Il finale di “Split” si chiudeva inaspettatamente con l’entrata in scena di un vecchio personaggio della filmografia di M. Night Shyamalan. Abbandonato l’arco narrativo del protagonista Kevin Crumb, infatti, la macchina da presa svela allo spettatore un pensieroso Bruce Willis che, seduto in un bar di Filadelfia, osserva il telegiornale. L’attore interpreta ovviamente David Dunn, protagonista a sua volta di “Unbreakable – Il predestinato” (2000). Con questa mossa, il regista indiano getta con scioltezza un ponte tra due suoi titoli lontanissimi sia dal punto di vista temporale che da quello tematico. “Glass”, uscito giovedì nelle sale, è il frutto di questa strampalata convergenza. In questo caso, il plot twist alla “Il Sesto Senso” straborda addirittura oltre i confini dell’opera, andando a ricontestualizzare la storia di personaggi appartenenti ad un altro universo diegetico. Il film, dunque, fin dalle sue primissime fasi produttive, è un progetto perfettamente in linea con lo spirito imprevedibile di M. Night Shyamalan.
In “Glass” convivono all’interno della stessa storia Bruce Willis, Samuel Jackson (Elijah Price) e James McAvoy (Kevin Crumb).
Ricapitolando, in “Glass” convivono all’interno della stessa storia Bruce Willis, Samuel Jackson (Elijah Price) e James McAvoy (Kevin Crumb). Quest’ultimo, in preda ai propri deliri dissociativi, continua a rapire giovani donne per poi sottoporle al giudizio della sua personalità più distruttiva, soprannominata la Bestia. Egli è intenzionato ad annientare tutti gli impuri, ovvero coloro che non hanno mai sperimentato la vera sofferenza. Contro questi crimini efferati interverrà proprio David Dunn, l’unico a poter fronteggiare la forza sovrumana della creatura. I primi minuti del film sono dedicati allo scontro tra i due, in cui M. Night Shyamalan condensa in maniera efficace diversi stili di combattimento per definire visivamente le personalità dei personaggi. David, coperto da un poncho nero, si difende con i piedi ben piantati a terra e sferra colpi precisi e pesanti. Kevin, invece, pompa le vene bluastre che gli attraversano il corpo e si affida ad acrobazie mostruose d’ispirazione horror.
Le scene action e thriller sono dunque i momenti più ispirati, che permettono di lavorare sulla rappresentazione della violenza e della tensione. Due elementi che hanno contribuito alla buona resa dei primi termini della trilogia: “Unbreakable – Il predestinato” e “Split”. “Unbreakable”, in particolare, racconta il conflitto tra eroe e antagonista con dei tempi narrativi estremamente dilatati, descrivendo la violenza in maniera lenta e coincisa. Tutto il contrario dello standard diffuso dalla Marvel, caratterizzato da scontri dinamici, acrobatici e quasi mai mortali. Anche lo stesso Bruce Willis adotta una recitazione catatonica semi-muta, che contribuisce a costruire un terreno estraniante sorprendentemente adatto a ospitare la genesi di un supereroe. La sfida per M. Night Shyamalan, dunque, era quella di fondere l’estetica impattante di “Unbreakable” alle atmosfere thriller di “Split”. Peccato che questo proposito ceda presto il passo ad una autoriflessione già masticata sui film di genere supereroistico.
La sfida per M. Night Shyamalan, dunque, era quella di fondere l’estetica impattante di “Unbreakable” alle atmosfere thriller di “Split”.
Dopo il breve combattimento iniziale, infatti, Kevin Crumb e David Dunn vengono catturati e internati in un ospedale psichiatrico, in cui è già imprigionato Elijah Price alias Mr. Glass. Qui i tre verranno seguiti da una psicologa specializzata in manie di grandezza, che tenterà di decostruire le convinzioni dei tre protagonisti, riducendole a semplici autosuggestioni. Per lei ogni individuo superdotato si crede tale a causa di traumi infantili irrisolti o malformazioni della corteccia cerebrale. A sorpresa queste ipotesi psicologiche improbabili bastano a mandare in tilt David e Kevin, perché evidentemente spaccare muri con un pugno o piegare sbarre di metallo non sono prove sufficienti di poteri straordinari. Questo debole trampolino narrativo serve al regista per mandare avanti la storia e preparare la definitiva consacrazione di supereroi e supercattivi a partire da un crisi identitaria.
Per Mr. Glass i fumetti sono dei documenti storici che riportano in forme commerciali antichi ricordi di esseri sovrumani. Il suo obiettivo principale è quello di trovare questi super uomini e presentarli al mondo. In parole povere la stessa trama di “Unbreakable”, solo più in grande. Se infatti il primo film della trilogia abbracciava un tono intimista, “Glass” punta agli intrighi internazionali e ai messaggi di massa. Inseguendo questa ambizione M. Night Shyamalan dimentica di fornire un percorso coerente ai suoi protagonisti, che cominciano a interagire poco l’uno con l’altro, allentando la curiosità reciproca che li animava in principio. Anche l’azione si vede di rado e la dottoressa specializzata ruba sempre più minuti al racconto, chiacchierando grossolanamente di fumetti e psicologia spiccia. “Glass” era una scommessa interessante ma anche problematica e il regista non è riuscito ad architettare una narrazione corale convincente. Il Sorvegliante (David Dunn), Mr. Glass e la Bestia rimangono degli ottimi personaggi a cui è mancato un capitolo finale degno delle loro qualità.