Ciao ragazzi! Il benvenuto di Music.it è sempre all’insegna del pettegolezzo. Vi sto per chiedere, infatti, di raccontare ai nostri lettori un episodio che ritenete il “battesimo del fuoco” degli Intercity.
Eh bella questa! Ma pensiamo di deluderti, perché non ci viene in mente nulla di così gossiparo che possa ritenersi interessante.
Intercity, il nome che vi siete dati, come è stato scelto? Ha un significato particolare?
Nessun significato così particolare. Diciamo che ai tempi volevamo un nome che fosse di uso quotidiano e, sebbene non così di frequente ognuno di noi un intercity l’ha preso. Non so nemmeno se ci sono ancora. Forse adesso sono vintage.
Quando nasce il progetto Intercity? Come vi siete conosciuti?
Nasce nel 2009 con il nostro primo album, non appena abbiamo finito il giro di concerti di un altro nostro progetto che si chiamava Edwood. All’epoca cantavamo in inglese. Da lì abbiamo deciso di iniziare questa nuova avventura in italiano.
Chi sono le vostre “muse” ispiratrici?
Non saprei rispondere, non credo ce ne siano. In primis, siamo appassionati fruitori di musica a 360°, quindi musicisti.
Uno sguardo retrospettivo. Sono passati tre lunghi anni dall’uscita del vostro lavoro “Amur”. Se dovesse scegliere tre aggettivi per descrivere “Amur” e “Laguna”, quali scegliereste? E perché?
“Amur” era ed è un disco più rock, forse più anni ’90-oriented. È un disco a cui siamo affezionati. Forse più grezzo, anche se poi nemmeno così tanto. Ha semplicemente un suono di base diverso. “Laguna” è una sorta di disco principe, più elegante, raffinato. È un piccolo bignami dell’indie pop. Infatti dentro c’è di tutto. Se “Amur” è un ragazzo in jeans e maglietta, “Laguna” è un ragazzo in giacca e papillon.
“Laguna” è un vero e proprio viaggio. Dove volete portare l’ascoltatore che inevitabilmente si perde nelle vostre melodie?
È un disco fuori dal tempo, perché doppio e relativamente lungo, sicuramente coraggioso. Non è da tutti pubblicare 22 canzoni insieme. È un disco fatto da chi non ha nulla da perdere. Non c’è una b-side buttata dentro per allungare il brodo e poi dire “ecco un doppio disco”. Sono tutte canzoni pensate e studiate al dettaglio. Per dirla tutta, ne sono rimaste fuori almeno quattro. Se uno ascoltasse davvero questo disco, non potrebbe che capirne la qualità.
“Indie” è un’etichetta piuttosto rischiosa da accollarsi. La raffinatezza del vostro indie pop non ha niente a che vedere con ciò che viene considerato indie nel panorama mainstream. Qual è la vostra formula?
Scriviamo canzoni, cerchiamo di arrangiarle al meglio e in modo che possano dare emozione a chi le ascolta. Nessuna pretesa o arroganza. È una cosa molto artigianale che viene dal lavoro quotidiano
Vi siete fatti attendere con “Laguna”, ma ne è valsa la pena. Quanto altro dovremo aspettare per un altro lavoro?
Mi sa che questo è l’ultimo.
(Piango e ci provo un’ultima volta): Progetti per il futuro immediato? E quello lontano?
Speriamo di fare qualche concerto, ci proveremo. Non abbiamo né agenzia, né label. C’è il nulla dietro di noi e quindi non è certo semplice. Però faremo il possibile per portare in giro queste canzoni.
Briglia sciolta per le dichiarazioni finali.
Ascoltateci, streamingzzateci, consigliateci. Un saluto a tutti.