Diamo il benvenuto su Music.it a Eicca Toppinen, fondatore degli Apocalyptica. Otto album in studio e uno in uscita, un album dal vivo, due raccolte e una colonna sonora solo con la band. Parleremo di queste cose durante l’intervista. Ma prima… Come ti senti oggi? Hai realizzato tutti i tuoi sogni?
Non sono mai stato un grande sognatore. Sono sempre stato una di quelle persone con i piedi per terra. Non sognavo nulla di particolare. Ma se penso a tutto quello che è successo, direi che sto vivendo una vita di cui sono davvero soddisfatto. In un certo senso, i miei sogni si sono realizzati.
Cosa pensavi a quando avete messo su gli Apocalyptica?
Non ho mai pensato di fare una lunga carriera con la band, soprattutto agli inizi, con il primo album. Non avevamo piani per il futuro. Con il secondo album è successo lo stesso, non sapevamo cosa sarebbe successo dopo. E così per quelli a venire. Con ogni lavoro ci siamo solo focalizzati su fare ciò che ci piaceva e che pensavamo fosse giusto per il momento. Guardando indietro, è stato il modo migliore di affrontare tutto. Insomma, siamo ancora qua, e siamo riusciti a rimanere molto motivati.
Qual è il segreto?
Continuiamo a essere affamati di nuove scoperte, ci piace fare nuove esperienze. Cerchiamo di fare ogni volta un lavoro diverso e migliore del precedente. Forse è per questo che abbiamo raggiunto tanti risultati negli anni. Insomma, non sarà la coronazione di un sogno, ma è la vita che ho vissuto, e l’ho fatto nel migliore dei modi. Ed è bello essere seduti qui, a parlarne con te. Tutto va per il verso giusto.
Gli Apocalyptica sono stati rivoluzionari per la scena metal. Non avrete certo inventato il symphonic metal, ma non si vedevano certo tutti i giorni 4 violoncellisti suonare come una vera band heavy.
Ti ringrazio per averci dato dei rivoluzionari! Suonavamo il violoncello e studiavamo musica classica, ma eravamo metallari. Così abbiamo semplicemente iniziato a seguire la nostra passione. Quello che ha reso gli Apocalyptica diversi dagli altri artisti crossover non era tanto il fatto di mescolare i generi. Semplicemente non eravamo musicisti classici che cercavano di fare metal. Eravamo metallari, che facevano metal, ma con strumenti classici. Questo è ciò che ci ha fatto emergere. La nostra passione era vera. Non fingevamo. Non lo facevamo perché era di moda.
E la differenza si sentiva, si sente tuttora.
Mi viene il nervoso quando sento alcuni artisti che fanno crossover. Mi infastidisco quando si sente che non sono genuini. Si capisce se una cosa ti viene da dentro o no, se è reale e onesta. Se un musicista classico suona metal, si percepisce subito se ama davvero quella musica. A noi piaceva f*ttutamente quel tipo di musica! Forse la rivoluzione è stata questa. Quando la gente veniva ad ascoltare i nostri primi concerti, vedeva quell’intensità e l’energia che ci mettevamo, rimaneva meravigliata. E penso che succederà anche con il nuovo album. Ci siamo donati totalmente a questo lavoro, come facciamo sempre. E penso che gli ascoltatori, anche questa volta, lo noteranno. Le persone che sentono la nostra musica provano le stesse emozioni che proviamo quando la suoniamo. Trasferiamo a loro le nostre emozioni, i nostri sentimenti.
Ha influito anche il periodo storico in cui siete usciti?
La metà degli anni ’90, quando abbiamo iniziato, era il momento perfetto per uscire. Se fossimo usciti oggi, probabilmente non avremmo avuto successo nel mondo moderno. Ma siamo cresciuti tanto rispetto agli esordi, e per questo siamo ancora capaci di rimanere a galla e combattere per i nostri spazi.
Ascoltando “Cell-0”, il vostro nuovo album, ho avuto l’impressione di ritrovare i vecchi Apocalyptica, ma più forti, con un nuovo approccio alla composizione, ma fedeli allo zoccolo duro di fan della prima ora.
Volevamo tornare alle nostre radici. Dopo il tour per i 20 anni di “Plays Metallica by Four Cellos”, siamo tornati dove tutto è iniziato. Ma con 20 anni di esperienza in più sulle spalle. È stato davvero stimolante, e davvero divertente. Abbiamo pensato che fosse interessante tornare al nucleo della musica degli Apocalyptica.
Come?
Focalizzandoci solo sulla musica, senza brani cantati. E senza neanche un produttore coinvolto nel progetto. Per “Cell-0” abbiamo optato per l’autoproduzione. Abbiamo deciso di entrare in studio e cecare la vera origine degli Apocalyptica per ricrearla di nuovo. Ma questa volta con l’esperienza di tutto ciò che abbiamo imparato nella composizione, nella registrazione e nell’arrangiamento dei brani. E questo è il risultato. In qualche modo lo sento molto collegato a “Cult”, anche se si tratta di due album molto diversi. Però c’è la stessa… passione arrabbiata! Ma grazie all’esperienza, si esprime con molti più colori e sapori. Con molta più profondità.
Concordo. “Cell-0” è un album davvero… completo. Forse è questa la parola giusta.
Sono felice che tu dica questo. L’idea era proprio quella di fare un album che mostrasse più lati possibili degli Apocalyptica. Pur rimanendo un lavoro coerente. Ci sono davvero tanti tipi di canzoni, tanti diversi stili. Stanno bene insieme perché vengono dalla stessa fonte, dalla vera origine degli Apocalyptica stessi. Però con nuove prospettive, con nuove sfide che abbiamo accettato. Abbiamo intrapreso la strada più difficile, abbiamo corso dei rischi. È sempre più stimolante scegliere la via più complicata. Senza sapere se riuscirai a realizzare ciò che ti sei proposto o meno.
Senza fatica non ci sono risultati.
È così. Devi spingerti ai limiti per superarli, per imparare nuove cose. È ciò che abbiamo fatto, ed è il motivo per cui “Cell-0” ha una certo grado di intensità, e puoi sentirlo nell’album. Tutti gli arrangiamenti e tutte le parti melodiche sono davvero pensate e sentite. Non c’è nulla di banale o ovvio in questo lavoro.
Non ci sono canzoni deboli in “Cell-0”. Ho provato a cercarle, ma niente. Sono tutte potenti, create perfettamente. Penso sia l’album giusto per questo momento della vostra carriera, un grande regalo per i fan di vecchia data.
Lo abbiamo pensato tutti in studio. “Shadowmaker” è un ottimo album per quanto mi riguarda. Ma forse non è un ottimo album degli Apocalyptica. Le canzoni sono davvero buone, suonano benissimo. Ma a quell’album mancano i vari livelli di quello che siamo, la profondità, i colori.
Ora che hai menzionato “Shadowmaker”. È stato difficile comporre dovendo pensare anche alle linee vocali?
Non proprio. Avevamo già fatto tante canzoni con dei cantanti, e avere Franky Perez in studio ci ha aiutato parecchio. È il motivo per cui lo abbiamo chiamato e perché abbiamo deciso di avere una sola voce in tutto il disco. Ma dando così tanto spazio alle linee vocali, ovviamente i violoncelli hanno dovuto fare un passo indietro. Certo, è il violoncello che fa tutto. Ma non essendo più la ‘voce’ principale, forse si è perso il lato più caratteristico del sound degli Apocalyptica.
Che con “Cell-0” avete voluto recuperare.
Ascoltando, ad esempio, “7th Symphony”, ci siamo resi conto di quanto svettassero le tracce strumentali, come “At the Gates of Manala”. È un capolavoro di symphonic metal strumentale, ed è lì da solo, insieme a “Rage of Poseidon”. Ascoltando canzoni come quella ci siamo detti che volevamo fare esattamente quello con il nuovo album, senza interruzioni, solo musica. Quando ascolti musica strumentale, le tue orecchie sono più percettive. Riesci a sentire ogni singolo dettaglio molto meglio. Quando hai linee vocali, invece ti concentri solo su quelle. E tutti quei colori, quei sapori, spariscono. Sai che sono lì, ma è più difficile seguirli.
Insomma niente più voci per gli Apocalyptica?
Le canzoni con le voci sono comunque una parte importante degli Apocalyptica, da sempre. Poco tempo fa ci siamo rinchiusi in studio per registrare il nuovo singolo, che uscirà il prossimo anno. Anche se non sarà nell’album. Pubblicheremo un po’ di canzoni con la voce, ma come progetto indipendente. Come singoli. Sai, nel mondo dello streaming possiamo permetterci di fare buona musica e farla uscire quando vogliamo. È davvero bello avere questa libertà grazie alla tecnologia. E vogliamo sfruttarla.
Quindi riascolteremo la voce di Franky Perez?
No, questa volta non ci sarà Franky Perez. Stiamo facendo diverse canzoni con diversi cantanti.
Come ai vecchi tempi!
Sì, esattamente. Praticamente stiamo rifacendo tutto quello che facevamo in passato. Come ai bei vecchi tempi ci sarà un album strumentale potente e nuove eccitanti collaborazioni, canzone per canzone.
Devo dire che ascoltando l’anteprima di “Cell-0” mi sono innamorato di “Call my name”. Mi ha ricordato la sensualità e le atmosfere di “Cohkka”. Son curioso di sapere qual è la tua canzone preferita di “Cell-0”.
Davvero impossibile dirlo. Ogni canzone è diversa, è difficile paragonarle e sceglierne solo una. Dipende dal mio stato d’animo. A livello di composizione, penso che “Cell-0” sia il fiore all’occhiello dell’intero album. Siamo riusciti con la title track a combinare più livelli, più dimensioni, e per questo direi che è la mia preferita. Ma in certi momenti, ad esempio ascoltando “Call my name”, mi piace farmi cullare dalle sue atmosfere. E quando ascolto “Rise”, amo il suo mettere insieme bellezza, speranza e il suo lato malinconico. E amo anche i colori di “Scream for the silent”, molto diversi da quelli delle altre canzoni. È un pezzo forte ma leggero, chiaro. Insomma, è davvero difficile sceglierne solo una.
Ma parliamo di “Fire and Ice”. Ascoltandola ho pensato subito a Targaryen, Stark e Lannister combattere a tempo musica. Vi siete ispirati a “Il Trono di Spade”?
Dovresti chiedere a Perttu Kivilaakso, lui ha composto “Fire and Ice”. Lui è un superfan del fantasy, da “Il Signore degli Anelli” alle “Cronache del ghiaccio e del fuoco”, e spesso le sue canzoni sono ispirate da questi mondi medievali e misteriosi. Non so dirti con certezza quale sia stata l’influenza dietro “Fire and Ice”, ma probabilmente ciò che hai sentito è molto vicino all’idea iniziale. Poi, certo, ascoltando un brano strumentale proiettiamo tutti ciò che ci piace e le nostre esperienze al suo interno.
Invece per tutto “Cell-0” si sente una vibrazione cosmica, un filo rosso che unisce stelle e pianeti in un tema universale. Qual è la vera ispirazione dietro il vostro nuovo album?
Per noi “Cell-0” è la cellula che ha dato origine a tutto. Significa che in questo universo abbiamo tutti la stessa origine. Diverse formazioni di cellule creano forme di vita differenti. C’è poi una forte critica all’essere umano. Come specie abbiamo perso il rispetto verso l’universo, ci siamo dimenticati che facciamo parte di un sistema più grande. Non siamo noi il sistema. Pensiamo di esserlo, e ci comportiamo come cellule tumorali, uccidendo gli altri esseri viventi. Nei titoli, nella copertina, nella musica stessa c’è tutto questo, ma vogliamo che sia l’ascoltatore a costruire il proprio viaggio. Noi diamo solo un input alla sua immaginazione.
Ora che hai detto che siamo il cancro della terra, mi viene in mente che hai due figli. Fanno parte della nuova generazione, sicuramente più attiva e consapevole nei confronti del pianeta. Da padre, cosa pensi rispetto al fatto che erediteranno il tuo mondo?
I miei figli hanno 21 e 18 anni. Grazie alla loro generazione, forse non siamo del tutto spacciati. Loro ci salveranno. Alla fine si tratta di semplice evoluzione. Ogni generazione è più intelligente di quella precedente, riesce a usare il cervello molto meglio. È per questo che dovremmo ascoltare di più i ragazzi. E smettere di mettere al potere uomini oltre i 60 anni. Le decisioni politiche sono prese per fare gli interessi delle vecchie generazioni, per combattere le loro paure. È un fatto. Cioè, è la mia opinione. Ma dai, è un dato di fatto!
Come darti torto!
È grandioso essere così profondamente connessi con le nuove generazioni. Se ascolti i giovani, riesci a captare nuove idee, nuove prospettive. Nuove soluzioni per i problemi dei più vecchi, che potrebbero eliminare le nostre paure. Paure che non sono poi così rilevanti nel mondo moderno. Ci sono nuove sfide da affrontare rispetto a 40 anni fa. Fintanto che continueremo a vivere con il cuore nel passato, sarà difficile vivere il presente e pensare al futuro. Sono davvero felice di essere padre. Anche se viaggio tanto, sono sempre stato molto coinvolto nelle loro vite. Abbiamo sempre chiacchierato tanto, e questo mi ha aiutato a capire il punto di vista dei giovani.
Anche loro sono musicisti?
No. Per niente!
Ma come? Con una rockstar come papà? Dovrebbero prendere esempio da te!
L’hanno fatto, mi hanno usato come modello di ciò che non bisogna essere. Sono ragazzi intelligenti, per questo non suonano! Scherzi a parte, amano la musica. Il piccolo suonicchia la batteria, ma non ha mai espresso il desiderio di farlo a livello professionale. Non li ho mai spinti verso quella direzione, penso che ognuno debba seguire la propria strada. Se vuoi fare qualcosa nella tua vita, e farlo bene, devi sentirlo dentro. Puoi imparare a essere te stesso veramente solo seguendo le tue passioni.
Non hai mai imposto niente ai tuoi figli?
Ho sempre dato loro tutto il mio sostegno, la possibilità di scegliere tra tante opzioni. Ho cercato di crescerli stimolandoli e facendo crescere la loro fiducia in se stessi. Ma sono convinto che debbano scegliere la propria strada da soli.
Ecco, giusto per sfatare qualche pregiudizio sul mondo metal, ottimi consigli genitoriali da parte del leader di una band.
Il mio unico consiglio è di lasciarli liberi. Vedo quello che succede di solito. I genitori impongono ai figli le proprie fantasie, le proprie paure, le proprie delusioni. Cercano di fargliele vivere per porre rimedio ai propri errori. Non capiscono che non è un compito dei figli. Loro vengono al mondo per fare nuovi errori. Conosco tante persone infelici perché vivono la vita in funzione di ciò che i loro genitori si aspettano. Senza la libertà di scegliere non puoi essere felice.
La caratteristica più invidiata degli artisti è la libertà, d’altronde. Tu hai sfruttato la tua abbracciando progetti diversi, e facendo qualche incursione nel cinema. Quest’anno è uscito il film “Aquarela”, di cui hai curato la colonna sonora. È più difficile lavorare con il vincolo delle immagini?
Viktor Kossakovsky, il regista, non mi ha imposto grandi barriere. Generalmente lavorato sulla creazione di un legame emotivo per soddisfare le richieste di chi dirige un film. Cerco di sintonizzarmi sui sentimenti che mi evocano le immagini per creare la musica. Purtroppo con “Aquarela” non è andata così. I tempi di produzione erano strettissimi, e avrei avuto bisogno di almeno 6 mesi in più per comporre una colonna sonora da zero. Così ho usato alcune tracce che avevo già, modificandole e adattandole alle esigenze del film. Ma è stato molto stimolante, e ho legato molto con Viktor Kossakovsky. Contiamo di collaborare ancora in futuro. Quando nasce un bel rapporto, bisogna sfruttarlo.
Hai mai avuto esperienze negative lavorando a stretto contatto con i registi?
Sì, mi è capitato! Almeno 20 anni fa. Stavo lavorando a un cortometraggio. Alla regista non piacevano le musiche che creavo, e continuava a ripetermi di farle meno scure. Mi sta bene se parliamo di colori. Ma quando si tratta di composizione, ‘chiaro’ e ‘scuro’ sono termini molto soggettivi. Così ho fatto un passo indietro e ho lasciato il progetto, perché c’erano seri problemi di comunicazione tra noi.
Ma parliamo del futuro. So che non puoi dirci tanto del tour, ma dal 17 gennaio gli Apocalyptica apriranno il tour dei Sabaton. Cosa dobbiamo aspettarci sul palco?
Ci sarà tutto ciò che ci ha fatto apprezzare nel tempo dai fan, nuova musica e vecchi classici. In un’ora circa di set ci saranno gli Apocalyptica come li avete sempre voluti sentire. Sarà una grande sfida per noi, ma sarà interessante affrontarla. Preparatevi per una grossa sorpresa: riusciremo a stupire anche i fan dei Sabaton!
Eicca ti ringrazio infinatamente per questa bella chiacchierata. È stato un grande onore poterti intervistare.
Grazie a te! Ci vediamo a Milano il 28 gennaio per il concerto di Apocalyptica, Sabaton e Amaranthe!