Ciao Angelo Cicchetti, benvenuto su Music.it! Diamo inizio a questa intervista con un tuo ricordo: racconta ai lettori un aneddoto legato alla tua carriera musicale, meglio se strano e imbarazzante, che non dimenticherai mai!
Ok, a 15 anni durante uno dei miei primi live con la mia rock band dal nome Burnouts cercavo disperatamente di far colpo su una ragazza per la quale avevo una cotta pazzesca. Ero solito saltare come un matto con la mia chitarra. Bene, durante il live i nostri sguardi si incrociarono mentre cantavo “She” dei Green Day e per impressionarla saltai come al solito con il mio strumento ma al momento dell’atterraggio la fascia della chitarra mi abbandonò facendo cascare lo strumento a terra, scatenando anche l’ilarità del pubblico: fu un vero e proprio epic fail. Quella sera oltre a fare una figuraccia con la ragazza mi abbandonò anche la mia Squier Stratocaster. Un consiglio, abbiate sempre cura del vostro strumento e della vostra fascia. Ah già, poi riuscii ad avere il suo numero di cellulare ma niente di più.
Quando hai maturato l’idea di voler fare musica? Coltivi anche altre passioni?
A 14 anni mi sono avvicinato alla musica per gioco e curiosità perché coinvolto a cantare in una rock band e spontaneamente mi sono accorto subito che sentivo la necessità di scrivere mie canzoni. Insieme alla musica il cinema è per me una componente fondamentale alla quale non posso proprio rinunciare. Mi piacciono anche i videogames e sì, sono un po’ nerd. Negli ultimi tempi invece ho finalmente cominciato a praticare equitazione, perché è un’attività che mi mette in comunione con la natura e gli animali. La adoro.
Quali sono gli album che ti hanno cambiato la vita e perché?
“Appetite for Destruction” dei Guns N’ Roses, “Bon Jovi” di Bon Jovi, “Dookie” dei Green Day, e “Enema of the State” dei Blink-182; diciamo che questi primi quattro album appartengono a una mia fase punk/rock che credo mi abbia dato quella giusta grinta che serve per calcare il palco. “Desire” di Bob Dylan, “L’indiano” di Fabrizio De André, “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla, “Rimmel” di Francesco De Gregori e “…Squérez?” dei Lunapop: questi cinque, invece, mi hanno segnato e fatto avvicinare al cantautorato in generale. Infine, “We Sing. We Dance. We Steal Things.” di Jason Mraz, “Plus” di Ed Sheeran e “O” di Damien Rice sono stati per me davvero illuminanti sul sound in generale e sulla mia concezione di fare musica.
Quando scrivi la tua musica? C’è un momento della giornata o un luogo particolare che prediligi per scrivere?
Amo scrivere la sera, con poca luce in stanza e quando possibile all’aperto. Fondamentalmente però non c’è un come e quando perché la bella melodia o l’idea per un buon testo arriva quando meno te lo aspetti e devi esser pronto tu a cogliere l’attimo.
Parliamo del nuovo singolo uscito il 4 maggio: perché la scelta del brano “Little Heaven” per anticipare la pubblicazione del tuo primo album.
Perché questo brano ha significato per me un passo in avanti nella scrittura, cioè ha fatto da spartiacque tra ciò che scrivevo e una scrittura più matura; poi per il suo significato, per me universale, che contiene il testo, vale a dire il piccolo paradiso che ognuno di noi porta con sé e che dà senso alle nostre giornate.
Quando nasce l’amicizia con Maurizio Bernacchia e in che modo avete e state collaborando?
Nel 2016 ho vinto una borsa di studio per il corso di compositori al CET (scuola musicale di Mogol) e lì è nata una bella amicizia e collaborazione con Maurizio Bernacchia con il quale abbiamo cominciato a scrivere canzoni insieme. Fondamentalmente io scrivo musica e lui scrive i testi e ci troviamo molto bene a lavorare insieme anche perché spesso siamo in sintonia su diversi temi, altrimenti sarebbe difficile poter collaborare.
In questo disco c’è un brano a cui ti senti particolarmente legato? Perché?
Sicuramente “Tutto se ne va” perché rappresenta qualcosa che musicalmente è molto innovativo a mio parere e mi ha regalato tante soddisfazioni come arrivare primo classificato al Premio Poggio Bustone 2018.
Da artista e ragazzo sensibile, quanto pensi sia importante oggi fare musica in un momento come quello che stiamo vivendo?
Credo sia vitale ed essenziale e non parlo solo della musica ma di tutte le arti in generale perché sono quelle che ci permettono di dare senso alle nostre giornate. Se non ci fosse arte penso sarebbe la fine.
Angelo Cicchetti, siamo arrivati ai saluti, ma il finale spetta a te. Saluta i nostri lettori con una citazione o, se preferisci, con una frase tratta dalle tue canzoni! Grazie per il tempo che ci hai dedicato e a presto!!!
Ok, grazie a voi. Vi saluto con questa frase tratta da un mio brano “Super Bowl”: «Non è poi strano se pensi di essere un marziano, stai bene con te per quello che c’è». Con l’augurio che si torni alla normalità il prima possibile, vi abbraccio tutti.