Diamo il benvenuto alla cantautrice Ida Nastri! Iniziamo questa intervista con un ricordo legato alla tua carriera musicale: racconta ai lettori un aneddoto imbarazzante accaduto durante un tuo live!
Beh mi è capitato di dimenticare una parola del testo e tirare fuori una vera e propria supercazzola. Come se non bastasse mi è venuto da ridere e ho fatto cenno al pianista di partire col solo. La ridarella mi viene spesso nelle situazioni di panico, ed è un problema.. 🙂
Quanto è difficile, al giorno d’oggi, riuscire ad emergere e a farsi strada nell’ambiente musicale come cantautrice? Cosa saresti disposta a rinunciare?
È molto difficile. Allo stesso tempo se uno lo fa con l’ansia di arrivare non ci si gode il percorso. Io sono una di quelle che si gode più il percorso della meta in sé. Sono disposta a fare questo anche senza diventare la punta di un iceberg, se scrivo è perché sento di volermi esprimere in questo modo, e non per un’ipotetica fama. Le rinunce i musicisti le fanno tutti i giorni perché è un lavoro che richiede costanza e dedizione, non si fanno i soldi con la pala e si vive con poche sicurezze. Direi che a rinunce ci siamo, finché la musica le ripagherà continuerò a farle.
Parliamo del tuo nuovo singolo “Comfort Zone”, un brano che ribadisce l’importanza dell’uscire dal proprio angoletto sicuro e mettersi in gioco. Qual è la tua comfort zone e cosa ti tiene legata ad essa? Credi che nel corso del tempo e nell’arco di una vita questo ‘spazio’ possa cambiare?
La comfort zone è un luogo più mentale che fisico. Personalmente ne ho varie, una è la tranquillità di stare vicino ai miei cari, che mi conoscono e ai quali non devo dimostrare nulla. Tuttavia nella mia vita fatta di lavori precari e in mezzo alle onde della musica le comfort zone cambiano di continuo. La vera capacità è riuscire a stare al passo dei cambiamenti senza destabilizzarsi. Inoltre con il Covid abbiamo capito che anche le certezze più radicate possono vacillare dall’oggi al domani: la riflessione che faccio nel brano nasce da qua.
Da quanto tempo stai lavorando su questo brano e quando hai sentito il bisogno di scriverlo? Quali sono state le sue fasi di scrittura?
L’ho scritta a marzo/aprile 2020, come reazione a un lockdown che musicalmente ci aveva bloccati. Il testo l’ho smussato in estate, perché prima aveva un sapore più nostalgico, soprattutto nel ritornello, ma ho deciso di guardare il bicchiere mezzo pieno nei miei brani, e quindi gli ho poi dato un sapore più positivo. Nel frattempo Giuseppe Salvaggio ha lavorato alla produzione e, seguendo delle reference che gli avevo dato, è stato capace velocemente di indovinare il sound giusto. A settembre abbiamo registrato le voci e strumenti, come la batteria di Riccardo Merlo, poi mix, poi mastering ed eccoci. Abbiamo un home studio quindi la nascita di un brano viene fatta in perfetto tandem tra una stanza e l’altra della casa.
Che tipo di importanza dai alla tua immagine? C’è uno stile, non solo musicale, a cui sei legata? Credi che l’immagine, la forma, possa aumentare la qualità o validità della sostanza?
La parola che tengo a mente in questo tipo di riflessioni è coerenza. La musica penso che debba essere un tutt’uno con la forma e l’immagine, altrimenti una delle due stona. La forma però è la prima cosa che si vede, quindi deve essere invitante. Pensiamo al cibo: un piatto mal presentato e in un ristorante ad esempio sporco non lo mangiamo volentieri. Allo stesso modo odio “le sole”, far sembrare chissà che quando poi è fuffa. Sempre tornando al cibo non sopporto quei posti fighetti dove magari paghi dieci euro per quattro palline di pasta o per la pizza fritta che magari loro chiamano “tempura di farina macinata a mano”.
Ci piacciono le tue metafore, rendi bene l’idea!
Ovviamente curo la mia immagine, ma cerco sempre di scegliere qualcosa che mi piaccia veramente e di stare a mio agio. Non ho uno stile in particolare: oggi posso piacermi con gonna e tacchi, domani con scarpe da ginnastica e felpa. Odio assomigliare o mettere le cose di marca solo perché lo sono. Quello che mi manca è il tempo: nella vita di tutti i giorni sono una ritardataria cronica, quindi spesso metto la prima cosa che capita e mi trucco al volo. Però se esco la sera, o se c’è un’occasione particolare, come dire, mi acchitto :).
Ora giochiamo: prova ad attribuire un colore ed un profumo alla tua musica e spiegaci le motivazioni della scelta.
Giallo e odore di birra, possibilmente IPA. Vorrei suonare molto dal vivo quindi giallo perché penso alle luci sul palco, e odore di birra perché penso a un mio concerto dove tutti sono in presa a bene, bevono, cantano e ballano. Si vede che non sopporto più le restrizioni da Covid?? 🙂
Prossimamente, con chi ti piacerebbe condividere il palco? C’è un artista con cui ti piacerebbe collaborare?
Ce ne sono tanti. A livello di scrittura mi sento molto in sintonia con Venerus.
Come continuerai a stupire i tuoi ascoltatori? Nuovi singoli in arrivo?
Yes. Ormai il progetto ha preso il via quindi vi faremo ascoltare altre cose.
Ida Nastri, grazie per essere stata con noi. La nostra intervista è giunta al termine ma le ultime righe sono per te: saluta i nostri lettori come meglio preferisci. Ciao e a presto!
Grazie a voi per le belle domande. Un saluto a tutti! Se vi va di conoscere una nuova artista “Comfort Zone” vi aspetta su tutti i portali, da Spotify a iTunes ecc. E se vi piace, fate passaparola!