Bright Lights Apart: "Ci sentiamo assolutamente più producers che musicisti"
La band dei Bright Lights Apart
La band dei Bright Lights Apart

Bright Lights Apart: “Ci sentiamo assolutamente più producers che musicisti”

Benvenuti Bright Lights Apart su Music.it. Per rompere il ghiaccio iniziamo chiedendovi di raccontarci un aneddoto legato a voi, o alla musica in generale, che ricordate con piacere.

Beh, se dobbiamo parlare di aneddoti mi viene in mente un fatto personale che risale addirittura ai tempi dell’asilo. Ricordo che nel salone dei giochi dove ci riunivamo tutti per i momenti di gioco e ricreazione, ad un certo punto arrivarono due chitarre elettriche nuove. Non avevo certo in mente che nel futuro mi sarebbe aspettato il ruolo di chitarrista in band rock, però mi ricordo che ne ero attratto in maniera particolare. Durante la ricreazione nessuno se le filava, eccetto io e un altro bambino, e quindi avevamo un gioco tutto per noi che nessuno ci portava via. Mi ricordo che era piacevole anche solo colpire le corde senza sapere cosa stessi facendo.

“Post Utopia Soundscapes”, autoprodotto, è il vostro secondo album. Dopo l’esordio con “As Everything Falls Apart” è cambiata la line up della band. Come si è evoluto il vostro progetto?

Il progetto si è evoluto per il fatto che ora produciamo canzoni piuttosto che scrivere canzoni come una band classica. Questo ovviamente ha comportato un suono decisamente più elettronico rispetto al passato e il fatto che non dobbiamo dipendere da una line up fissa. Siamo in tre, ognuno mette le proprie risorse per la produzione di un brano, in base alle esigenze del brano e non alle esigenze dei singoli componenti. Poi, quanto a suonare la canzone dal vivo, è una questione che ci poniamo in un secondo momento, riguardo come riprodurre i vari arrangiamenti. Questo, come hai notato, ha comportato l’abbandono della precedente line up per passare ad un gruppo di lavoro, come preferisco chiamarlo, che possa lavorare come dei music producers. Ci troviamo benissimo con questo approccio, ci si concentra solamente sulla musica senza tutti quei problemi riguardo la gestione delle risorse umane, se mi passi il tecnicismo.

Quindi è superfluo chiedervi se vi sentite più musicisti o più producers?

Assolutamente producers. O almeno ci imponiamo questa scelta. Personalmente, fare questa transizione a producer è stato un atto volontario di buttarsi fuori dalla propria comfort zone. Per tanti anni ho scritto canzoni con la chitarra, mi ero però stufato di quell’approccio. Sentivo che si era esaurita un po’ la creatività, avevo bisogno di sperimentare cose nuove, e non volevo suonare più in band tradizionali. Mi sono avvicinato al mondo della produzione elettronica, anche perché nel frattempo i miei gusti musicali si sono evoluti. All’inizio è stato molto frustante ritrovarsi a dover imparare uno strumento nuovo, cioè il synth e roba simile. Puoi capire che per uno che padroneggia bene già uno strumento, la chitarra, sentirsi così incapace è demoralizzante, però volevo vincere la sfida e adesso ho cominciato a muovermi con le mie gambe. Sono molto contento e mi diverto, anche se ho molto ancora da imparare.

L’elettronica nei vostri lavori è prorompente, ma non possiamo certo non accorgerci della forte vena punk rock. Quale delle due componenti ha più peso in fase creativa?

Eh eh…secondo me funziona così. L’aspetto elettronico rappresenta il lato cosciente della nostra scrittura musicale. Nel senso che consapevolmente vogliamo scrivere musica elettronica. L’aspetto punk è invece il lato del subconscio, viene fuori senza che lo andiamo a ricercare in modo particolare. Secondo me dipende dal fatto che tutti condividiamo certe idee e riflessioni riguardo al mondo in cui viviamo e alla società, e tutti siamo d’accordo che il mondo, attualmente, non è proprio un bel posto dove vivere. Per questo, forse, abbiamo un background comune di rabbia, o forse un certo cinismo che fa sì che esprimiamo noi stessi e la musica che facciamo con una certa attitudine.

Siete in tre, nell’attuale formazione dei Bright Lights Apart. Chi di voi si occupa maggiormente della composizione dei brani?

Sono sincero…Slug è un vulcano di idee, offre sempre degli spunti interessanti per sviluppare delle canzoni nuove, io ho più una gestazione creativa con tempi da elefante, tanto per usare una similitudine, anche se ultimamente ho già messo giù delle idee per almeno un paio di pezzi nuovi. Ad ogni modo al di là di chi produce le demo, ci troviamo sempre assieme ad ascoltare le idee e poi vediamo quali possono eventualmente trasformarsi in canzoni vere e proprie. A quel punto comincia il lavoro sugli arrangiamenti definitivi e in questa fase devo dire che personalmente mi occupo soprattutto della parte tecnica a livello mix e di eventuali strumenti da registrare.

Ascoltando le sette tracce del disco salta subito all’orecchio uno stile artistico molto riconoscibile. Quali sono i vostri punti di riferimento nel panorama musicale elettronico?

Ci siamo posti la stessa domanda anche noi proprio di recente! Bright Lights Apart fondamentalmente è un progetto che ho iniziato quasi per noia, partendo da una base molto suonata, e poi col tempo si è molto sviluppato al punto che consideriamo “Post Utopia Soundscapes” quasi come il nostro primo album anche se in realtà è il secondo. Questo processo di sviluppo è stato molto istintivo, pure il disco è stato scritto buttando giù un flusso di idee senza fermarsi a pensare a quello che si stava scrivendo. Adesso che il progetto ha raggiunto una certa maturazione ci siamo messi davanti al computer con Spotify aperto ad ascoltare le cose che ci piacciono. Posso dirti che i nostri punti di convergenza vertono su nomi come Nine Inch Nails, gli immancabili The Prodigy e abbiamo visto che ci piace molto l’electro che va dai Justice a Deadmau5 e Digitalism.

Ci potete raccontare come nasce il nome della band, Bright Lights Apart, e chi ne è l’artefice?

Il nome è opera mia. L’ho ricavato da un nome precedente che avevo in testa che però, a mio avviso, era più adatto per un progetto tipo indie folk acustico. Siccome però quel nome mi piaceva molto, ho provato a ricavarne uno da quello che suonasse simile ed è venuto fuori Bright Lights Apart. È una frase un po’ sconclusionata, però rappresenta benissimo il periodo in cui cominciai con questo progetto, un periodo molto brutto della mia vita in cui tutto mi stava crollando addosso e la musica rappresentava veramente quel piccolo riflesso di luce in un mare di nero e negatività.

“Bad Morning” è il primo singolo estratto da “Post Utopia Soundscapes”. Come sta rispondendo il vostro pubblico in questi primi giorni di vita dell’album?

Molto bene direi. A livello recensioni il responso della critica è buono. Per quanto riguarda la gente là fuori, posso dirti che siamo molto soddisfatti, abbiamo notato che siamo riusciti ad arrivare ad un pubblico eterogeneo. Siamo riusciti a farci ascoltare anche da audience difficili, magari anche distratte perché assuefate dalle solite proposte e dalla quantità di musica in circolazione. Abbiamo percepito che il nostro modo di porci sul palco oltreché alle canzoni ovviamente, rende il nostro show particolarmente divertente e devo dire che a noi va bene così e vogliamo continuare su questa strada.

Dopo le fatiche relative all’uscita del disco, prenderete un periodo di riposo o già siete all’opera per completare un calendario di date live per presentare “Post Utopia Soundscapes”?

No, nessun riposo. Stiamo cercando di promuovere il disco al meglio e abbiamo già in mente di pubblicare del materiale nuovo durante l’anno. Non sto parlando di un disco nuovo, abbiamo piuttosto dei brani pronti che attendono solamente di essere sistemati anche perché abbiamo voglia di aggiungerli nel nostro live set. Quindi durante l’anno usciranno sicuramente dei nuovi singoli. Ti posso dire che per quanto riguarda un disco nuovo ci stiamo già ragionando ma riguardo alla pubblicazione se ne parlerà solamente il prossimo anno, anche perché al momento non c’è neanche una canzone già scritta.

Le nostre domande sono terminate, vi salutiamo e ringraziamo per averci concesso un po’ del vostro tempo. Lascio a voi lo spazio per aggiungere ciò che volete e, magari, per fare un saluto ai vostri fan e ai lettori di Music.it.

Un ringraziamento va a voi di Music.it per lo spazio concesso. Invitiamo tutti i vostri lettori a dare un ascolto alla nostra musica su Spotify, su YouTube o dove preferiscono. Ci sono tante band là fuori, con un solo click magari potete ascoltare gente dall’altra parte del globo, però magari cominciate con le band più vicine a voi, che magari ci si trova in giro e la scena rimane viva. Saluti.