Un ricordo che invade la mente legato alla nostalgia dei momenti passati si trasformano in un eterno tormento, un buco nero che necessita di essere colmato. Era il 18 aprile quando uscì “Annie”, il nuovo album di Phomea, dalle tinte oscure e sfumature dense di energia. Phomea è un progetto solista di Fabio Pocci, già membro di S.U.S. e Sparflatz, che ha deciso di tornare dopo l’ep pubblicato nel 2012 “La stessa condizione”. Tornare per poter condividere ciò che non può più nascondere, quella fessura così profonda tanto da essere inguaribile.
“Annie” è un minuzioso lavoro creato interamente dal cantautore: dalla scrittura dei brani, alla registrazione dei singoli strumenti fino agli arrangiamenti. Un album nato da una forte mancanza, come quella di una madre, una grave perdita che la mente non riesce a superare. L’album conta di undici canzoni dal sapore agrodolce. “Annie” e “Don’t look back”, primo e ultimo brano, gli unici del disco ad essere in inglese; sembrano voler essere la porta di accesso e di fuoriuscita dalla oscurità interiore di Phomea.
Phomea torna con “Annie” per poter condividere quella fessura tanto profonda quanto inguaribile
La profonda e sentita voce del cantautore si sovrappone ad un’atmosfera rassegnata. In realtà è solo un’apparenza, una breve attesa che ritarda l’esplosione. Questo è ciò che avviene per esempio in “Solo aria”, dove fuoriesce tutta la rabbia di chi vuole fuggire dalla prigione della propria mente.
La presenza di Annie Denise Couture, a cui è stato dedicato l’album, si percepisce in ogni angolo del disco. In “Non ho memoria” il ricordo della madre è tanto più presente quanto più Phomea cerca di dimenticare.
La sincerità dei testi attraverso sonorità malinconiche e viscerali dell’indie rock anni ‘90 arriva dritta nel cuore di chi ascolta. Impossibile non essere trapassati dai forti sentimenti provati dal cantautore. “Annie” è un album che non basta ascoltare, ma che richiede di essere letto e analizzato. In questo caso, dove non arriva la musica, arrivano le parole, la loro tagliente e leggera verità. La musica non è solo condivisione ma espressione di sé e liberazione di sentite emozioni. Un grido esasperato quello di Phomea, ma non tutto è perduto: «È qui che inizia la fine e porta con sé forse un’altra vita».