Eddie Vedder, storico frontman dei Pearl Jam, ha rilasciato una lunga intervista rilasciata a Howard Stern su SiriusXm. Tra i vari argomenti trattati, spicca il ricordo di Chris Cornell, voce dei Soundgarden che ci ha lasciato nel 2017.
L’intervista di Eddie Vedder a SiuriusXm
Ricordando Chris Cornell, Eddie Vedder ha voluto ricordare un altro Chris, suo fratello scomparso l’anno prima.
«Sono cresciuto con tre fratelli, e circa un anno prima di quello che è successo a Chris, abbiamo ricevuto una telefonata verso le quattro del mattino. Il nostro terzo fratello, il più giovane, aveva trascorso molto tempo in Africa facendo un lavoro in campo ambientale. Aveva fatto qualcosa di un po’ rischioso, un incidente in arrampicata, e non era più con noi. Quella cosa ha sconvolto me, i miei fratelli, mia madre, seriamente non sapevo in che modo ne sarei uscito. Non riuscivo ad affrontare la realtà»
E alla domanda di Howard Stern se in quel periodo avesse mai pensato al suicidio, Eddie Vedder ha risposto:
«No. No. Quella cosa mi ha allontanato da quel pensiero. Quella parte mi turba. Potrebbe persino farmi arrabbiare. Stavo male, amavo quel ragazzo, ma il suicidio è un atto violento che ferisce molte persone. E questo mi sembra ingiusto»
Chris Cornell, la tragica scomparsa di un amico
Ricordando poi l’amico Chris Cornell, il frontman dei Pearl Jam ha detto:
«Quando è successo a Chris ho dovuto negare qualcosa. Non credo di avere avuto scelta. Credo che fossi come terrorizzato sul dove sarei potuto finire se avessi permesso a me stesso di sentire quello che avevo bisogno di sentire o quello che volevo istintivamente provare. Non l’ho visto molto spesso negli ultimi dieci anni, probabilmente solo quattro, cinque volte, di solito a un concerto o a cose di quel genere»
Il fatto di non avere ancora accettato e affrontato il dolore per la scomparsa di Chris Cornell è un argomento che turba molto Eddie Vedder. La sua assenza da “I’am The Highway”, il tributo all’amico scomparso, ne è la prova tangibile
«Diventerò più forte col passare del tempo. Ma eravamo vicini e non solo perché tutti e due suonavamo. Eravamo vicini di casa. Uscivo con lui al di fuori della band anche di più che con i ragazzi della band, non conoscevo molte persone a Seattle, insieme abbiamo fatto delle gite folli e avventurose, andavamo in mountain bike, inseguivamo il cane sotto la pioggia bevendo della birra di merda. E’ stato bello perché non aveva niente a che fare con lo stare insieme ad altre persone della musica o il fare una vita come a Los Angeles. Era una rock star autentica e questo era quello che faceva, inseguiva un cane sotto la pioggia con un suo amico e una confezione da 12 di Schmidt»