AMIANTO: "Sarebbe bello sorgessero laboratori sperimentali in ogni città"
Il trapper bresciano, Amianto
Il trapper bresciano, Amianto

AMIANTO: “Sarebbe bello sorgessero laboratori sperimentali in ogni città”

Diamo il benvenuto ad Ugo, voce e mente del progetto musicale “Amianto”, che con la sua “Dinamite” ci ha interessati non poco. Ciao Ugo! Cominciamo con il classicone di Music.it che vuol conoscere l’aneddoto che ti ha avvicinato alla musica. In particolare, sarebbe interessante capire come ti sei avvicinato alla trap! Ti va?

Diciamo che l’origine di tutto può ricondursi a un viaggio che feci circa due anni fa. Mi trovai in Francia per un corteo contro Le Pen. Era il periodo di contestazioni pre-elettoriali e salii con degli amici per partecipare a queste iniziative nella città di Marsiglia. Lì, mi accorsi che c’era parecchio fermento da questo punto di vista e questo fermento si respirava anche nei contesti militanti. Il solo osservare i giovani che attraversavano il corteo, il loro abbigliamento, la musica che si ascoltava dalle loro cassette. Tutto era riconducibile a una certa attitudine nei confronti di questa musica.

Parli della musica rap?

Anche della trap. Era la classica dinamica di ragazzi delle periferie, delle banlieue. Super “infottati”con questa roba della trap e che ne facevano quasi un vestito da portare, un simbolo. Era davvero molto percepibile, evidente. Questa roba qua m’aveva in un qualche modo affascinato e quindi un po’ per scommessa, un po’ per gioco s’è deciso di provare a farlo a Bologna. E a partire da qui, il progetto Amianto ha avuto modo d’inserirsi in un laboratorio nascente a Bologna che si chiamava “Hip Hop Squeeze”. Gestito da Dumbo Beat, all’interno di uno spazio sociale intorno all’area universitaria bolognese. Quindi tutto era legato alle iniziative del collettivo universitario autonomo di cui peraltro facevo parte. Così, a partire da questo contesto, ho conosciuto varie persone tra cui anche molti freestyler. Quindi mi è partito anche il trip di fare freestyle, di partecipare a delle battles e tutte queste robe qui.

Ora però vivi a Roma, giusto?

Sì, infatti. Quando mi sono trasferito a Roma, ho trovato una realtà molto simile, molto più radicata anche – perché esiste da molto più tempo – e che si chiama “Sovverti la Metropoli”. Un laboratorio di hip hop dentro il progetto “De Lollis Underground” e “AudioLab” che riunisce varie figure che provano, attraverso la trap, a fare un discorso che sia qualcosa di non allineato ai contenuti mainstream, ma che a partire dalle proprie esperienze di vita – anche diverse – riesca a produrre una serie di discorsi che superino gli stereotipi a cui la gente pensa quando si fa riferimento alla trap. Che poi, in termini tecnici e al di là della questione sottoculturale, è soltanto un ritmo diverso dall’hip hop e su cui comunque si può dire tutto quanto.

Facendo un passo indietro: prima di andare a Marsiglia e capire che anche tu potevi trovare una possibilità di dire qualcosa attraverso la musica trap, cosa facevi?

(ride) Prima facevo punk. In verità, quando sono arrivato a Bologna avevo già smesso. Cantavo in quel gruppo, ma eravamo ragazzini. Ho in mente questa immagine, te la racconto: mi trovo su una spiaggia con questi tre amici e per sbaglio mi viene una rima guardando la sabbia: «castelli di sabbia/ no, castelli di rabbia». Dico ai miei amici che adesso che vado a Bologna mi metto a fare la trap. Così, per scherzare. E uno dei miei amici mi risponde che dico ca****e, che sono un co*****e. Così, questa è stata la scommessa. E mi piace, in realtà, comunicare così. Sarà perché non so cantare e allora faccio quello che ho scoperto di saper fare! Mi piacerebbe farlo in altre forme, il problema a monte è che non ci sono le skills. (ride)

Partendo da questa dichiarazione, ti giro la domanda e ti chiedo: potrebbe essere la trap, per te, un solo vestito? E inoltre, cosa credi che sia, oltre a un ritmo diverso, la musica trap?

Dunque, c’è un livello di dibattito piuttosto ampio a riguardo. Se ne parla anche all’interno delle realtà che frequento, che si interrogano in ambito di movimento rispetto a questa nuova ondata. Molte volte ci siamo trovati anche a discuterne. La mia opinione è che innanzitutto la riluttanza che hanno le persone legate al nostro mondo militante, è qualcosa che si è visto parecchio e che seguita ad esistere. Sicuramente, un primo approccio ai contenuti veicolati sul mainstream da questo mondo qua non è propriamente segno d’espressione immediata di questioni legate ai movimenti, anzi si può dire che sono pieni di contraddizioni. C’è il sessismo innanzitutto, ma tutta una serie di cose problematiche. Però, giustamente, è necessario fare un passo indietro.

Per capirli meglio?

Sì, per capire da dove vengono questi contenuti e queste contraddizioni. Il ragionamento che si fa a monte è che quando l’hip hop o qualsiasi altra sottocultura che negli spazi sociali ha trovato ampia diffusione negli anni ’80, aveva dietro proprio questa esperienza qui: una espressione e diffusione legate a questo mondo anche per la forza particolare che le controculture hanno avuto negli anni ’80, forze che si esprimevano anche attraverso le vertenze sugli spazi. Diciamo che il “centrosocialismo” e questa musica a un certo punto sono diventate due cose imprescindibili. La trap invece non nasce in questi contesti qua. Nasce piuttosto dentro un contesto già di sussunzione totale del capitale. La trap nasce come prodotto di mercato che viene messo al consumo da parte di un’etichetta che prende questa persona, la mette lì e fa fare sta roba qua. Non esiste una storia legata alla controcultura.

Decisamente.

La risposta che ci dovremmo dare, a partire da una situazione di questo tipo è: “allora facciamo sì che esista!” Dal momento che questa roba è totalmente in pasto a delle robe che per noi sono inaccettabili e che pure l’hanno resa un fenomeno di massa così grande, perché non provare a starci dentro anche noi e soprattutto non provare a dare spazio. Anche perché dei tratti positivi, pure dei contenuti mainstream che passa la trap, secondo me, ce ne sono tantissimi. Ad esempio Ghali con il tema dell’immigrazione, oppure semplicemente questa storia del dire “voglio tutti i soldi”: secondo me è una cosa estremamente normale. La nostra generazione vive nella precarietà più assoluta, abbiamo delle prospettive che non durano nemmeno un anno. Io non ho idea di cosa farò tra un anno, dove lavorerò. In un contesto simile è assolutamente normale che la gente ragioni in quest’ottica. È un’aspirazione che effettivamente non è incompatibile con quello che diciamo noi. Anche noi vogliamo tutto. Questa cosa qui esiste ed è qualcosa di molto interessante.

Cosa, esattamente?

Se un’intera generazione dice questa cosa qui, ignorarla “solo” perché viene detta con tutte le contraddizioni del caso o attraverso ciò che non ci piace o una sonorità che ci piaceva come quella degli anni ’80, secondo me è una follia. Anzi, bisognerebbe capirla, approfondirla e soprattutto, provare a dare elementi di politicità ad un istinto che questa generazione, vuoi o non vuoi, sta esprimendo.

A tal proposito, parliamo di “Dinamite”: Un pezzo politico, in cui parli chiaramente dell’ingiustizia sociale, degli abusi in divisa. Argomenti di cui la gente comune, che non milita attivamente, se pure non ignora le vicende, di certo non ne parla. Che mi dici?

In quanto alle sonorità, diciamo che ha un ritmo reggaeton, un po’ cupo e triste, ma niente di esaltante, non troppo trap, si può dire. Partirei dicendo che credo che il limite più grosso che ha questo pezzo qui è proprio quello di essere un pezzo scritto da un compagno per i compagni, e punto. E che sia totalmente indecifrabile, probabilmente – e anche in termini di lessico – da qualsiasi persona che non si senta addosso “l’etichetta di compagno”. Questo è qualcosa che vorrei superare, però essendo una delle mie prime tracce – è la terza che abbia mai scritto – ho deciso di fare una cosa che mi desse subito confidenza coi miei mondi e quelli che attraverso. Insomma, qualcosa con cui mi sentissi a mio agio. Ora la scommessa sarà proprio quella di superare questo limite.

Ci stai già lavorando?

Sì. Proprio questa settimana uscirà un pezzo su Mario Balotelli che è andato al Brescia. In tutta la sua carriera, ma soprattutto nella sua espressione più grande – penso ai mondiali con la Germania – Balotelli ha subito tantissimi insulti razzisti. Io, giocando d’ironia, in una forma totalmente trap e quindi piena d’autotune, ho provato a giocare su questa cosa anche lanciando una “presa a bene”. Visto che sono bresciano e tifo Brescia, magari con Balotelli il Brescia si salva. (ride). Tornando a “Dinamite”, beh, è una narrazione che tiene insieme un sacco di cose. Prova ad aggredire delle retoriche che sono circolate parecchio, come quella delle “mele marce”. Io credo nell’acronimo a.c.a.b perché è uno sguardo sì cinico , ma perché vede la polizia come organo di repressione in senso stretto e che quindi si colloca all’interno della società in una certa posizione e al tempo stesso, rispetto alla povertà – perché banalmente sono quelli i luoghi in cui si generano contraddizioni– la presenza poliziesca si traduce molto spesso in tragedie incredibili come quelle che denuncio.

Paolo Scaroni, Carlo Giuliani, Lorenzo Orsetti, Stefano Cucchi e Davide Bifolco.

Sì. Ho cercato di radunare una serie di cose che secondo me danno un impatto emotivo particolare perché si parla di gente che è morta. Nel caso di Paolo, di una vita rovinata: è rimasto invalido al 100 per cento. Radunarle tutte assieme per provare a sviluppare una successione di pensieri che possano stimolare la sensibilità delle persone. Sono tutte esperienze estremamente tragiche. Infatti, “Dinamite” nel senso che i luoghi in cui si sviluppa il dibattito pubblico – la Tv, ma anche i social – non danno minimamente spazio a queste cose qui. E le opinioni che si sentono fungono come dinamite ma non raccontano la verità. Pensa a Stefano Cucchi: prima che il carabiniere parlasse, la gente stava sulle nuvole, il film forse ha fatto un gran lavoro in tal senso.

Torna il limite di cui parlavi. Prima di “Dinamite”, mi dicevi di aver composto altri due pezzi. Credi ci sia stata un’evoluzione e se sì, cosa è chi è che ti ha ispirato dal principio?

Diciamo che il rap l’ho sempre ascoltato. Ho anche una frase degli Assalti Frontali tatuata – un occhio all’immediato, uno all’infinito – Quel tipo di scrittura m’è sempre piaciuta e poi, diciamolo, è lo stesso concetto di scrittura della trap: magari la trap è un po’ più canticchiata, ma di base devi fare rime. Sulla trap, tendenzialmente mi piace anche quella mainstream, chi più, chi meno. Non sono riferimenti, non lo direi. In effetti, non credo di averne, sai? Li ascolto, ma non so rintracciarli. Sicuramente esiste, una scopiazzata inconscia ci sarà certamente stata. Per la mia crescita, sono stati importanti gli Assalti Frontali, i Colle der Fomento, ma anche roba meno conosciuta, come Signor K, rapper militante di Bergamo. Quando ero più piccolo poi, ascoltavo solo musica militante.

La ascolti ancora?

Non vorrei dirlo, ma non mi viene più da farlo. Sto pensando che a me piace molto la trap francese, più dell’italiana. Magari perché non so i testi (ride). In verità, no, anche loro scrivono robe sessiste. Poi, tutti con questa cosa di voler fare i gangsta a tutti i costi. Anche questo lascia il tempo che trova.

Perché secondo te, esiste e resiste questo immaginario nella musica rap e che pare essere il solo abbracciato dalla trap?

Non saprei. Tempo fa leggevo un post su un gruppo in cui un tipo si chiedeva il perché ascoltassimo robe gangsta quando nessuno di noi ha quel tipo di vita. Secondo me, è perché comunque produce una certa fascinazione. È come, che so, se guardi “Arancia Meccanica” e chiaramente non vuoi essere associato a quei comportamenti, però il gruppo in curva lo chiami “Drughi” lo stesso. Non c’entra niente, però era per fare un esempio. Anche lo scimmiottare quella roba lì fa tanto. In molti lo fanno. Anche Sfera Ebbasta, alla fine è di buona famiglia. Solo che ha sfondato con quell’immaginario – che peraltro adesso ha anche strasuperato . Non lo so, sono forme di vita che producono una certa fascinazione, quindi ci sta. Poi, a me non importa nulla di questo.

Sul freestyle, invece, che mi dici?

Beh, a livello evolutivo, il freestyle mi ha aiutato parecchio. Pigliarsi bene col freestyle è stato importantissimo. Sia per aumentare la proprietà lessicale, sia per capire bene come si compone. Poi, io non credo di scrivere bene, ma questa è un’altra cosa.

Perché?

Perché la mia è una scrittura semplice. Seppure efficace, ma semplice. Però, ti dicevo, il freestyle mi ha fatto capire come funzionano delle cose che nella scrittura rap vanno rispettate, come gli incastri, la composizione delle parole. Esistono vari modi: c’è l’extra beat, la metrica e una serie di cose che sicuramente danno più fluidità al tutto, anche se non si colgono. In “Dinamite” non c’è niente, però mi piacerebbe in futuro scrivere coi giochi di parole o cose più complesse. Poi, io tendo a stufarmi dei pezzi che scrivo. Nel senso, una volta che li ho scritti, quasi li toglierei. Periodicamente, l’ho anche fatto. Poi, è una stupidata, però posso dire di essere in evoluzione. Sono contento di come è iniziata la cosa, però ci sono gli stimoli per migliorare da tutti i punti di vista. Anche per i contenuti, come dicevo, vorrei uscire un po’ “dal giro”.

Raccontami del prossimo pezzo, quello su Balotelli e un po’ dei tuoi progetti futuri, anche rispetto al collettivo in cui ti trovi adesso.

Beh, come dicevo il pezzo uscirà questi giorni. Alla fine, sarà politico anche questo perché sfotte i leghisti e fondamentalmente l’obiettivo è far rosicare i nazi-bresciani, che sono tantissimi. Anche di quelli che vanno allo stadio, ce ne sono tantissimi. Poi, l’idea è di renderla anche più digeribile come sonorità. “Dinamite” sembra quasi un comunicato, questa invece è più allegra, decisamente. Poi, nel laboratorio, siamo un collettivo che si muove assieme. È interessante perché c’è un po’ di tutto: dal rapper romano, classico, coatto, cattivo a quello magari più trapposo, moderno, a quello più esoterico. Cose diverse che trovano una sintesi col fatto che ci si trova insieme in uno stesso spazio. Inoltre,nei prossimi mesi uscirà una tape di Sovverti la Metropoli e io do il mio contributo con una traccia che ho già scritto assieme a un ragazzo di nome Exa MdK e che si chiama “Diritto all’odio”.

Un progetto ufficiale insomma.

Non ancora, però credo uscirà per Dicembre e di sicuro faremo delle presentazioni in giro. Invece di imminente, c’è questo video che è stato girato a Brescia da una compagna del “Magazzino”, quindi super autogestito. È su Balotelli perché Balotelli è un personaggio molto stravagante. Considera che a Napoli ha dato duemila euro a un tipo chiedendogli di buttarsi col motorino, Quello l’ha fatto e s’è preso i soldi. Insomma, è un pazzo furioso che però spacca a giocare a pallone. E questa cosa ha suscitato parecchi nervosismi tra i tifosi più destrosi di tutta Italia, considerando che ha giocato anche in Nazionale. Adesso che è arrivato a Brescia immagino ci saranno un sacco di  persone prese a male, che già sul web hanno iniziato a fare commenti idioti. Quindi, simpaticamente, voglio toccare il tema del razzismo. A differenza della marzialità di “Dinamite”, questo è un pezzo più tranquillo. Poi, io non lo so dove voglio andare a parare, non mi è ancora chiaro.

Sei in fase di sperimentazione, diciamo.

Esatto. Devo trovare una via e appena la trovo, provo a percorrerla. Non so, a me i cosiddetti “pipponi” tristi piacciono, però mi riescono anche le cose allegre! Vedremo. Poi, in questo pezzo qui ci sarà una parte in dialetto bresciano, anche se sono una spugna con gli accenti, io parlo dialetto bresciano. Non sono nemmeno sicuro di restare qui, anche se in verità quasi devo, perché il collettivo è importante per me. È qualcosa che non c’è da altre parti, almeno per il momento. Sarebbe bello nascessero laboratori sperimentali in ogni città, però per adesso c’è Sovverti la Metropoli che è veramente una roba fica! Sto facendo anche altre collaborazioni e mi piace. Poi, spero che nel 2020 possa uscire un mio disco da portare in giro. Con calma!

Dimmi cinque dischi che ti hanno formato.
  1. “Banditi” – Assalti Frontali
  2. “Strade Smarrite” – Bull Brigade
  3. “Eldorado” – Le Scimmie
  4. “Dans la Legende” – PNL
  5. “SxM” – Sangue Misto

Mi sta venendo in mente adesso che tra i riferimenti avrei potuto citare i freestyle del Danno. Le battles, il 2theBeat. Che a pensarci, per quanto sia una cosa quasi sacra, ora è una cosa estremamente superata. Ora le battles sono cambiate. Prima era freestyle purissimo, andavano di flussi e completamente sul momento. Adesso, devi cacciare una roba fica ogni quattro quarti altrimenti hai già perso. Una volta Don Diegoh disse: «Grandi a tutti, so che devo giudicarvi, ma so anche che mi battereste subito!» Ora è proprio diverso.

Tu hai mai fatto battles?

Sì, ma le ho sempre perse. Solo una volta sono arrivato in finale, ma non ho mai vinto. Serve allenarsi. Ed io il martedì sera vado a Monte Porzio dove c’è una palestra di freestyle promossa da alcuni ragazzi e rapper romani. Ci si allena per i contest ed è una roba fichissima. Si chiama il “Dojo”.

Abbiamo finito. Prima di salutarti, ti chiedo di lanciare una dinamite ai nostri lettori su queste righe bianche che lascio per te. A presto!

Se non avete niente da fare in settimana, beccatevi il “Super Mario Balotelli Freestyle!” Spero vi garbi!