Gionata Prinzo, giovane chitarrista italiano presenta il suo nuovo ep "Industrial Fingerstyle".
Gionata Prinzo, giovane chitarrista italiano presenta il suo nuovo ep "Industrial Fingerstyle".

GIONATA PRINZO: “La chitarra è un universo da scoprire, e intendo farlo!”

Bentornati lettori di Music.it, oggi siamo in compagnia di Gionata Prinzo per parlare del suo ultimo EP intitolato “Industrial Fingerstyle”, che ne dici di iniziare raccontandoci qualcosa di particolare che ti è successo durante la tua carriera di Chitarrista?

Ah sicuramente di episodi strani ne sono successi molti! Ma uno in particolare mi è rimasto impresso. Un presentatore di un evento, per presentarmi, mi ha voluto fare una mini intervista e mi chiese: «Come mai Gionata Prinzo? Perché hai scelto questo nome?». «Beh… perché è il mio vero nome!». Era convinto fosse un nome d’arte! Ci rimase male…

Quali sono state le tappe fondamentali del tuo percorso artistico?

La musica è sempre stata un elemento fondamentale, una cosa che avevo dentro, fin da bambino. Inizialmente, durante l’adolescenza, scrivevo canzoni, iniziò la “prima fase” in cui facevo il cantautore. Fase che è durata un bel po’, ma mi ha portato a una sorta di crisi di identità che mi ha fatto capire che non era il cammino giusto per me. Non avevo sufficiente talento nei testi, e cantare su un palco non faceva per me. Nel frattempo comunque mi appassionai al fingerstyle, provai a comporre dei brani, e vedevo che mi sentivo molto più a mio agio. Sentivo che era la mia vocazione. Passai così alla “seconda fase”, quella dove sono esclusivamente un chitarrista fingerstyle. E la cosa, con non poca fatica, mi ha portato a fare qualche serata tra Pisa e Livorno, a provare qualche concorso, e alla produzione dell’EP. Ed eccomi qua.

Riesci ad immaginare una vita senza le sei corde? Cosa significa per te lo strumento?

La chitarra è senza dubbio la mia passione principale, la mia ragione d’essere. Ormai fa parte del mio subconscio, del mio istinto profondo. Mi viene naturale pensare a delle musiche, e avere il “bisogno”, la curiosità di andare a vedere come viene sullo strumento. Sono continuamente spinto ad apprendere e a imparare nuovi aspetti della chitarra. È un vero e proprio universo da scoprire, e intendo farlo!

Quali sono stati gli artisti che più di tutti ti hanno spinto ad immergerti nel mondo della chitarra?

Il primissimo che ho conosciuto è stato Tommy Emmanuel. È stata un’illuminazione. È formidabile! Un vero virtuoso sia nella tecnica che nella composizione. Quando si riesce a trasmettere questa impressione “orchestrale”, è la prova che si sta facendo del buon fingerstyle come si deve. Dopo di lui ovviamente ho indagato e ho scoperto altri grandissimi artisti. Penso a Michael Hedges, che è a tutti gli effetti il capostipite delle tecniche moderne. Penso a Eric Roche, che con la sua musica fresca ed energica ha consolidato il genere. E infine c’è il filone Candyrat Records che ha dato alla luce molti grandissimi esponenti, due su tutti: Don Ross e Andy McKee. Infine vorrei citare la scuola italiana, Franco Morone e Peppino D’Agostino. Vi consiglio di cercare su Spotify la playlist “Italian Fingerstyle” dedicata al fingerstyle italiano, rimarrete sicuramente colpiti.

Parliamo ora un po’ del tuo ultimo EP “Industrial Fingerstyle” uscito nel 2019; come hai scelto il titolo? Che tipo di lavoro è stato svolto in studio?

Il titolo l’ho scelto per vari motivi. Intanto perché ho avuto esperienze lavorative industriali, che quindi immagino mi abbiano influenzato. Inoltre perché nutro un certo fascino per i contesti distopici e degradati. Col fotografo abbiamo quindi scelto dei luoghi adatti al genere. Di fronte alla foto scelta per fare da copertina (tra l’altro, scelta dai fan con un sondaggio!) ho pensato che il titolo non potesse che essere “Industrial Fingerstyle”. In studio abbiamo dato molta importanza al posizionamento dei microfoni. Dopo qualche esperimento abbiamo posizionato due microfoni uno vicino la cassa e uno vicino al manico. Abbiamo lavorato senza metronomo, per fare sì che i brani fluissero senza intoppi. Fortunatamente mi ero preparato bene e la registrazione di tutta l’opera ha richiesto una giornata soltanto. Addirittura “Profondo Blu” l’ho suonata una sola volta, buona la prima.

Come è nato il progetto che sta dietro la pubblicazione “Industrial Fingerstyle”?

L’EP è stato prodotto come vincita a un concorso, nello specifico il “Johnny Paranza Fry’n’Roll”, concorso livornese per band. Io, nonostante non sono una band, ho provato a partecipare ugualmente, come solista e con i brani fingerstyle, e incredibilmente ho vinto. Non me l’aspettavo proprio! Di sicuro avrei trovato il modo di pubblicare qualcosa lo stesso anche se non avessi vinto. Morivo dalla voglia di far sentire i miei brani.

Scorrendo tra i titoli dei tuoi brani mi viene da pensare che ogni pezzo sia ispirato ad un luogo, ad un ricordo o più semplicemente ad una idea, è così? Come si può trasmettere un concetto senza l’utilizzo delle parole?

Di sicuro la mancanza di parole ci penalizza a confronto della musica cantata. Però io la vedo più come un vantaggio. Sono libero! Non ho una metrica da seguire, e nemmeno uno schema strofa-ritornello. Posso trasmettere quello che sento nel modo più adatto, seguendo le note giuste, l’armonia giusta e la struttura giusta. Per quanto riguarda la prima domanda, certo, a volte è proprio così. Per esempio l’idea della musica di “A Night in Montreal” mi venne proprio mentre ero fuori con amici, di notte, a Montreal. “Non Partire” invece nasce dalla sofferenza perché la mia ragazza stava andando via. Altre volte succede il processo contrario. Di conseguenza giungo all’idea a seguito della musica. È questo il caso de “La Danza Infernale”. Mentre la scrivevo mi immaginavo le fiamme, i diavoli, i forconi, e Richard Benson che mi diceva “Questa è una Danza Infernaleeee!”. Per questo l’ho chiamata così.

Cosa significa essere un chitarrista nel 2020? È realmente possibile dire ancora qualcosa di nuovo con questo strumento?

Inizio dicendo una cosa che ci dicevano spesso al conservatorio. Va bene l’amore per lo strumento, ma, lo dice la parola stessa, è uno strumento, cioè un mezzo, col quale si fa musica. L’obiettivo deve essere la musica! La quale, fortunatamente, non dovrebbe avere limiti di composizione. Si spera (certo… a sentire le canzoni di Sanremo tutte uguali un po’ di dubbio sull’infinità della musica mi viene… ma fortunatamente noi facciamo altro). Inoltre la chitarra fingerstyle percussive-tapping moderna ha una storia relativamente recente. È nata con Michael Hedges negli anni 80, quindi più o meno siamo a 40 anni di storia, che rispetto ad altri generi non sono nulla. C’è ancora molto da esplorare e da apprendere sulle accordature aperte, sulle tecniche tapping/percussive. Sono convinto che ci sono ancora molte combinazioni da scoprire e ci saranno un sacco di sorprese interessanti.

Quali consigli potresti dare ai giovani musicisti che ci seguono?

Io ho fatto una scelta chiaramente anticommerciale, diciamocelo. La difficoltà perenne nel trovare date lo dimostrano. (Tra parentesi, cari organizzatori, date una chance ai generi più diversi!). Questa scelta dicevo è stata anticommerciale. Ma era d’altronde la scelta con la quale mi sentivo più a mio agio, e che meglio rispecchia la mia vocazione. Quindi il primo consiglio che mi sento di dare è semplicemente quello di essere sé stessi, e di scegliere la direzione artistica che più si adatta a voi stessi. In caso contrario, il pubblico si accorgerà che non siete sinceri e che volete solo il successo.

Ringrazio Gionata Prinzo per il tempo dedicatoci, ricordo inoltre che il suo EP “Industrial Fingerstyle” è presente su Spotify. Allora Gionata le ultime righe le lascio a te, fai un bel saluto a tutti i lettori di Music.it e via col solo!

Oh Yeah! Grazie mille a Music.it per lo spazio e per le domande particolarmente interessanti! Colgo l’occasione per salutare Roots Rebels Record con cui ho registrato, e Samuele Borsò e il suo BorsHomeStudio che ha diretto e girato i due video estratti. Spero di avervi incuriosito! Date tutti un’occhiata alle mie pagine social e YouTube per saperne di più! Che quest’incubo coronavirus finisca al più presto. Nel frattempo non ci dimentichiamo di rispettare le regole e di stare a casa! Teniamo duro e rockeggiamo da casa! Grazie a tutti e a presto!

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