Fabio Mancini, ti do il benvenuto su Music.it. Inizio subito con la prima domanda, caposaldo delle nostre interviste. Raccontami un aneddoto divertente legato alle tue esperienze musicali.
Non potrò mai dimenticare quando in una serata con il mio chitarrista avevamo preparato una scaletta poco prima del concerto pensando fosse più che sufficiente. Arrivati all’ultimo brano invece, ad ora avanzata, sia il pubblico che il proprietario del locale ci chiesero di andare avanti. Inventammo così il freestyle blues! Invitammo tutto il pubblico a suggerire delle parole per comporre degli argomenti e improvvisare una canzone. È stato divertentissimo, lo rifarei altre mille volte!
So che ti sei avvicinato alla musica già da giovanissimo. Ricordi come è andata?
Sì, assolutamente. Da piccolissimo, a 6 anni forse, ricordo che giocavo con dei soldatini quando, a un tratto, in radio passò “Per colpa di chi” di Zucchero. Iniziai a scatenarmi e cantare per tutta casa. Da quel momento in poi non smisi più.
Invece quale è stato il momento esatto in cui hai capito che il blues e generi affini sarebbero stati la strada da percorrere?
Ecco il blues, quello italiano, lo trovai già da piccolo con quel famoso brano di Zucchero iniziando ad ascoltarlo costantemente. Poi un po’ più in là riuscii ad approfondirlo, ascoltando un blues molto più rurale, del Mississipi, innamorandomi della cultura e di quelle voci calde, a volte non perfettamente intonate, ma piene di anima viva. Mi dava emozione, pelle d’oca, non potevo non intraprendere questa via.
A tal proposito, non ci capitano spesso dei blues man. Quali sono stati gli artisti che hanno influenzato maggiormente Fabio Mancini nelle scelte compositive e negli ascolti?
Beh, sicuramente il più grande di tutti è sempre stato Robert Johnson. Nella composizione dei miei brani cerco sempre qualcosa di originale, ma prendo spunto molto da suoni gospel stile Ray Charles. Ascolto diversi artisti blues e affini, partendo da quelli già citati a B.B. King, Albert King, Stevie Ray Vaughan, T-Bone Walker, Mighty Sam McClain, Stevie Wonder, James Brown, per finire con i nostri Pino Daniele e Roberto Ciotti. Sicuramente ne ho dimenticato qualcuno, ma sono davvero tanti.
Hai suonato molto a Roma, collaborando anche con noti artisti, prima di trasferirti in Australia. Quali sono le differenze che hai notato tra il nostro ambiente musicale e quello australiano?
C’è una netta differenza. Quello che ho trovato in Australia è un popolo alla ricerca sempre di qualcosa di nuovo, basato su un sistema anglosassone. Molta gente esce ogni sera per andare nei pub locali, che quasi sempre offrono musica dal vivo. La pecca è che è molto difficile trovare band o artisti che propongono brani originali, mentre noi abbiamo preso più questa piega no? Ovvero l’indipendente e il cantautorato. Il mix perfetto sarebbe: artisti Italiani con un pubblico australiano, che è sempre alla ricerca di nuova musica da ascoltare. Mentre la maggior parte degli Italiani aspetta che il nuovo venga introdotto nelle case attraverso i vari talent show o programmi simili.
Prendo la palla al balzo per affrontare un tema molto sensibile al momento: posso chiederti di confermare ai nostri lettori che l’Australia esiste?
(Ride). Sì ragazzi, posso confermarlo e mi dispiace deludere molte persone. Non prendetemi per cattivo, ma l’Australia esiste!!
Sei un artista molto giovane e la scelta di seguire questo genere ti fa onore. Cosa pensi invece della musica contemporanea e degli artisti che vanno per la maggiore, come i trapper?
La musica contemporanea è interessante, a volte si può prendere qualche spunto o qualche sonorità. Per quanto riguarda la trap, è un genere musicale che conosco da molto avendo sempre seguito il panorama musicale americano. Qui in Italia ha preso una certa piega, secondo me non troppo musicale, nel senso che gli ascoltatori tendono di più a seguire il personaggio che ad apprezzare le qualità di un beat o di ciò che trasmette. Personalmente sono un tipo all’antica, preferisco un assolo blues e un buon vino che avere la Fendi piena di cash.
“From Another City” è l’album che hai pubblicato ormai quasi due anni fa. Ci sono nuovi lavori all’orizzonte per Fabio Mancini, come la possibilità nell’immediato futuro di una nuova pubblicazione?
Certamente! Sono tornato definitivamente dall’Australia a maggio, e ho subito iniziato un nuovo progetto. Ne sono molto contento ed entusiasta perché stiamo lavorando davvero bene. La direzione artistica è affidata a Leonardo Angelucci e i ragazzi del Free Club Factory. Non vedo l’ora di farvi ascoltare tutto il progetto per l’inizio dell’estate!
È stato un piacere scambiare qualche parola con te. Saluta i nostri lettori come meglio credi, hai carta bianca!
Il piacere è tutto mio, vi ringrazio per l’ospitalità e per le belle domande! Saluto tutti i lettori di Music.it e vi invito a seguirmi su tutti i maggiori social per novità che non vi deluderanno! Ciao!