La sacra triade del grunge di Seattle è composta dai Nirvana, Pearl Jam e Soundgarden. Oggi ricorre un importante anniversario di questi ultimi: l’uscita di “Black Hole Sun”. In uno dei tanti giorni uggiosi nello stato di Washington, nella contea di King in cui i grattacieli convivono con la natura selvaggia e incontaminata. Il singolo, insieme a “Superunknown”, l’album in cui è contenuto, consacrò definitivamente i Soundgarden tra gli dei del grunge. La band, che all’epoca era capitanata dal beneamato Chris Cornell, lottò con le unghie e con i denti per ritagliarsi spazio in una scena che risultava quasi del tutto occupata dai Nirvana. “Badmotorfinger” uscì lo stesso anno di “Nevermind”. Neanche l’apertura del tour dei Guns N’ Roses sembrava soddisfare Chris Cornell. Sensibile e attento alle vibrazioni nell’aria, sentiva che quel palco non era il loro, e che il pubblico non riuscisse ad apprezzare fino in fondo la sua musica.
“Black Hole Sun”, singolo estratto di “Superunknown” consacra il successo dei Soundgarden
Il singolo aveva probabilmente un sapore vintage anche per l’epoca. Sarà stato l’utilizzo spropositato del Leslie Speaker, che inserisce la traccia in un’atmosfera decisamente beatlesiana, piena di gorgheggi. Ma i bassi pieni e ingombranti, i riff aggressivi, rendono “Black Hole Sun” di Soundgarden decisamente figlia di quella tendenza musicale che da Seattle si stava diffondendo in tutto il globo. L’ispirazione del singolo risale a un giorno che Chris Cornell impiegò a guardare film horror. L’inquietudine della lirica si fa immagine disturbante nei sorrisi stirati del video. La melodia orecchiabile diventa cantilena alienante, si infiltra nelle reti neurali per infestarle. Con “Black Hole Sun” la musica si fa inaspettatamente profetica. È un peccato che l’allora frontman dei Soundgarden sia morto prima che sia stato possibile fotografare il buco nero. È incredibile quanto il cromatismo dell’immagine diffusa dall’Event Horizon Telescope rispecchi quello delle visioni di Chris Cornell.