Ciao Hanger e benvenuti dentro il nostro armadio musicale. Apriamo le ante con una sorta di gioco di forma: che abito disegna la vostra mente alla parola “Musica”?
Un abito di trascendenza. La musica è il canale di collegamento tra la trascendenza e l’esperienza emotiva. L’esperienza emotiva profonda è la porta verso la trascendenza. La musica e l’arte in genere non sono altro che artifici per alimentare un’esperienza emotiva autentica, via via crescente, fino al raggiungimento della trascendenza. Devi guardare dentro, per fare esperienza dello spazio esterno. La musica è il mezzo per un fine più profondo.
Il singolo “Falling in Love” è un brano molto curato. Inoltre, che sia frutto di un lavoro lungo e meticoloso è senza dubbio percepibile. Mi domando: quando è che avete capito che volevate fare musica?
Alcuni di noi fanno musica da molti anni, come ad esempio il producer Daniele Franzese e Francesco Paura Curci. Altri la fanno da pochissimo, mentre altri non ne hanno mai fatta.
Hanger nasce dalla collaborazione tra musicisti, attori, ballerini, grafici, cineoperatori… Tutti partenopei. Quindi non sentirei di parlare di “Scelta di fare musica”, quanto di creare un progetto che abbraccia olisticamente vari aspetti dell’arte che si compenetrano tra loro, fino al risultato finale.
Siete stati accostati a nomi importanti del panorama elettronico mainstream contemporaneo, come ad esempio The xx. Immagino che questo paragone possa lusingarvi. Vi chiedo invece: quali sono state, dal principio, le influenze che hanno portato alla creazione e realizzazione di “Falling in Love”?
Le influenze musicali sono molteplici, poiché molteplici sono le figure artistiche che hanno realizzato brano e video annesso, quindi risulta difficile parlare di artisti di riferimento. La creazione di “Falling In Love” parte da un’idea del cantante e da una sua esperienza molto personale. Abbiamo sfruttato la sua sofferenza emotiva e abbiamo lavorato, al fine di sublimarne il significato intrinseco, trasformandola in un’opera audio-visiva. L’amore, indissolubilmente legato al dolore, è il reale motore del brano, ed esso è stato pensato in virtù di questo legame.
Il vostro è un progetto tutto partenopeo, nel senso appunto, che venite tutti/e da lì. La scelta dell’anonimato ha qualche cosa a che fare col fatto che potreste essere circoscritto entro i confini di una forte identità quale è quella partenopea?
La musica partenopea costituisce le radici della musica leggera della nostra nazione e ciò ne sottolinea l’importanza. La nostra volontà non è quella di discostarci dall’identità partenopea, anzi. La volontà del progetto è quella di attirare attenzione sulla nostra Napoli, regalandole la veste internazionale che merita. Un po’ come i Massive Attack fecero con Bristol, o i Daft Punk con Versailles. Vogliamo dare un’identità musicale internazionale alla nostra terra.
“Falling in Love” è un pezzo contestualizzato nel presente del panorama musicale pop internazionale, dove l’individualità è sempre più marcata e contraddistinta. Questo mi fa riflettere sulla scelta di non mostrarvi. È consapevole e mirata, oppure dettata dalla sola voglia di far risaltare la musica?
Le personalità artistiche della nostra epoca, in linea di massima, sono caratterizzate da una marcata ipertrofia dell’ego. Spesso e volentieri l’arte risente di questa ipertrofia, al punto da passare in secondo piano. Secondo il nostro punto di vista non c’è nulla di più sbagliato: l’artista è il mezzo, non il fine. Il fine è l’arte e l’ego non può che essere una limitazione all’espressività artistica. La nostra impopolare e antitetica scelta del semi-anonimato è dettata dal desiderio di comunicare artisticamente, senza restrizioni dettate da aspettative che nascono nei confronti dell’artista che ci mette la faccia. È una scelta che ci lascia massima libertà espressiva e focalizza l’attenzione sul prodotto piuttosto che sul produttore.
Una domanda sul videoclip che magistralmente accompagna il brano e ne rafforza la qualità in termini d’impatto. Com’è nato e quale il suo tempo di gestazione rispetto a quello del brano stesso?
Il videoclip è di stampo surrealista. Abbiamo attinto al nostro subconscio durante l’ascolto del brano e abbiamo proiettato l’esperienza sub cognitiva sotto forma di immagini. Abbiamo scelto di dare una veste surrealista al video, cosicché lo spettatore possa interpretarlo liberamente, sulla base del proprio personalissimo background psico-emotivo. In sintesi, è stato pensato per colpire l’inconscio di cui guarda.
Domanda di rito: qual è il concerto che non potete assolutamente perdere?
Su due piedi, un concerto di Kendrick Lamar non ci dispiacerebbe affatto.
L’uscita del singolo anticipa un album, un EP oppure direttamente un tour di presentazione del vostro progetto? Insomma: raccontarci cosa prevede il futuro di Hanger.
Abbiamo altri brani in lavorazione, ma le sorprese sono il nostro forte: Restate sintonizzati sulle nostre pagine social e nei prossimi mesi ne vedrete delle belle. Non vogliamo sbilanciarci troppo.
Ultima domanda: perché “Hanger”?
È una lunga storia, molto personale, di cui non possiamo ancora parlare. Diciamo che suona bene!
È tempo di saluti e, come di consueto, noi di Music.it li lasciamo a voi artisti.
È stato un piacere rispondere a questa intervista, che abbiamo reputato davvero interessante. Vi ringraziamo per lo spazio che ci avete offerto e vi anticipiamo che “Falling In Love” era l’antipasto!