Assolutamente un grande album d’esordio per i bresciani Hunternaut, che con “Inhale” si presentano al pubblico a colpi di post grunge, con decise divagazioni progressive. Dopo un primo EP del 2017, “Homemade”, il nuovo disco parte subito duro, per mettere le cose in chiaro, con “Oxidize”, ingannevolmente docile in partenza. Come in quasi tutte le tracce, che al loro interno strapazzano e coccolano, alternando parti ruvide come la carta vetrata ad altre dolci e melodiche. “Backbone” è una di queste, più ballad che power, con una gran sezione di chitarra ed una batteria che ne scandisce la forza a dovere. La delicata “Soap Bubbles” anticipa quella che è stata scelta come primo singolo estratto, “Hundreds Of Scars”, meravigliosa e potente power ballad dal gusto nineties. La title track “Inhale” sfoggia un bellissimo abito da sera, catturando l’ascoltatore come una bella dama al ballo a corte, invidiata e ammirata al contempo.
“Inhale” è la malinconia che diventa rabbia, un fuoco pronto a sfogare come un’eruzione.
Otto tracce, per poco più di 40 intensissimi minuti, in cui il progetto Hunternaut si palesa senza censure, alle orecchie di chi ascolta questo “Inhale”. L’aggressività specifica di fine millennio si sposa alla perfezione con la nuova energia di questi tempi, passando da Nirvana a Tool con una innata naturalezza. La chiusura del disco è affidata a “I’ll Be There”, che come un cioccolatino al peperoncino saluta e suggerisce un riascolto, scuotendo l’anima nel profondo. Completamente scritto e cantato in lingua inglese, dalla penna e dalle idee della voce della band, Cristian Longhena, consegnando alla label (R)esisto, un prodotto ottimo. “Inhale” è la malinconia che diventa rabbia, un fuoco che arde dall’interno pronto a sfogare dalla prima fessura che glie lo permetta, come un’eruzione vulcanica. Ma poi quella furia si placa, lasciando dietro di se distese nuove, neonati panorami di fragili emozioni, che trovano negli Hunternaut i loro melodici cantori.