IL GIARDINO DEGLI SPECCHI: "Sosteneteci su Musicraiser" • MUSIC.IT
I componenti de Il Giardino degli Specchi.
I componenti de Il Giardino degli Specchi.

IL GIARDINO DEGLI SPECCHI: “Sosteneteci su Musicraiser”

Sciogliamo subito il ghiaccio con Il Giardino degli Specchi: raccontateci un piccolo segreto legato alla vostra attività musicale. Qualcosa che ricordate con il sorriso, ma che ancora non avete rivelato a nessuno!

Marco Andrea: Ciao! Possiamo raccontarti di come è nata “Toilet to Sleep”, uno dei tre pezzi che compongono il nostro primo EP. A quel tempo eravamo ancora un duo ambient e quella sera avevamo un ospite in sala prove, un nostro carissimo amico, noto poeta ed altrettanto noto beone. Iniziammo ad improvvisare questo nuovo pezzo, che nella sua prima stesura era una lunghissima suite psichedelica. Il nostro amico passò tutta la sera a sbronzarsi sul divano, e al termine della nostra jam esclamò farfugliando: «Questo pezzo si chiama “Toilet to sleep”!». Ci piacque molto come titolo!

Le atmosfere eteree del vostro EP fanno comprendere bene l’immagine onirica che ispira il vostro nome. Ma voglio saperne di più: cosa vedete nei riflessi degli specchi nel giardino?

Valerio: Gli specchi rappresentano una porta verso il nostro io interiore. Ognuno nello specchio vede ciò che ha di più intimo, le proprie fragilità, le paure più nascoste, i sogni più agognati, la vita che vorrebbe avere. La visione che si ha nello specchio è un qualcosa di personale: significativa per se stessi, ma spesso incomprensibile agli altri.

Perché avete deciso di esprimervi attraverso l’ambient? Non è proprio il primo genere che viene in mente quando pensi di voler vendere dei dischi.

V: Ho un po’ questa naturale tendenza a prediligere generi musicali non facili dal punto di vista del mercato. C’è da dire che rispetto a quando eravamo un duo, con l’introduzione di basso e batteria, pur mantenendo influenze ambient, abbiamo avuto una svolta post-rock che ci ha permesso di ampliare il bacino di ascoltatori. Perché questo genere? Perché ci piace l’atmosfera tipica dell’ambient e del post-rock e vogliamo riuscire a comunicare emozioni attraverso la musica strumentale. Sai, la presenza di un testo può alterare la percezione di ciò che senti.

In che senso?

È un po’ come dicevo riguardo alla questione dello specchio: l’interpretazione che fai della nostra musica è solo tua. Un testo rappresenterebbe una limitazione all’immaginazione scaturita dalle nostre note. Inoltre non ti nascondo che ci piacerebbe molto riuscire a lavorare a qualche colonna sonora o che qualche nostro brano venisse utilizzato per questo fine. Pensiamo che questo genere si presti molto a tutto ciò.
MA: Oltre a quanto già detto da Valerio, vorrei aggiungere che il nostro primo obiettivo non è tanto vendere dischi, quanto riuscire a dire qualcosa di personale attraverso la nostra musica.

“Sasha Grey”, “Blu” e “Toilet to sleep”. Sono questi i brani che compongono l’EP. La musica comunica già da sola le storie dietro questi titoli particolari. Raccontateci invece di qualche chicca o dettaglio che possono essere sfuggiti all’ascoltatore.

V: “Sasha Grey” è un brano in cui si alternano momenti leggeri a momenti malinconici, con un climax finale che rappresenta l’idea di respiro e libertà, di rottura delle catene. È una traccia che parla della libertà di compiere scelte senza essere condizionati dall’opinione altrui. E per raggiungere questa libertà spesso occorre affrontare un percorso interiore non sempre semplice e immediato.

Mh, un discorso interessante.

Un’ulteriore informazione che ti posso dare, e che vale anche per altre nostre canzoni, è che le parti vocali non contengono nessuna frase di senso compiuto. La voce viene usata soltanto come ulteriore strumento di atmosfera. A volte mi è capitato nei live che qualcuno mi dicesse: «Sai la voce non si sentiva molto, non si capiva quello che dicevi, troppo effetto». Ecco, è esattamente così che deve essere! Per quanto riguarda “Blu”, il dialogo presente è tratto da “Easy Rider”, un film che personalmente amo e che consiglio di vedere a chiunque non l’abbia visto. Abbiamo fatto un po’ di fatica ad estrarre questo dialogo, perché, nel film, la scena è ambientata di notte, all’aperto, su di un prato, con un sottofondo tremendo di cicale, rane e chi più ne ha più ne metta!

Avete un brano che preferite?

“Toilet to sleep” è una delle mie canzoni preferite. È diversa. Tempi dispari, variazioni di velocità, psichedelia. Non è una traccia banale, e nasconde un mondo dentro di sé. È una canzone cupa, che trae ispirazione dalle tragedie dell’umanità. Nella seconda parte abbiamo dedicato ampio spazio a materiale di repertorio sulla Seconda Guerra Mondiale, tra cui alcuni frammenti di discorsi di Roosevelt, Churchill e Hitler, a sottolineare la drammaticità di questi eventi.

Come si articola il vostro processo creativo? Seguite qualche rito particolare o vi lasciate guidare dall’ispirazione?

V: Solitamente improvvisiamo e troviamo dei motivi chiave su cui poi iniziamo a strutturare il pezzo. La pericolosità di questo approccio è che a volte ci chiudiamo a suonare un giro all’infinito, fino allo sfinimento! Scherzi a parte, io e Marco abbiamo un’ottima sintonia nell’improvvisazione, e spesso riusciamo a tirare fuori degli intrecci interessanti – almeno per noi – su cui lavorare.
Qualche volta invece mi è successo di svegliarmi a casa in preda all’ispirazione e di registrare una bozza di traccia, più o meno completa, da sottoporre al severo giudizio degli altri componenti. Però diciamo che l’approccio da jam band è quello più frequente.

È in corso la campagna di crowdfunding per finanziare il vostro album di debutto. Mancano ancora due settimane al termine, e sembra che il pubblico stia rispondendo molto bene. Cosa ci farete ascoltare in questo lavoro?

V: Sì! Siamo davvero colpiti dalla partecipazione del pubblico! Sta andando bene. Dunque, in questo disco saranno presenti dei brani che già proponiamo dal vivo. Ci sono anche alcune nuove canzoni che dobbiamo finalizzare e che probabilmente andranno a finire nell’album. Stiamo inoltre valutando di inserire un remaster o un radio edit di “Sasha Grey” come bonus track. Valuteremo a tempo debito. Il disco sarà prevalentemente post rock, con una minore parte di musica ambient. Dopo l’uscita di questo album, probabilmente aggiungeremo un po’ di sperimentazione al nostro sound, assorbendo influenze anche da altri generi musicali. Ma questa è un’altra storia.

Oltre l’album quali sono i progetti in cantiere?

V: Oltre l’album abbiamo intenzione di espandere il nostro raggio d’azione live al di fuori di Roma e cercare di coprire varie zone d’Italia, tanto per cominciare. Organizzeremo un tour di supporto all’uscita del disco. Inoltre, come detto in una domanda precedente, ci piacerebbe molto partecipare anche a qualche colonna sonora.

Volete aggiungere qualcosa?

Vogliamo ringraziare Mirko e Music.it per questa intervista e i lettori per l’interesse nei nostri confronti. Vogliamo rinnovare i ringraziamenti a tutto il pubblico che sta sostenendo la nostra campagna di crowdfunding. Sosteneteci su Musicraiser.