Ragazzi dei Dogmate, benvenuti! Permetteteci di curiosare un po’ nei vostri trascorsi musicali: raccontateci qualcosa di inedito, un particolare evento o situazione, che ha segnato il vostro lavoro.
Ciao grazie, è un piacere conoscervi e rispondere alle vostre domande. Per noi più che di lavoro si tratta di passione. E come tutte le passioni la portiamo avanti con fatica ma dedizione e decisione. Non c’è un singolo evento che abbia segnato in modo decisivo il nostro cammino. Ti possiamo però elencare i mille stimoli che quotidianamente nonostante il nervoso, lo stress, la vita in generale, troviamo attraverso la musica dei Dogmate per scaricarci e per recuperare la nostra umanità, che di questi tempi è una gran cosa, almeno mentre suoniamo o componiamo. I Dogmate sono il nostro punto di sfogo, concentriamo lì tutto il male!
La vostra Musica si accosta molto al genere groove metal nato nei primi anni ’90. Quali sono le band che vi hanno ispirato, e maggiormente aiutato, nella vostra crescita come gruppo?
Avvicinarsi a quel mondo sonoro non è stata una cosa voluta, né una decisione presa a tavolino. Tutti noi abbiamo influenze che differiscono molto l’un l’altro, Jeff (Basso) è un amante del rock anni ’90 e anche un settantiano convinto, Ivan (Batteria) è quello legato di più alle sonorità metal del periodo novantiano: Pantera, Sepultura, Metallica sono il suo pane quotidiano tutt’oggi, Michele (Voce) oltre ad essere il più giovane e quindi più aggiornato su tutti i trend e gli stili moderni è però anche un cultore del metal classico, Stefano (Chitarra) oscilla sempre tra metal, hard core, stoner, e grunge.
Gusti decisamente eterogenei.
Noi tutti amiamo spaziare molto, ma in sostanza quando ci ritroviamo in sala ci viene facile fare quello che potete sentire nelle nostre produzioni. Abbiamo un approccio molto sincero con quello che scriviamo, lo scriviamo semplicemente perché lo sentiamo dentro, in modo innato e non ragionato. Alcune sonorità ci appartengono da sempre, e sì, probabilmente la parte che lega tutti i gusti personali dei Dogmate sono proprio quelle sonorità anni ’90 che per noi rappresentano solo un punto comune di partenza e non il nostro obiettivo musicale.
Pochi giorni fa è uscito il vostro ultimo album dopo circa due anni di pausa discografica, se non sbaglio. Cosa è successo in questo lasso di tempo? Parlateci di questo vostro ultimo lavoro e di cosa si cela dietro agli ambigrammi usati come font! Semplice scelta stilistica o questo simbolismo nasconde qualcosa?
È passato un po’ di tempo sì, soprattutto se si pensa al nostro primo album. In questo periodo però abbiamo avuto un cambio di line up importante: è subentrato come vocalist Michele “197” Allori ed abbiamo dovuto riassestare un bel po’ di cose. Avevamo dei pezzi pronti che abbiamo dovuto riarrangiare con lui. Il nostro EP del 2015 è uscito proprio per presentare lui a tutti e per consolidare la sua entrata nel gruppo. A seguire abbiamo fatto qualche live e scritto un nuovo album – “DUAL” – per permettere a Michele di esprimersi al meglio anche sotto il punto di vista della composizione e della scrittura. Mic ha curato tutto l’artwork di “Dual” ed è opera sua il restyling del logo. Ovviamente la scelta degli ambigrammi vuole riproporre la linea stilistica già presente nel precedente album, ma è giusto immaginarsi che celi qualcos’altro.
Adoro i misteri.
Già il titolo del lavoro, che è un concept-album, svela una certa connessione con l’aspetto grafico del disco. Ci sono più significati che legano la storia dell’uomo narrata in “Dual” a questi ambigrammi: da un lato rappresentano la doppia vita che quest’uomo ha esplorato, dal momento della sua epifania che capovolge la sua visione del mondo, senza però cambiarlo. Dall’altro vogliono simboleggiare le due vite in netto contrasto dell’uomo e di suo figlio, così intrecciate da non potersi distinguere l’una dall’altra. Ci sono anche molti riferimenti che si possono ritrovare nel cambio di registro vocale tra l’EP di tre pezzi precedente e questo nuovo album, ma vogliamo lasciare qualcosa da scoprire (e immaginare) a chi speriamo ascolterà.
Avete firmato con l’etichetta discografica MurdHer Records. Come è cambiato il vostro approccio musicale sotto contratto?
La MurdHer Records ci ha dato una mano in un momento in cui per noi stavano cambiando molte cose. Venivamo da una rescissione con il contratto discografico precedente e nel panorama attuale non è così scontato trovare chi crede in te e fa il suo lavoro. Con loro c’è un rapporto di collaborazione molto piacevole e la cosa più importante è che ci danno davvero carta bianca per tutto quello a cui teniamo. Siamo un gruppo indipendente sotto molti punti di vista, e per una label che non sia sulla nostra stessa lunghezza d’onda potremmo risultare scomodi. Con la MurdHer Records componiamo liberamente quello che ci piace, registriamo, mixiamo e curiamo i mastering per conto nostro, realizziamo noi l’aspetto grafico del progetto. Un’etichetta che lascia spazio ed inventiva a chi vuole esprimersi è sempre una cosa ottima.
Che rapporto vi piace avere con il pubblico? Vi sentite a vostro agio sul palco? Che progetti avete per il futuro?
Se non ci sentissimo a nostro agio di fronte ad un pubblico, avremmo sbagliato passione. Tutto quello che facciamo è rivolto alla condivisione con più persone possibili. Una delle cose più belle in assoluto è suonare su un palco e condividere sudore e adrenalina coi presenti. Credo che tutto il lavoro dei Dogmate sia svolto per concretizzarsi nei live, viviamo per quello. Non è stato facile essere poco presenti nel panorama live in questi periodi di cambiamento. La cosa che ci preme di più è promuovere il nuovo album con quanti più concerti possibili!
Pensate che ai giorni nostri ci siano artisti che vale la pena seguire? Cosa ne pensate del futuro della musica?
Non è un discorso facile, sai? I grandi del rock sono rimasti quelli di almeno venti anni fa, ed è una cosa molto strana. C’è gente che suona rock, metal e affini ovunque. C’è gente di ogni età che ascolta la nostra musica, anche giovanissimi, ma è come se qualcosa dall’alto impedisse una nuova ondata di gruppi emergenti, è come se qualcuno avesse deciso che la nostra strada non debba continuare se non nel segno dei gruppi che ormai sono consolidati nel mainstream. La cosa lampante è che è sempre più difficile suonare in un locale pieno per quelle che sono le realtà indipendenti come le nostre. Ma gli stadi dei grandi nomi del rock si continuano a riempire. Se ci pensi è un controsenso molto forte. Qualche anno fa esisteva un interesse anche per quello che proveniva dal basso, e spesso quello che poi diventava mainstream partiva proprio da lì.
Purtroppo, i tempi cambiano.
Questo non significa che nell’underground non ci siano proposte valide. Ascoltando solo produzioni indipendenti o autoproduzioni si sente che il fermento c’è, che la voglia di fare c’è, ma vedo un vuoto impressionante tra quello che è la nostra realtà e la realtà delle major. Molto più di prima.
In futuro penso che la musica underground troverà, ed in parte già adesso è così, dei canali per arrivare agli appassionati e ad una ristretta cerchia di gente, quella in grado di avere ancora una coscienza musicale. Per chi farà parte della nostra famiglia musicale in questo senso ci sarà un onestà di fondo crescente, ma il tutto andrà a discapito della quantità, del bacino di utenza. Per dirla brevemente, il nostro genere musicale diventerà pian piano quello che era all’inizio: un genere per pochi. Questo non sempre è da giudicarsi negativamente.
Siamo in conclusione, volete aggiungere qualcosa? Poi giuro che vi lascio andare.
Vogliamo salutarvi ringraziandovi di cuore. È attraverso anche il vostro interesse e il vostro lavoro che band come le nostre portano avanti la loro causa. Quindi continuate così! Rock’n’roll!