Non si può descrivere ”2020: Still Rollin’ Still Rockin'” senza usare l’abusatissima frase fatta: ‘’Un tuffo nel passato’’. Sicuramente non stiamo parlando di un album per tutti, atipico per il nostro momento storico. Un lavoro che confonderà e annoierà l’ascoltatore casuale ma al tempo stesso una piccola perla per gli appassionati di pop e rock italiano che vorranno dargli un’occasione.
“2020: Still Rollin’ Still Rockin”’ è la ristampa del primo, unico e omonimo lavoro dei Fili d’Erba, band capitanata da Frank Del Giudice (basso e voce, conosciuto anche per aver musicato alcuni dei migliori pezzi di Franco Califano). Il disco uscì originariamente nel 1972 e potremmo descriverlo come una via di mezzo fra il pop italiano e il nascente hard rock USA. Ma questa considerazione non è minimamente sufficiente per far capire le variegate influenze e sonorità presenti nei vari pezzi.
Partiamo con i fraseggi di Hammond di Paolo Moderato, la chitarra distorta di Luigi Liguori e una sezione ritmica compatta e tecnicamente superlativa che pesta alla grande in ”VIP”, ”Confusion” e ”City Streets”. i Fili d’Erba mostrano i muscoli con un sound hard rock davvero all’avanguardia per la musica italiana dell’epoca. Parliamo di sonorità che ricordano gli Steppenwolf, i The Doors ma anche prog rockers come i Genesis e Carlos Santana (quest’ultimo dovuto soprattutto alla batteria del compianto Jean Pierre Olivas). Impossibile poi non citare i Blues Brothers nel blues rock festaiolo di ”That’s My Life”.
La ristampa dell’unico album dei Fili D’Erba è una piccola perla per tutti gli appassionati di pop rock italiano d’annata
Il lato melodico di ”2020: Still Rollin’ Still Rockin'” è rappresentato invece dalle classicissime ballad all’italiana ”Sono un Po’ Ubriaco Questa Sera, ”Wait Until Tomorrow” e i ”Want You Back” (Pooh, Nomadi) e da canzoni dal sapore caraibico, quasi reggae: ”Uomo Tu Non Sei Libero, ”Sweet Mary” (Rino Gaetano, Lucio Dalla, Umberto Tozzi). Chiudiamo l’album con il gospel in italiano ”Santo Joe”, che ricorda le colonne sonore degli spaghetti western di serie b; e la ballad acustica ”Il Cieco”, forse la canzone migliore dell’album, scritta e musicata nientemeno che da Roberto Vecchioni e Rod Stewart.
Dopo aver citato tanti artisti di estrazione diversa è doverosa una precisazione, il lettore potrebbe interpretare attraverso questa recensione che ”2020: Still Rollin’ Still Rockin'” sia un disco fortemente derivativo,addirittura copiato. In realtà molti brani degli artisti con cui è stato confrontato sono stati scritti anche quindici anni dopo l’uscita del vinile originale. Che sia stato fonte d’ispirazione?
Per quanto riguarda invece i brani dove alcuni elementi sono riconducibili a compositori che già all’epoca dell’uscita del erano attivi e solidi sulla scena, va comunque interpretato come una dimostrazione dello spessore tecnico e culturale dei Fili D’Erba. Nell’Italia di inizio 70’ era già difficile reperire album stranieri di ‘’nicchia’’, figuriamoci la strumentazione e le conoscenze per riprodurre determinati sound.
Rimane alla fine dell’ascolto un rimpianto, cioè che ”2020: Still Rollin’ Still Rockin”’ sia l’unica opera di una band di valore come i Fili D’Erba
Quindi questo ”2020: Still Rollin’ Still Rockin”’ è una sorta di tesoro nascosto, uno dei migliori album della musica italiana, rimasto stranamente quasi sconosciuto? Non proprio, ci sono dei difetti evidenti, ma vanno sempre confrontati con il fatto che questa è un’opera prima uscita in un momento molto diverso rispetto al mercato attuale.
Prima di tutto i testi sono molto naive. Vengono affrontati i classici argomenti da hippie sentiti in qualsiasi disco dell’epoca. Dato che parliamo della remastered di un disco di inizio 70’ è comunque un difetto contestualizzabile. Il vero problema è che in tutto l’album non è presente una sola strofa che lascia memoria di sé. Problema condiviso con la composizione d’altronde, è come se mancasse quella scintilla che trasforma una canzone da carina e orecchiabile in qualcosa di più incisivo.
Dal punto di vista tecnico le uniche vere pecche sono da ricercare in alcune stonature nel cantato, a volte sembra che i pezzi siano stati scritti per un tipo di voce che poco ha a che fare con quella, comunque piacevole, di Frank del Giudice.
Il sound di molte canzoni ricorda e allo stesso anticipa brani composti anche quindici anni dopo l’uscita del disco.
Insomma come già detto in apertura, questo disco dei Fili D’Erba è un’opera non per tutti ma sicuramente interessante. Da contestualizzare storicamente ancor prima di ascoltare. Consigliamo questo disco ad un ascoltatore che ha voglia di perdersi fra i ricordi, un musicista o un cultore interessato agli anni settanta.
Rimane alla fine dell’ascolto un rimpianto, cioè che ”2020: Still Rollin’ Still Rockin”’ sia l’unica opera di una band di valore come i Fili D’Erba. Con il tempo,l’esperienza e una produzione diversa il quartetto avrebbe sicuramente affinato il songwriting. E magari sarebbe stata in grado di lasciarci delle pietre miliari della musica italiana.