Ciao Fernando Alba, benvenuto su Music.it! Iniziamo con la nostra domanda di rito: ricordi un aneddoto imbarazzante di cui sei stato protagonista, magari avvenuto durante un tuo live?
Ti racconto il momento più imbarazzante della mia carriera artistica avvenuto moltissimi anni fa durante un mio live in Puglia. Avevo una band di supporto e non quella ufficiale, avevamo purtroppo fatto una sola prova di due ore e siamo subito partiti per la Puglia perché il concerto era la sera stessa. Durante il Live abbiamo suonato diversi brani, più o meno tutti sono andati alla grande, ma sull’esecuzione di un brano in particolare ci siamo fermati a metà e per ben 2 volte nello stesso punto! Non riuscivamo a chiudere un passaggio molto delicato e difficile, purtroppo lo avevamo provato mezza volta e c’era riuscito probabilmente per fortuna.
Cosa ne hai tratto da questa esperienza?
Da allora ho capito che non potevo fare i concerti con una band di supporto con una sola prova di 2 ore. Purtroppo le mie canzoni non sono semplici e per me e per i miei musicisti la figuraccia è stata enorme. Fortunatamente era una situazione diciamo tranquilla ed il pubblico ha applaudito il nostro errore e ci siamo fatti una risata, anziché lanciarci la verdura.
Come prendono forma le tue idee? C’è un iter che segui nella stesura di un brano? Ad esempio, arriva prima il testo o la tessitura musicale?
Lo dice Vasco Rossi e con piacere lo ripeto anch’io: «Le mie canzoni nascono da sole e vengon fuori già con le parole». Raramente scrivo prima una cosa e poi l’altra! L’ho fatto in passato, forse come esperimento, ma preferisco scrivere le mie canzoni lavorando su entrambi gli aspetti contemporaneamente. Inoltre se nei primi 10 minuti non sono riuscito a fare gran che allora straccio il foglio e vado a dormire. Perché le mie canzoni le scrivo quasi sempre di notte.
A cosa, secondo te, un autore non dovrebbe mai rinunciare e quali sono gli ingredienti fondamentali per scrivere un brano di successo?
Un autore non dovrebbe rinunciare a molte cose! Ad esempio: alla verità, alla rima, alla poetica, all’originalità ecc. Un paroliere invece può rinunciare a quasi tutto, tanto l’obbiettivo è lo “slogan” nel ritornello. Non c’è una ricetta per scrivere un successo. Perché, per come la vedo io, un successo viene decretato dal pubblico e non da chi la scrive. Inoltre un successo, sempre secondo il mio parere, non è una canzone che dura una stagione, ma un brano che resta negli annuari musicali e nella vita delle persone.
Sono d’accordo con te!
Oggi, anche se di questi potenziali successi ce ne sarebbero tanti, scritti sia dai grandi che dai piccini, purtroppo è difficile individuarli, perché quel che manca è proprio lo spazio nelle nostre vite, nel nostro tempo e soprattutto nelle radio. In quest’epoca un artista come Lucio Battisti non so se avrebbe avuto la possibilità di emergere. Purtroppo non dedichiamo più la giusta attenzione alla musica come si faceva un tempo, per cui un “successo” per come lo intendo io non credo che sia così facile scriverlo e farlo, ma auguro a tutti i colleghi di riuscirci.
Il tuo ultimo singolo uscito, dal titolo “Abbiamo contagiato il mondo”, oltre ad essere influenzato da sonorità differenti, ha visto la partecipazione di molti musicisti. Come nasce questa volontà e secondo quali criterio sono stati scelti?
Il mio ultimo singolo nasce dall’esigenza di raccontare una storia che abbraccia il momento storico in cui stiamo vivendo. Mi soffermo sull’amore che viene a mancare fra le persone e la solidarietà tra esse, sulle difficoltà che ognuno di noi, anche se in maniera differente, sta attraversando. Non sono stato influenzato da sonorità differenti da quelle che ho proposto in questi anni. In questo brano mi sono allargato un po’ al blues ed ho aggiunto un coro gospel, perché il ritornello aveva bisogno di essere cantato in maniera corale. Inoltre, ci avviciniamo al Natale e certe sonorità aiutano a far arrivare dritto al cuore certi messaggi d’amore, di pace, di riflessione.
E cosa puoi dirci dei musicisti e le cantanti?
I musicisti e le cantanti che hanno partecipato, oltre ad essere grandi talenti, sono amici da sempre ed avevo piacere di fare una canzone tra amici, perché oggi più che mai, sento l’esigenza di avere nelle mie giornate la presenza di persone a me care che stimo ed apprezzo. Questa canzone vuole far sapere al mondo che non siamo gli unici a sentirci soli e abbandonati, ma che siamo, forse per la prima volta dopo tanti anni, tutti sulla stessa barca e che dobbiamo rimanere uniti e farci forza l’un l’altro anche senza toccarci fisicamente.
Oltre ad essere cantautore e compositore, sei anche produttore. Quanto conta, secondo il tuo parere, il lavoro di produzione ai fini di un’ottima riuscita di un progetto? Quanto reputi importante la sintonia produttore-artista?
Innanzitutto credo che bisogna distinguere due figure di “produttore” che esistono nel settore musicale e che oggi si tende a convogliare. Il produttore artistico è colui che lavora al fianco di un artista cercando di far venir fuori il meglio delle sue capacità creative e comunicative. Il produttore, detto anche producer, è colui che si occupa di creare il vestito musicale più adatto alla canzone scritta dall’artista e che un tempo esso veniva indicato come arrangiatore. Io nella vita faccio entrambe le cose, sia il produttore artistico che il producer. Il mio parere in entrambi i casi, ai fini dell’ottima riuscita del progetto, in realtà conta, ma non penso possa cambiare il destino di una canzone o di un artista, se quest’ultimo ha di per sé un suo universo musicale ben definito e se sa già cosa vuole ottenere da una sua canzone o da sé stesso.
Spiegaci meglio…
La figura del produttore può aiutare a raggiungere l’obbiettivo, a migliorare ciò che di buono esiste già nel suo bagaglio, forse in alcuni casi può fare la differenza, ma non è detto. Ovviamente se la direzione artistica proposta ed intrapresa non è corretta per l’artista in questione può sicuramente rallentare il percorso che ogni artista compie nella sua carriera. Io seguo diversi progetti, sia come producer che come produttore artistico, ma fino ad oggi penso di aver dato il mio supporto senza togliere nulla all’artista, ma contribuendo alla crescita e al raggiungimento dei suoi obbiettivi. È fondamentale il rapporto che si instaura con i propri artisti, sin dall’inizio!
Reputi di avere un buon rapporto con i tuoi artisti?
Io ho fortunatamente ottime sinergie con tutti, cerco di fondare la collaborazione su un rapporto di fiducia reciproca, di non imporre il mio punto di vista, ma offrire la possibilità di valutare differenti prospettive di lavoro, mi metto a disposizione affinché si arrivi al miglior risultato sperato, senza cambiare le radici della natura creativa di ognuno di loro, ma lavoro per farle emergere e concretizzarle nel migliore dei modi.
“Abbiamo contagiato il mondo” è il secondo singolo estratto dal tuo terzo album prossimo all’uscita. Cosa puoi anticiparci? Sarà un concept album?
Questo mio terzo album in lavorazione è anche la terza parte di un mio percorso di vita, di riflessione artistica e professionale. Sono al secondo singolo estratto da esso e credo che prima della pubblicazione dell’intero album ne farò uscire un terzo. Sarà la conclusione di un discorso che ho aperto con il primo singolo della mia carriera ovvero “La bicicletta” e sarà anche il primo “punto e a capo” che porrò nella mia carriera cantautorale.
Credi che il terzo album sia quello più importante per un artista?
Il terzo album è quello più importante nella vita di ogni artista perché si definiscono i caratteri poetici, stilistici e se vogliamo anche quelli commerciali. Credo di essere abbastanza maturo per poter chiudere questa trilogia senza nessuna tipologia di rimpianto o rimorso. Sono felice dei risultati ottenuti fino ad oggi, anche grazie alle tante persone che hanno creduto in me, aiutandomi canzone dopo canzone, album dopo album, a crescere, a sorridere e a vivere di musica. Spero che questo terzo album non sia l’ultimo in carriera, ma semplicemente la terza stagione di una storia a lieto fine.
C’è un rito in particolare che sei solito seguire prima di salire sul palco?
Nessun rito, ogni concerto ha le sue dinamiche ed i suoi “prima e dopo”. L’unica cosa che faccio prima di salire sul palco è respirare profondamente due o tre volte perché spesso l’emozione prende il sopravvento.
Fernando Alba, siamo arrivati ai saluti, ma il finale spetta a te. Saluta i nostri lettori con una citazione a te cara! Ti ringrazio per essere stato con noi e a presto!!!
Non avere fretta, ma fede.