Coma Berenices è una costellazione che si riesce a vedere nel cielo solo in alcune notti della tarda primavera, quando il cielo è caldo e l’inquinamento atmosferico è meno aggressivo. Sembra che si parli delle notti di questo 2020 che è entrato nelle nostre vite poco aggraziato e senza degnarsi di chiedere permesso. Ha permesso alla Natura di respirare mentre noi siamo chiusi in casa, come un “Grande Fratello” senza telecamere non abbiamo altra scelta se non riflettere su noi stessi. È nello stesso frangente che Coma Berenices è anche il duo composto da Antonella Bianco e Daniela Capalbo che pubblicano il loro secondo EP.
“Archetype” è un EP di sei tracce completamente strumentali che volenti o nolenti sembrano la colonna sonora delle nostre giornate. Tremendamente nostalgiche e consolatorie allo stesso tempo, ci ricordano che le pareti che ci costringono sono comunque quelle familiari e sicure. Non parliamo solo di mura fisiche, di mattoni e cemento. Sono anche quelle della nostra coscienza, la stessa che abbiamo fatto tacere per tanto tempo, così presi dalla vita e dal tempo che scorre. “Archetype” sfonda barriere e scardina porte attraverso un ritmo che respira allo stesso tempo dei nostri pensieri.
“Archetype” delle Coma Berenices è un EP di sei tracce completamente strumentali che volenti o nolenti sembrano la colonna sonora delle nostre giornate
Le Coma Berenices si mettono a nudo in un momento discografico in cui gli orpelli sono in realtà l’unica cosa che viene richiesta per arrivare in cima alle classifiche. Testi abbondanti e poca musica. Le due artiste campane, prima con l’EP di esordio “Delight”, e ora con “Archetype”, si spogliano invece di ogni superficialità e tornano a un primordiale linguaggio che ha nella sola musica tutte le sue potenzialità. Eppure “Archetype” non è mai anacronistico e si inserisce perfettamente nella contemporaneità. È godibile anche a un primo livello di ascolto, più distratto e superficiale, ma sprigiona tutto il suo peso quando viene ascoltato di petto.
Così la prima traccia “Arché” arriva decisa tra chitarra e batteria e sembra protrarsi lungo tutto l’album. Il sound sembra prendere vita dai Settanta, ma il senso onirico rinuncia al tono psichedelico seguendo semmai un certo gusto di flusso di coscienza. È una vera e propria danza che procede aumentando non i toni ma le intensità. È in questo tipo di trasporto che fanno capolino le due parti di “Keep Your Feet On The Stars” per poi tornare a terra, un po’ malinconici con “Silent Days”. Arriva “Riyad” a consolarci come una ninna nanna, come una mamma che ci toglie gli incubi dagli occhi e con estrema tenerezza ci sussurra il domani.
Le Coma Berenices si mettono a nudo in un momento discografico in cui gli orpelli sono in realtà l’unica cosa che viene richiesta
Le Coma Berenices si svelano in questo EP con la naturalezza che avevamo già conosciuto nel 2016 con la pubblicazione del primo lavoro. Sono immediate e non è scontato, oggi, saper parlare senza parole.“Archetype” delle Coma Berenices si divide tra sonorità acustiche e slanci elettronici restando perfettamente in equilibrio. Sono sound che profumano di femminilità e si muovono con la stessa destrezza di una giovane donna sensuale e decisa allo stesso tempo. Ci vuole cioè una certa capacità per entrare così in profondità nella coscienza di chi ascolta. Occorre delicatezza e una buona dose di furbizia.