BIONIC VISIONS: “La nostra parte umana è viva, ma convive con circuiti elettronici”
I Bionic Visions in una scena di “The Plastic Life”.
I Bionic Visions in una scena di “The Plastic Life”.

BIONIC VISIONS: “La nostra parte umana è viva, ma convive con circuiti elettronici”

Diamo il benvenuto su Music.it a Erik Borg dei Bionic Visions, cyborg venuti da un futuro in cui la razza umana non se la passa proprio benissimo. Per cominciare, ci racconti un aneddoto sulla musica che non avete mai condiviso in nessuna intervista ufficiale?

Quando ancora ero umano, mi ritrovai a registrare un chitarrista noto, che suonava in un gruppo noto. A volte succede che nei momenti topici della registrazione audio, anche i migliori hanno dei momenti in cui non sono al top. Questo continuava ad andare in tilt e non riusciva a registrare come voleva. A volte anche sbagliando l’attacco. Notai che si stava innervosendo. Quindi gli proposi di fare alcune prove in play, senza registrare, per poi effettuare la registrazione solamente quando si sentiva nel pezzo. Lo vidi molto più calmo e suonava più sciolto, facendo anche molte svisate che davano un ottimo tocco alla sua performance. Dopo la suddetta prova, mi disse soddisfatto: “ok… registriamo” ed io: “già fatto”. Infatti lo registrai a sua insaputa. Mi ringraziò per i successivi 5-6 mesi.

Chi eravate prima di vestire i panni di due androidi?

Eravamo innanzitutto due amici e poi due collaboratori in ambito musicale. Infatti sono circa 10 anni che collaboriamo in alcune produzioni musicali, anche se in generi ben lontani da quello che proponiamo con questo progetto, che sentiamo molto nostro. Infatti realizziamo tutte le nostre produzioni, creandole nota dopo nota completamente da soli. Realizziamo anche gli effetti scenici del nostro show, modificando materiale già esistente e creandone di nuovo da zero.

La scelta di utilizzare un alter ego per portare un messaggio è stata operata da molti artisti in passato. A chi vi siete ispirati per i Bionic Visions? Come vi è venuta l’idea dei due cyborg?

L’idea dei due cyborg è datata fine anni ’90, vedendo la serie “Star Trek” e i suoi famosi Borg, ma avevamo lasciato l’idea nel fatidico cassetto, perché troppo presi da altri progetti. Allora non eravamo ancora così pazzi da volerla portare alla luce. Inoltre ci frequentavamo saltuariamente. Poi una sera davanti a un tavolino nel nostro ritrovo abituale, ho detto: “questo progetto lo facciamo o no?”. E Alex ha risposto “certo che sì!”, senza nemmeno pensarci due secondi. Da allora non ci siamo mai fermati ed al momento ci ritroviamo con 42 canzoni tra cover e canzoni nostre. La nostra scaletta prevede sempre le nostre hit, mentre le altre girano a rotazione, in modo da non avere mai uno show uguale all’altro. Vogliamo essere un prodotto alternativo e non un prodotto fatto in serie. Se non fosse così, smetteremmo anche domani stesso.

La vostra musica propone un elettropop dagli echi alla Franco Battiato. Secondo voi è più importante che la musica porti a riflettere su delle tematiche serie, o che faccia ballare e divertire?

Io sono da sempre innamorato della musica elettronica e grandissimo fan di Franco Battiato, al quale riconosco genialità e bravura nel proporre sempre musica di classe. Noi questo vogliamo proporre: messaggi schietti e importanti, che portino la gente a riflettere. Le tematiche sono tante, ma in “Final Destination” ci siamo dati la prerogativa di affrontare una tematica scottante ed importante: il binomio uomo-natura. O meglio come l’uomo sta portando alla rovina questo meraviglioso mondo. Allo stesso tempo vogliamo anche far ballare sui nostri ritmi elettronici. Molti suoni li ricaviamo anche da zero, campionando i suoni dalla natura e trasformandoli in altro. In alcune canzoni i suoni di batteria sono stati ricavati campionando il suono di oggetti che picchiano tra loro e poi trasformati con un lavoro di sound design. Quindi ci siamo trovati a suonare cassa, charleston, piatti e rullanti con suoni fai-da-te.

Il singolo “The Plastic Life” affronta il tema dell’inquinamento. Quale consiglio vi sentireste di dare ai nostri lettori, per preservare l’ambiente?

Esattamente. “The Plastic Life” parla del gravissimo problema dell’inquinamento e precisamente facciamo riferimento a un caso particolare: l’immensa isola di plastica che s’è formata nell’Oceano Pacifico, grande 5 volte la Francia. Pochi sanno della sua esistenza e troppe persone, quando le poni davanti al problema, reagiscono in modo disinteressato. Il consiglio che noi diamo è di dare più attenzione al mondo che ci circonda, perché è più importante di quel che si pensa. Troppe volte lo maltrattiamo e lo violentiamo con la nostra mancanza di sensibilità ecologica ed ambientalista. Rovinare tutto è un attimo. Pensiamo a come è cambiato il clima e come stiamo portando il mondo alla rovina, in nome del progresso. Noi non lo accettiamo. Non vogliamo ritrovarci prima del dovuto a vivere in un mondo come quello che descritto nelle nostre canzoni.

L’uscita del vostro prossimo disco, “Final Destination”, è stata anticipata da due singoli. Ci dite qualcosa di più del vostro lavoro discografico?

Il nostro lavoro discografico ha mille sfaccettature, e ne siamo fieri al 1ì000%. Intanto abbiamo faticato a scegliere le canzoni da inserire, perché ne abbiamo ancora tante da proporre al pubblico. Infatti abbiamo già in cantiere il terzo album, una collaborazione con altri artisti con sonorità diverse dalle nostre solite. Anche questo sarà un album molto importante per il messaggio che porterà. Inoltre abbiamo un quarto album già in cantiere, ma ancora top secret. Unica notizia certa è che sarà totalmente nostro come i primi due. “Final Destination” vedrà la luce tra 2-3 mesi (intoppi permettendo). Alla fine, per un motivo o per l’altro, siamo sempre in studio a creare e sperimentare.

Vi ringraziamo per essere tornati nel passato per concederci un’intervista. Volete aggiungere qualcosa, prima di tornare nel 2048?

Vi ringraziamo per l’interessamento nei nostri confronti e per lo spazio che ci avete concesso. Ci mancherà questo 2018 tornando nel nostro 2048. Speriamo di aver lasciato un piacevole ricordo e alcuni punti su cui meditare per i lettori che avranno voluto dedicare il loro tempo a leggerci. La nostra parte umana è ancora viva, anche se al momento convive con circuiti elettronici e schede di memoria, che la nostra parte robotica comporta. Voi che siete ancora totalmente umani avete la possibilità di scelta. Usatela con parsimonia. Un saluto da Erik Borg K1.0 ed Alex Borg P2.0!