I Side Effects sono un trio power rock di Zagabria. Attualmente la band è composta da Ivan Mihaljevic alla voce e alle chitarre, Alen Frljak alle percussioni e Petar Stojko al basso. In questi giorni presentano la loro quarta pubblicazione dal titolo “Descending Rabbit Holes”, un nome che richiama l’attenzione su di sé. Per i Side Effects non sono mancate dal 2011 ad oggi numerose apparizioni su TV locali e canali radio, e ovviamente magazine musicali.
Il nuovo album ingrana subito la quarta con “Don’t Contradict The Facts”. Il brano non convince del tutto a livello creativo, ma imposta il lavoro su un livello ben definito: basi hard rock decisamente moderne e voci in arrivo direttamente dagli anni ’80. “In The Shadow Of A Crumbled Fort” non è da meno, anche se devo ammettere che, per quanto banale, la linea vocale cerca di scalare gli anni, facendo entrare “Descending Rabbit Holes” nel III millennio.
“Scratch The Surface” è decisamente un passo avanti ai brani precedenti, i Side Effects si lasciano alle spalle gli Iron Maiden, portandosi in zona Alter Bridge, ma non del tutto. I ritornelli rimangono maledettamente nostalgici, compensati da bridge in tempi dispari che aiutano l’ascolto. Mi sembra assurdo pensare come un solo individuo riesca ad essere assurdamente moderno nel suono ma incredibilmente poco innovativo nella voce. Un paradosso non da poco.
I Side Effects hanno del potenziale assurdo e una tecnica pazzesca. Il cantante ha dimostrato capacità vocali sicuramente invidiabili, ma a questo punto non sarebbe stato carino uscire dalla propria zona di comfort?
A seguire, “Colorblind” ricalca le strutture dei brani precedenti, ma a questo punto sarebbe sciocco non menzionare le capacita tecniche della band, decisamente spiccate specialmente nelle parti strumentali. Un passo dopo l’altro arriviamo alla ballata del disco, che porta il nome di “Don’t turn away”. Un pezzo decisamente godibile, come gli scorsi, ma che non spicca per originalità.
“Descending Rabbit Holes” procede verso la fine tra le note di “Diversion”, che intriga con il suo assolo in tapping, e “The Siren song” che con la distorsione del basso quasi strizza l’occhio ad un accenno di industrial metal, trasformandosi poi in una canzonetta da spot pubblicitario nel ritornello. Vedo gente allegra al parco giocare a pallone e bere limonata, tutti con dei bellissimi sorrisi. Meno male che nei ritornelli muoiono tutti perché erano insopportabili.
“Hideout” è la seconda ballata del disco. Piazzata bene in scaletta, aiuta a prepararsi ai poco più di sette minuti di “Obituary of Common Sense“, che ad ogni modo volano via abbastanza velocemente. Ci accompagnano con un bellissimo assolo dal non so che di epic a “Lint” e “Recoil”, gli ultimi due brani dell’album. Pur restando fedelmente incollati all’impronta del lavoro, sfortunatamente non lo chiudono con particolare memorabilità.
I Side Effects hanno del potenziale assurdo e una tecnica pazzesca. Il cantante ha dimostrato capacità vocali sicuramente invidiabili, ma a questo punto non sarebbe stato carino uscire dalla propria zona di comfort? Le carte in regola ci sono, le potenzialità anche. Ma alla quarta pubblicazione non hanno saputo dare lo sprint necessario, rischiando di fossilizzarsi su queste frequenze. È un peccato. “Descending Rabbit Holes” lascia l’amaro in bocca.
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SIDE EFFECTS
DESCENDING RABBIT HOLES
31 agosto 2018
ROCKSHOTS Records
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