Ciao Andrea Rock, benvenuto su Music.it! Qui abbiamo un modo tutto nostro di sciogliere il ghiaccio. Invece di fare domande generiche andiamo sul “personale”. Raccontaci una storia targata Andrea Rock che consideri il degno capitolo di una saga epica!
Mi piace! Però, vi avverto: Andrea Rock è un nerd, e alle “saghe” ci tiene parecchio. Non credo di aver vissuto nulla di così epico da essere paragonato ai film di George Lucas o alle vicende dei personaggi di Stan Lee. Ho sempre scelto, però, di andare controcorrente rispetto al flusso delle cose così come tutti le conoscono. Non ho mai seguito i dogmi delle diverse scene, né tantomeno gli atteggiamenti da music biz. Ho scelto la trasparenza e l’umiltà e questo mi ha consentito di vivere meglio ogni momento della mia vita artistica e professionale.
Quali sono gli artisti insospettabili che non mancherebbero mai nella rotazione musicale che accompagna la sacrosanta igiene intima?
Enya, Sly and the Family Stone, le sigle dei cartoni animati rilette dai Trick or Treat.
Ormai sei al terzo album da solista. In cosa ti senti cambiato? C’è stata un’evoluzione nel rapporto con il pubblico?
Non credo di essere cambiato dai tempi del mio primo concerto al Rainbow di Milano nel 1999. Ho ancora l’entusiasmo di un ragazzino. Devo solo stare più attento nel pit perché gli “anta” si avvicinano sempre di più! Non c’è divisione tra me e il pubblico: siamo parte della stessa famiglia, anche se solo per una sera.
Mi viene da pensare che, effettivamente, non c’è niente di più punk del folk, in quanto a “sub-cultura”. Quando, perché e come Andrea Rock ha deciso di sposare questo abito sonoro?
Brava! Il folk è il “punk prima del punk”: contenuti sociali, voglia di ribellarsi, sete di giustizia, strutture musicali semplici e spesso facilmente riproducibili. Poco dopo aver conosciuto i The Clash di Joe Strummer, scoprii i Pogues. Loro furono il primo gruppo irish folk che ascoltai. Inoltre una delle mie band preferite è i Social Distortion, ovvero, coloro che hanno innalzato il concetto di songwriting autorale di matrice Springsteeniana nella scena punk californiana.
“Folk Punk Anthem”, è una traccia che si struttura sonoramente lungo l’arco del minutaggio. C’è qualcosa che è accaduto dal demo all’incisione che merita di essere narrato?
Abbiamo cercato di ricreare in studio quello che facciamo dal vivo. “Folk Punk Anthem” è un brano che si sviluppa come una session, all’interno della quale gli strumenti entrano uno alla volta. È il singolo perfetto per presentare quello che è il nostro approccio live.
Come è nata la collaborazione con i The Rebel Poets? In qualche modo il confronto con l’Altro è sempre motivo di crescita…
Rebel Poets è il nome scelto da me e dallo staff di IndieBox per far comprendere a tutti che mi esibisco live con una band e non da solista chitarra/voce. Sono i ragazzi ormai con me da tempo e con i quali porto in giro le mie canzoni, fin dai tempi del primo disco (“Hibernophile” del 2015, per Rude Records). Con loro mi confronto dal punto di vista degli arrangiamenti e delle strutture. C’è grande compattezza e ognuno fornisce un contributo importante al progetto.
Fortunatamente sono tante le realtà del panorama emergente che meritano di stare a galla senza affondare. Quali realtà underground osservi con interesse?
Seguo principalmente la scena punk cantautorale, ma anche la scena hardcore italiana ed estera. Esistono validi gruppi in Italia e talentuosissimi songwriters dal respiro internazionale. Purtroppo, molti di loro, devono trovare fortuna fuori dai confini italiani e fuori dai meccanismi del mercato discografico del Paese.
Cosa dobbiamo aspettarci dopo l’uscita di “Folk Punk Anthem”, uscito così a ridosso di “This is home”?
“This Is Home” era uno split-album con l’amico cantautore americano Nicholas Johnson. Come dice il termine split è “metà”, quindi è stato più breve il lavoro di composizione. Nei primi mesi del 2020 farò uscire un nuovo album solista e con il quinto disco della mia band punk rock, Andead.
Andrea Rock, siamo al momento dei saluti. Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato. Le ultime righe sono per te e per i nostri lettori. Sta a te scegliere la chiusura. Ciao!
Grazie a voi per lo spazio concessomi! Saluto i vostri lettori e li invito alle prossime date, per scambiare quattro chiacchere e ascoltare le loro storie, piuttosto che le mie. È dal confronto e dalla condivisione che nascono le canzoni migliori!