Diamo il benvenuto su Music.it a Alexandra. Per rompere il ghiaccio raccontaci un aneddoto divertente o imbarazzante che ti è successo in studio o su un palco.
[Ride] Sono imbarazzata già da adesso! Allora mi è capitato di cadere, parecchie volte in realtà! Poco prima di salire sul palco, su quei quattro scalini prima di entrare mi è capitato di fare dei voli che ancora me li ricordo! Oppure durante le registrazioni mi è capitato di essere convinta di aver detto una parola e invece, riascoltandomi, mi accorgevo di averne detta un’altra. E poi di non riuscire a dire la parola corretta! Magari sono stata anche 20 minuti a cercare di capire perché dicessi una cosa invece dell’altra.
In “Fai parte di me” parli di bullismo, questo brano affronta il tema in prima persona. Credi che in Italia se ne parli e si faccia abbastanza?
Penso che quando ero piccola io si parlava un po’ meno di bullismo. Adesso anche i social stanno aiutando molto e danno una grande mano alle persone che vogliono parlare di questo problema e, soprattutto, danno una mano a chi non riesce a parlarne. È un problema che c’è ma occorre anche capire perché alcune persone prendono in giro gli altri; magari c’è anche un disagio da parte loro. Però secondo me la situazione sta migliorando.
In molti casi però, c’è molto di più dietro. Tipo un tessuto sociale poco compatto o gravi carenze culturali e familiari.
Sì, assolutamente. Io parlo di bullismo in prima persona, poi però quando si passa anche al razzismo e all’omofobia sono temi molto più grandi che tirano in ballo tante altre dinamiche. Il problema di fondo è che queste persone invece di essere curiose delle differenze, invece di capirle e di accettarle, preferiscono rifiutarle; e questo è profondamente sbagliato.
Credi che la musica e l’arte aiutino a raccontare certi temi?
Io penso che sia uno dei modi. Io riesco a comunicare meglio cantando, nel senso che essendo la cosa che mi riesce meglio io sono capace di farlo così. Vedo però che molte persone fanno iniziative, eventi, blog e via dicendo che parlano di questi temi e credo che ognuno abbia il suo modo di parlare di questi temi ed è bello così.
Oggi però sembra esserci una maggiore cognizione di causa sull’argomento, soprattutto da parte di genitori e insegnanti.
Io credo che andando avanti le nuove generazioni, che sono quelle che stanno lottando di più, riescano a dare il loro contributo per la causa. Credo che sia anche una questione di come una persona viene educata e delle persone che frequenta. Si pensa sempre che le nuove generazioni siano sempre più intelligenti rispetto a noi, però credo sia una questione di essere curiosi ed è proprio questa curiosità ad averci cambiati e ad aver alzato l’attenzione sull’argomento.
Nel video scorrono le immagini di te che gradualmente ti togli di dosso tutto “il superfluo”, dai vestiti al trucco. Un messaggio forte, soprattutto per il sorriso che viene subito dopo, che dimostra una sorta di liberazione. Quanto è stato liberatorio quel sorriso? E quanto c’è voluto per prendere coscienza della sua importanza?
Io posso parlare della mia storia ed essendo che ho avuto problemi di bullismo alle medie, per me ci sono voluti tanti anni. Penso che ognuno abbia i suoi tempi per riuscire ad accettarsi. Nel momento in cui se ne parla, ci si accetta per quello che siamo e si perdona anche chi ci ha fatto del male, penso quello sia il momento più bello. Accettare di essere così, unica al mondo, è la cosa più bella in assoluto.
Di cosa dovremmo liberarci tutti per poter vedere gli altri per come sono realmente?
Io penso che le persone debbano imparare a farsi un esame di coscienza. Penso che sia importante riuscire ad accettarsi e perdonare e a non passare mai dalla parte dei bulli.
Sembra però che in Italia siamo sempre leggermente indietro rispetto a questi temi. In America, ad esempio, ci sono i “crimini d’odio”, qui da noi ancora andiamo a rilento su certi temi. Come mai questa cosa?
Penso che sia un fattore politico. Non mi piace parlare di certe cose, ma noi siamo un paese dove molte cose ancora non sono accettate. È una cosa brutta ma è così. In America probabilmente su certi temi sono avanti perché è come se ci fosse una lotta continua, in Italia tendiamo un po’ a procrastinare su alcuni argomenti. Poi sarebbe un argomento davvero ampio e ci vorrebbero ore per parlare di tutto.
Questo brano vede la luce in periodo complesso. Tra Emergenza sanitaria e lockdown sono cambiati in peggio i piani di tutti. Come sta la tua musica?
Io e i miei colleghi di accademia e in generale tutti gli artisti abbiamo sempre bisogno di vedere gente e avere nuovi spunti artistici che, purtroppo in questo momento non si possono avere. Anche il semplice uscire e vedere persone è comunque un qualcosa che fa la sua parte. Io credo che questo periodo stia uccidendo le persone da un punto di vista anche psicologico. Non ci sono stimoli e non c’è nulla da fare e stando in casa tutto il giorno, per quanto uno possa avere stimoli e possa essere creativo, queste cose finiscono alla fine.
E la tua creatività come è uscita da questo periodo?
[Ride] Io sono entrata nella mia attuale etichetta discografica a giugno, quindi proprio a metà tra il primo e il secondo lockdown. Però, a parte tutta la questione del Covid, per me quest’anno è stato molto particolare perché ho fatto uscire due singoli e una cover e ho sfruttato ogni momento a disposizione per registrare e continuare a lavorare sulla mia musica. A parte nei momenti in cui stavamo a casa, per me quest’anno è stato relativamente buono. Poi vorrei cancellarlo comunque [ride] però per me quest’anno è stato abbastanza buono.
Secondo te che succederà dopo? Quale futuro per la musica e per i lavoratori dello spettacolo?
Io spero che il prossimo anno si potrà tornare alla vita normale e quindi a tornare a sentire e fare concerti, tornare a teatro e via dicendo. Io credo che appena questa situazione sarà finita ci saranno un sacco di eventi e si tornerà a fare un sacco di concerti e un sacco di eventi perché la musica non si ferma e in ogni caso, anche se rimaniamo a casa, la gente canta anche di più perché ha bisogno di sentirsi meglio. Quindi spero che il futuro sia tutto live perché ne abbiamo bisogno sia a livello lavorativo che a livello psicologico.
Durante il primo lockdown però le persone hanno cantato dai balconi. La musica non si è fermata ma, anzi, è entrata nelle case di tutti. Tu cosa ne pensi di questa cosa?
Io penso che in generale non esiste la questione del deve cantare chi sa cantare. Ci vuole, certo, passione, talento e via dicendo ma alla fine se una persona vuole cantare sul balcone che lo faccia. È la cosa più bella e unisce tutte le persone a prescindere dal talento. Noi cantiamo per far cantare gli altri, se una persona decide di cantare a squarciagola dal balcone io penso che sia una cosa bellissima e anche una liberazione. La musica deve unire le persone e deve far divertire e va benissimo così.
Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”. Che puoi dirci?
Oddio, questa è complicata [ride].
La domanda che mi faccio tutti i giorni della mia vita è: ne vale la pena? E io ti risponderò per sempre sì!