Andrea Cassetta ci parla del suo progetto Dove I Pesci Affogano.
Andrea Cassetta ci parla del suo progetto Dove I Pesci Affogano.

ANDREA CASSETTA: “L’arte è una forma di immortalità”

Benvenuto Andrea. Sei nato sotto il segno dei pesci, e uno dei tuo progetti si chiama Dove I Pesci Affogano. Pensi che l’appartenenza ai segni d’acqua, sensibili e introspettivi per definizione, ti abbia aiutato in questo tuo percorso?

Ciao Matteo, credo che la sensibilità sia fondamentale per un artista: ti fa percepire il mondo che ti circonda in modo più intenso, facendo cogliere le sfumature a volte nascoste a degli occhi distratti. Ma se da un lato esalta la bellezza, dall’altro può farci cadere negli abissi più bui, è un’arma a doppio taglio che può causare in certe circostanze delle ferite molto profonde. La musica per me è una valvola di sfogo, mi permette di esorcizzare le mie insicurezze e di rialzarmi dopo ogni caduta. È stata una costante che mi ha accompagnato fin da bambino, senza la musica la mia vita non avrebbe senso.

Quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente ispirato ed aiutato ad alimentare questa tua passione? Influenze contemporanee da suggerire?

Ci sono molti artisti che mi hanno influenzato. I più importanti sono sicuramente Jim Morrison, Kurt Cobain, Jeff Buckley, Michael Stipe. Nella mia adolescenza ero praticamente perso per i Nirvana. Trovavo i testi di Cobain molto affini al mio modo di vedere le cose. È un peccato che sia finita così, avrebbe potuto dare ancora molto. Influenze contemporanee è difficile, oggigiorno si cerca il successo a tutti i costi più che proporre qualcosa di onesto e sentito, non c’è più quell’urgenza di comunicare qualcosa.

Di lavoro alle spalle ne hai parecchio, ma vorrei soffermarmi un attimo sul tuo progetto Dove I Pesci Affogano. Criptico e violento, che lascia un vuoto dentro a chi sa leggere tra le righe. Da cosa nasce questa idea? Pensi che l’unire musica e cortometraggio abbia centrato il segno?

Dunque devo fare una premessa: venivo da un album autoprodotto e un genere musicale diverso, anche se i testi sono sempre stati autobiografici e intimi. Poi ho attraversato un periodo di stallo in cui non stavo più bene nei miei panni e cosi ho deciso di sciogliere la band e di non esibirmi più. Ero anche in dubbio sul fatto di continuare a fare musica o meno, ma come ho detto sopra, senza la musica la mia vita non avrebbe senso. Quindi dopo un paio di anni mi sono reinventato usando lo pseudonimo Dove I Pesci Affogano, creando questa unione tra musica e cinema. Ho realizzato i primi due capitoli in totale autonomia, comprese le sceneggiature del corto, scrivendo, arrangiando e suonando tutti gli strumenti da solo, sovraincidendoli uno per volta. Pertanto considero questo progetto come un figlio. Volevo fortificare il messaggio dei brani con delle immagini d’impatto per trascinare nel mio mondo lo spettatore, non curandomi del fatto di essere capito o meno. Praticamente ho buttato fuori tutta l’insofferenza che avevo in quel periodo sia nei brani che nei video, il mio intento era scavare dentro, capire da dove nascevano quei sentimenti.

Dai tuoi video mi è parso di vedere un ingente uso di simbolismi vari: maschere, numeri, colori. Se “Matrix” mi ha insegnato qualcosa, è che devo stare attento alla ragazza col vestito rosso. Non pensi che per molti potrebbe essere difficile comprendere appieno? E cosa si cela dietro al 313, numero molto ricorrente in entrambi i capitoli?

Sì, i cortometraggi sono volutamente molto criptici. Racconto la mia vita in chiave simbolica e metaforica mettendo a nudo la mia persona, come raffigura la copertina di “Capitolo 2: L’inconscio”. Provo a esorcizzare le mie paure e insicurezze ricreando quelle atmosfere surreali col quale l’inconscio ce le rappresenta durante la vita onirica. Mi piace che lo spettatore trovi la sua chiave di lettura, magari cucendola sulla propria persona e sulle proprie esperienze. Nessuna interpretazione è giusta o sbagliata, ci sono solo diversi punti di vista da cui è possibile guardare l’opera e trarne le proprie conclusioni. È chiaro che chi ha un background e una sensibilità affine alla mia comprenda meglio il mio messaggio. Come hai anticipato ci sono molti messaggi subliminali sia visivi che audio. Diciamo che è il marchio di fabbrica delle mie opere. Già nel mio primo album “Vorrei essere come te” avevo inserito nel booklet un messaggio nascosto che andava decifrato, qualcuno c’è riuscito ma sono stati veramente pochi. Tornando al corto, il numero 313 significa diverse cose e forse a conclusione dell’opera lo svelerò. Mi piacerebbe sapere la tua interpretazione dei cortometraggi.

Sarà un piacere per me parlartene e un giorno lo faremo! C’è un brano a cui tieni particolarmente e del quale sei fiero?

Ce ne sono diversi ma due su tutti: “Le rive della desolazione” estratto da “Capitolo 1: L’abisso” e “Sabbie mobili” estratto da “Capitolo 2: L’inconscio”. Sono molto soddisfatto dei testi e degli arrangiamenti che ho scritto, scorrono in modo naturale e armonioso.

Le tematiche affrontate, quindi, toccano nel profondo l’inconscio di noi tutti ascoltatori. Stai lavorando al terzo capitolo? Vedremo i nodi delle tue analisi venire al pettine?

Al momento sto lavorando alla scrittura dei brani ed ho già qualche idea per il cortometraggio, ma sono ancora in fase embrionale. Come nei precedenti capitoli, mi occuperò della scrittura delle musiche, dei testi e delle sceneggiature, mentre per quanto riguarda l’arrangiamento di basso e batteria collaborerò con altri artisti che mi accompagneranno per la promozione live. Intanto potete guardare “Capitolo 1: L‘abisso” e “Capitolo 2: L’inconscio” sul canale Youtube. Dal primo al secondo capitolo mi sono preso quattro anni di tempo. Non mi fisso scadenze, voglio che esca esattamente quello che ho in testa, e questo a volte richiede molto tempo e tanti tentativi. Non so se alla fine ci saranno le conclusioni della mia analisi. Quello che sto cercando di fare è lasciare una traccia della mia piccola esistenza, raccontando il modo in cui ho percepito il mondo in quel determinato periodo della mia vita. Alla fine l’arte è una forma di immortalità, ed è questo che mi affascina.

Hai avuto modo di conoscere Piero Pelù e lui stesso ha reputato estremamente valido il tuo operato. Come ti sei sentito in quel momento? Ti ha spinto a fare meglio l’elogio di un artista di quel calibro?

Piero è una grande persona oltre che un pezzo di storia del rock italiano. Non è da tutti aiutare un progetto sconosciuto come il mio, l’ho trovato un gesto davvero altruista e gliene sarò eternamente riconoscente. Mi piacerebbe un giorno collaborare con lui. Chissà, a volte i sogni si realizzano.

Parallelamente stai portando avanti anche un altro progetto, in lingua inglese. Puoi anticipare qualcosa?

Sì, sto ultimando un disco che uscirà entro l’estate. È un album misto, ci saranno pezzi in italiano e pezzi in inglese, brani rock e brani acustici, i testi tratteranno tematiche sociali e personali. Diciamo che in questo progetto ci sono le varie sfaccettature della mia personalità e credo lo si potrà percepire dal sound molto diverso da brano a brano.

Vorrei chiederti di dare un consiglio ai nostri lettori: cosa pensi si debba fare, in questo periodo storico, per evitare di affogare? Cosa condanni? Cosa fare per migliorarsi?

Oddio, non credo di essere all’altezza di dare un consiglio di questo calibro. Ognuno trova la sua via per non affogare. Io l’ho trovata nella musica e nelle arti visive, c’è chi magari la trova andando in palestra, leggendo un libro, e così via. Quello che posso dire è che il tempo non va sprecato perché passa in fretta e non torna più indietro. Fate quello che vi rende felici e rispettate la libertà altrui.
Di cose che mi fanno incazzare e che condanno ce ne sono tante. Condanno l’ignoranza, l’intolleranza e la maleducazione, chi non rispetta la libertà degli altri, chi giudica senza sapere. Condanno l’arroganza e la prepotenza dilagante, quella smania di violenza che prende sempre più piede. Ma soprattutto condanno le droghe. Posso dire che sono soltanto una perdita di tempo e non fanno altro che peggiorare la propria situazione di disagio. Trovate altre vie ragazzi, perché quel tempo perso è andato per sempre.
Non sono un santo, anche io ho fatto tanti sbagli. L’importante è capirlo e cercare di non ripeterli. Credo sia il giusto modo per migliorarsi.

Il nostro viaggio termina qui, per oggi. Le ultime righe sono per te!

Ti ringrazio per lo spazio, le tue domande sono state molto stimolanti.
Sul mio sito web potete trovare anche i Video Diari: dei brevissimi cortometraggi di un minuto, uno spaccato sul mio quotidiano in chiave “cinematografica-poetica”. Un saluto a tutti i lettori, restate a galla!

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