Si tratta di un album pienamente rock, che alterna momenti di ruvidezza a tracce più riflessive, in modo non particolarmente nuovo, ma decisamente ben eseguito. La cura del comparto strumentale, ricco di soluzioni e cambi di ritmo, e il carisma della cantante Denise Pellacani rendono coinvolgente una formula collaudata. Il tema centrale dell’album, il materialismo della società moderna, è perfetto controcanto per il nome filosofico/ spirituale della band, Yatra, ovvero “viaggio”, “pellegrinaggio”.
Gli Yatra rendono coinvolgente una formula collaudata, grazie a una notevole capacità espressiva e compositiva
La doppia anima dell’album, sospeso tra riflessione e scudisciate rock, è evidente fin dalle prime tracce. “Unworthy”, caratterizzata da un ritornello rock fatto apposta per il pogo, è seguita da “Ego Illusion” e “Struggle”. Queste rallentano il ritmo su un tono intimo, malinconico, che si solleva soltanto nei ritornelli. “Awakening” ritorna a rockeggiare forte, per poi sfociare in “Reborn Rebuilt”, pezzo che forse sintetizza perfettamente un giusto mezzo tra le due tensioni. “Disguise you built so well” e Paving the Path to your Downfall” sono due brani rock duri e puri. La prima martellante, grazie a un ritornello nevrotico, che ti si pianta nel cranio, la seconda (traccia da cui è stato tratto il video dell’album) più progressive rock, lenta e ragionata.
“Behind the Great Disguise” è sospeso a metà tra rock duro e riflessione, in un contrasto continuo, alternato
“Everlasting” chiude il lavoro con una ballad tenera, che scorre forse un po’ troppo lunga per i miei gusti, mancando dell’inventiva delle tracce precedenti e non aggiungendo molto all’album. Cosa che non inficia l’impressione positiva che mi ha fatto l’album di inizio carriera degli Yatra. Certamente una band con potenzialità, che spero continuerà a sperimentare e a giocare con la propria musica. Li consiglio decisamente ai fan dell’hard rock.