‘Gentle heartquake’ (terremoto gentile) è il titolo del disco del sassofonista e clarinettista jazz Guglielmo Pagnozzi, il primo da solista. Soli quattro lunghi brani in cui il 53enne, musicista bolognese, esprime la propria personalità artistica. Guglielmo Pagnozzi vanta molte collaborazioni: da Steve Lacy a Paolo Fresu, da Bob Moses a Roy Paci.
Certo c’è il jazz, che spazia da accenti colemaniani all’afrobeat (che ha poi sviluppato in passato con il suo gruppo Voodoo Sound Club), ma anche blues, funk… fino al rock. Senza pensare al mercato discografico e “tutto di getto – come ha spiegato il musicista – un disco inciso in diretta con un quintetto circa tre anni fa e nell’arco di qualche giorno, derivato da una spinta emotiva derivata da un lutto che mi ha segnato. Poi ho deciso di farne un album”.
Tra citazioni di Edgard Allan Poe (‘Alone’ è ispirato all’omonima poesia), un frammento registrato da un discorso di Stalin all’Armata Rossa (“la guerra non c’entra l’avevo pensato anni fa quando leggevo ‘Il secolo breve'” precisa), il disco (pubblicato dall’etichetta Setola di Maiale) è un terremoto sonoro, come la bipolarità in cui Pagnozzi si riconosce e a cui è dedicato ‘Steve’.
Per il tutto il mese di marzo nell’atrio del Museo Mambo a Bologna sarà proiettato un video a cura di Home Movies con immagini della data del giorno ma tratte dalla storia nell’archivio dell’associazione e con la musica originale di Pagnozzi. Il disco è disponibile sul sito e sui social del musicista.