HINTERLAND BLUES dei CABOOSE, un viaggio tra Chicago e New Orleans
I Caboose durante un'esibizione live

HINTERLAND BLUES dei CABOOSE, un viaggio tra Chicago e New Orleans

Se avete voglia di ascoltare del buon blues, dalle atmosfere moderne ma con tutto il sapore del caro vecchio stile americano, allora “Hinterland Blues” è il disco che fa per voi. I Caboose portano con questo lavoro l’ascoltatore in un viaggio virtuale fatto di blues, un viaggio che regala tutte le emozioni di cui questo genere è capace. Un disco maturo che non ha paura di mettersi in mostra. Da atmosfere più classiche ad atmosfere più dark promette di regalare emozioni dalla prima all’ultima traccia. Non per niente il trio Italo-berlinese ha aperto il palco ad uno dei grandi del blues: Watermelon Slim.

Sono volati in america per partecipare proprio con i brani di quest’album all’ International Blues Challenge. Ma è giusto esaminare più nel dettaglio quest’album. “Land of no return” è il perfetto brano da bar. Porta la classica immagine dell’uomo solo, seduto al bancone che beve l’ennesimo bicchiere di whisky e ripensa agli sbagli della sua vita. L’armonica suona una melodia triste, che la voce segue come un lamento.”They call him poet” cambia subito le carte in tavola, ricordando un po’ delle sonorità alla Eagles.

Da atmosfere più classiche ad atmosfere più dark, “Hinterland Blues” promette di regalare emozioni dalla prima all’ultima traccia

A seguire “Suicide Song”, un brano spinto, dove la manopola dell’overdrive si alza. L’armonica sta volta segue le chitarre, è lei a lamentarsi, forse delle scale minori e delle assonanze che caratterizzano questo brano. E ancora i Caboose riescono a spostare le emozioni solo con l’intro del brano con “Landslide”, che regala un brano dalle poche sfumature ma che va dritto al punto. Inutile dire che gli strumenti sono tutti padroneggiati alla perfezione dal trio.

Un viaggio tutto in discesa quello di “Hinterland Blues” che si sposta su atmosfere sempre più lente e calde fino ad arrivare alla title track. Un brano dalle mille sfumature, affrontato con tempi dispari e passaggi da scale minori e maggiori, fino ad arrivare alla chiusura in crescendo. Il lavoro si chiude con gli slide di “Freight train” e la cavalcata verso il sud di “Bloodhound”. Un ottimo lavoro quello dei Caboose, che regala poco più di una mezzora di puro piacere.