VASCO BARBIERI: "Il mio rapporto con la musica è stato salvifico e… catartico"
Il cantautore Vasco Barbieri in uno scatto promozionale.
Il cantautore Vasco Barbieri in uno scatto promozionale.

VASCO BARBIERI: “Il mio rapporto con la musica è stato salvifico e… catartico”

Vasco Barbieri, benvenuto su Music.it! Rompiamo subito il ghiaccio: racconta ai lettori un singolare episodio, accaduto durante la tua carriera musicale, che ricordi con il sorriso o che non scorderai mai per l’imbarazzo.

Buongiorno Giulia! Buongiorno Music.it! Più che imbarazzo, che categoricamente non ti può venire durante un concerto o un’esibizione (e, tra parentesi, io vengo quasi impossessato dalla musica mentre suono, quindi il mio rapporto con l’esterno è piuttosto relativo), mi viene da raccontarti la sorpresa che mi avvolse quando dopo un concerto in un caffè letterario mi fu chiesto di scrivere una colonna sonora… che poi, beh, insomma, è rimasta lì. Ma la sorpresa e il piacere sono ancora palpitanti in me.

Così ci fai incuriosire, raccontaci tutto!

Allora, mentre la gente stava uscendo ed io stavo rimettendo le mie cose a posto, dal fondo, come un punto sfocato in una fotografia, vedo arrivarmi in contro un tipo del tutto fuori contesto; era una serata semplice, easy, per brindare, suonare un po’ insieme, mentre lui era in giacca e cravatta, bassetto e piuttosto serio. Mi si parò davanti e guardandomi negli occhi mi mise in mano una sceneggiatura e il suo biglietto da visita, dicendomi che se mi veniva in mente qualcosa l’avrei dovuto chiamare. Rimasi attonito. Che c’entrava? Era del tutto inaspettato! E la cosa che mi sorprese di più fu che la mattina seguente, quasi automaticamente, riuscii a leggermi tutta la ps e spontaneamente ne scaturì un motivo, un testo, una canzone che conservo ancora nel cassetto, perché lui non mi rispose mai al telefono.

Sembra quasi un sogno!

Esatto! Ti racconto quest’aneddoto perché quell’esperienza, quasi onirica, in un certo qual modo cambiò radicalmente il mio modo di scrivere musica perché mi diede il coraggio e la spregiudicatezza, oserei finalmente, di scrivere di altro oltre i miei moti interiori.

Quando è iniziato il tuo viaggio nel mondo della musica? Raccontaci di te e di chi ha suggestionato la tua musica.

Mi viene in mente quella scena della “Leggenda del pianista sull’oceano” in cui il trombettista chiede a Novecento da dove gli arrivava quella musica. Il mio percorso nella musica è cominciato come una necessità, perché fu il primo strumento che trovai per riavvicinarmi al mondo dopo un incidente che ebbi da bambino; la musica mi permise di rientrare in empatia con gli altri. Le tappe fondamentali che scandirono il mio percorso iniziarono quando da piccolo, per la prima volta, ebbi il coraggio di suonare in pubblico in un pub dove andavo al mare. L’energia che mi suscitò, negli anni, mi portò a farlo diventare un modo per farmi offrire uno shot in quel locale perché attiravo clientela. Ricordo quando suonavo ai festini durante il liceo e di come a fine festa mi voltavo per chiedere un parere e tutti stavano “pomiciando”.

Poi cosa accadde?

Durante il periodo dell’università, quando studiavo Filosofia, una sera andammo con una amica a chiacchierare in un locale per interpretare le parole del professore e, dopo averle fatto sentire su una tastiera che si trovava lì le sensazioni che le lezioni mi avevano ispirato, mi fu chiesto di organizzare il mio primo concerto. Da allora non ho più smesso di suonare per il pubblico perché, in un certo senso, mi esimeva dal dover parlare e mi consentiva di condividere con gli altri le mie emozioni. Mi torna alla memoria anche quando, dopo aver studiato all’Actor Studio, mi fu chiesto di comporre un accompagnamento per una scena a teatro per uno spettacolo di Dostoevskji. Ricordo quando, sempre durante l’università, due mie amiche vollero darmi una mano ad arrangiare un mio pezzo e per la prima volta sentii una mia canzone cantata da qualcun altro.

Credo che potresti continuare per ore…

Ripenso anche a quando entrai in sala registrazione con la Maqueta Records e sentii come loro pensavano di arrangiare i miei pezzi che, fino allora, erano scritti solo per pianoforte.

A cosa paragoneresti il tuo rapporto con la musica?

Il mio rapporto con la musica credo che possa essere paragonato al rapporto con una figlia che, prima, ti è madre e ti svela un universo molto più ampio e variegato, poi ti è sorella e confidente che aiuta a esprimerti e a conoscerti. E, in fine, è figlia, quando ti accorgi che prende le sue scelte, ti critica su ciò con cui non è d’accordo; dunque, capisci che la puoi, la devi lasciar andare e farle interpretare il mondo a suo modo. Il mio rapporto con la musica è stato salvifico e… catartico, perché non permette più di mentirti e ti costringe a dire la verità. La musica mi ha permesso di accettare che sono soltanto me e, perciò, mi ha consentito di trovare la fiducia e la tenacia per investire sulle mie fragilità e paure e iniziare a creare il mio spazio in questo mondo.

Musicista, attore e filosofo: come riesci a coltivare a e portare avanti contemporaneamente queste tre passioni?

Quando mi sono laureato alla Magistrale ho scoperto il termine cosmoteandrico, che credo riesca a rispondere alla tua domanda. La mia tesi voleva capire cosa significasse veramente Comunicare e, grazie a una sequenza imprevedibile di coincidenze, giunsi alla conclusione che si trattava essenzialmente di com’unic’azione, cioè condividere con qualcuno un’unica intenzione. Essendo la Comunicazione il “sistema nervoso” della vita, direi con Ezio Bosso che «la musica è come la vita, si può fare in un solo modo, insieme». Perciò cosmoteandrico, dunque musicista, attore e filosofo, perché sono tre modi per interpretare l’altro e il mondo: emotivamente, psicologicamente ed intellettualmente. Credo, quindi, che concentrarsi solo su un aspetto di questa relazione con la vita, sarebbe un po’ come precludersi una sorgente d’aria, un punto di luce, dei colori fondamentali per capire e sentire ciò che ti circonda.

È uscito il tuo nuovo singolo “Love Remains”: cosa ti ha spinto a scrivere questa canzone e quale è il messaggio che vuoi far arrivare?

Questa canzone mi è sopraggiunta come un consiglio. All’inizio volevo andare sempre avanti e scoprire ininterrottamente qualcosa di nuovo; ma la musica, con questa canzone, mi ha suggerito di rallentare e fare i conti con me stesso e con i miei ricordi. Questa canzone era un mio segreto, una mia riflessione personale per fare il punto della situazione; poi è piaciuta a molti e mi sono reso conto che avrebbe potuto coccolare anche altre immaginazioni.

Di cosa racconta “Love Remains”?

Questa canzone racconta dell’importanza delle esperienze che ci sono successe, a livello personale, e di come queste vadano a caratterizzare le scelte che prendiamo ogni giorno. Il fatto che siamo riusciti a farla uscire in questa fase di ripresa per me è molto importante perché, come vuole esprimere la locandina del singolo, serve a rassicurare tutti gli ascoltatori ricordando che abbiamo delle radici preziose, come un cuore, nella terra e che la nostra aspirazione al cielo dipende anche da quanto siamo ancorati al suolo e al nostro passato. Perché secondo me funziona come il passo di un gambero: un passo avanti e due indietro.

Quali sono le tre cose che non possono mai mancare nella tua vita? E nella tua musica?

L’Amore, la Luce e l’Aria. Anche se a me piace stare al buio in silenzio, forse perché mi aiuta a riconoscere la mia luce interiore.

“Love Remains” anticipa il tuo primo album di inediti: cosa puoi svelarci a riguardo e cosa devono aspettarsi i tuoi ascoltatori?

“Love Remains” fa parte di una ricerca che potrà essere compresa nella sua totalità soltanto attraverso l’ascolto dell’intero album. Non sarà un percorso lineare, ma a scatti, fatto di pause e ripensamenti. Questo album vuole sintetizzare con dieci pezzi il percorso che ho fatto per affermare il mio essere uomo. Per cui, se da una parte ci sono delle ammissioni di presenza e d’insofferenza, come avete già sentito negli altri due singoli “A little bit of present” e “Convert”, “Love Remains” rappresenta una boa intorno a cui ho dovuto virare per meglio elaborare il mio percorso. Con l’album avrete modo di rendervi conto di quanti altri passaggi, insicurezze e ripensamenti ho combattuto prima di accettare che questa vita è un’occasione per volare.

Al giorno d’oggi, pensi sia facile farsi strada nel mercato discografico italiano?

Al giorno d’oggi mi rendo conto di come qualunque percorso sia lastricato di talmente tante sfaccettature che faccio sempre più difficoltà a credere che un percorso abbia solo una meta o possa essere definito in un unico modo. Farsi largo, crearsi la propria nicchia nel mercato discografico richiede molte competenze, non soltanto musicali e, approfondirle tutte, mantiene la mente elastica e ti fa immaginare ogni volta in maniera diversa. Personalmente non intendo il mercato come una struttura piramidale o unidirezionale, per cui si può arrivare ad una cima. Penso piuttosto che si tratti di spargere lungo la propria strada, come con i semi, un po’ di personalità, nella speranza che cresca qualcosa e che dia dei frutti commestibili e che possano sfamarti.

Lungo questo percorso, secondo te, cosa è veramente indispensabile?

L’unica cosa indispensabile secondo me è la qualità e la verità; dunque, quando andremo a raccogliere i nostri frutti potremo trovare qualcosa che ci rispecchi veramente e di cui possiamo essere soddisfatti. «Del doman non v’è certezza», come si dice. Io ce la metto tutta, poi speriamo bene.

Chi sarà Vasco Barbieri tra venti anni?

Sono cambiato così tante volte in vent’anni che è difficile immaginare come sarò fra altrettanti. Posso dirti cosa mi auguro, anche perché credo che le cose che speriamo veramente in un modo o nell’altro si avverino. Mi piacerebbe vivere sul mare, in una casa tutta a vetri come quella di Frank Lloyd Wright con, in una stanza, un enorme pianoforte a coda su cui poter comporre liberamente. Prima avrò viaggiato e scoperto i quattro angoli del mondo; poi mi sarà richiesto di viaggiare ancora per fare i miei concerti e condividere le mie sensazioni con chi avrà ancora voglia di sognare e sperare. Io sono cresciuto un po’ con quell’immaginario new age di Franco Battiato o del film “Pianeta Verde”; vorrei avere a che fare con la natura sconfinata, con le stelle, con il cielo, con gli occhi delle persone.

Come hai appena affermato, se veramente credi in una cosa prima o poi questa si avvererà!

Mi auguro che la mia musica continui a cambiare e a raggiungere nuovi orizzonti, spero di non finire mai di sorprendermi.

Vasco Barbieri ti ringrazio per essere stato con noi e per il tempo che ci hai dedicato. La nostra intervista è giunta al termine, ma il finale spetta a te: saluta i lettori come meglio credi. Ciao e a presto!

Al momento del conto io fingo sempre di ricevere una telefonata improvvisa… no, non è vero. Vi ringrazio di condividere questa ricerca e quest’esperienza. Mi auguro che le mie canzoni possano arrivarvi come suggestioni per scoprire aspetti di voi che ancora non avete mai avuto l’occasione di approfondire; oppure che possano accompagnare momenti importanti della vostra vita personale. Se volete continuare a seguire questa ricerca potete farlo scrivendo online vascobarbierimusic. Provo a condividere contenuti di valore su Instagram e Facebook. Su YouTube potete invece trovare i miei video, in cui con altri spiriti affini abbiamo provato a interpretare con immagini le mie canzoni.
Grazie. A presto!