Un titolo asciutto quanto forte, “Le Dita Nelle Costole”. E in copertina invece la foto di un bambino. Sembra un richiamo, forse un omaggio, a “Nevermind” dei Nirvana, album che ha iniziato la formazione di Jena Lu, all’anagrafe Mirko Lucidoni, classe ’75. Cantante e chitarrista della band laBase, scrive testi e compone musica da ormai qualche anno. Ma è solo recentemente che è nata l’esigenza di portare avanti un progetto solista in grado di rispecchiare maggiormente la sua indole rock e i le sue esigenze intimiste.
Da qui allora nasce “Le Dita Nelle Costole”. E forse quel bambino in copertina rappresenta semmai un’identità messa a nudo che saluta definitivamente l’innocenza e la spensieratezza dell’infanzia. Quello di Jena Lu è infatti un esordio atipico, un percorso a ritroso. Non ci troviamo di fronte a un giovane cantautore in cerca del proprio posto nel mondo, né di un artista che decide di buttarsi nella mischia e tastare il terreno della discografia per vedere quale sia la via più comoda da prendere. Jena Lu è semmai un cantautore maturo che sa cosa fare e sa come farlo.
La maturità artistica de “Le Dita Nelle Costole” è avvertibile negli arrangiamenti dal sapore puramente rock che si coniugano benissimo con il profilo cantautorale dei testi di Jena Lu. L’album d’esordio di Lucidoni infatti prende vita proprio da quelle canzoni inedite e mai pubblicate della band laBase, ma che l’autore sentiva il forte bisogno di condividere. Da qui entra in scena il produttore Davide Grotta, con il quale Jena Lu ha lavorato per costruire solidi arrangiamenti a partire dai brani fatti di sole chitarra e voce.
La maturità artistica de “Le Dita Nelle Costole” è avvertibile negli arrangiamenti dal sapore puramente rock che si coniugano benissimo con il profilo cantautorale dei testi di Jena Lu.
Il risultato sono nove brani che non potranno far storcere il naso al pubblico del rock alternativo italiano vecchia scuola. Fin dalla prima traccia “Barad Dur” si respirano le atmosfere graffianti e gli spunti metaforici che fanno saltare alla mente i primi Afterhours come anche gli Zen Circus. “Ieri è Oggi” si regge invece su una voce più melodica ma dal tono comunque acceso, raccontando di un male esistenziale che dura nel tempo. Esce dagli schemi a metà album “La Bamba”, canzone più eclettica, dove i cori si uniscono perfettamente a una maggiore ricchezza di strumentazione.
Si passa a “La Sera”, canzone che si regge sulla dicotomia tra toni aspri della voce e la presenza del pianoforte. Mentre “È Tutto Bello”, preferisce un accompagnamento più massiccio della chitarra elettrica. A chiudere l’album, “La Stanza”, una ballata malinconica che saluta l’ascoltatore senza però rinunciare all’acutezza delle canzoni precedenti. “Le Dita Nelle Costole” si presenta allora come un viaggio assolutamente personale e intimo. Un manifesto definitivo di Jena Lu come artista, che non rinuncia a un’anima rock, graffiante e diretta, ma anzi la elegge a tratto identitario.
[one_half]
JENA LU
LE DITA NELLE COSTOLE
22 febbraio 2019
I Dischi del Minollo
[/one_half]
[one_half_last]
[/one_half_last]