. Esiste una connessione sonora tra di esse, e credo sia evidente all’ascolto di come facciano parte tutte dello stesso universo emotivo. Una pioggia di sensazioni che spero possano portare l’ascoltatore a guardarsi dentro ed immaginarsi veramente felice, per poi riuscire a trovare il proprio percorso verso la serenità interiore.
Ti ringrazio per averci prestato il tuo tempo, e ti invito ad aggiungere due parole in totale libertà nelle righe successive che sono esclusivamente per te, senza alcuna limitazione!
Vi ringrazio per il tempo dedicatomi. È stato un estremo piacere rispondere a queste interessantissime domande, che ritengo fondamentali per comprendere chiaramente il significato più intimo del mio lavoro. Ringrazio tutti i lettori. Un abbraccio!