Sono trascorsi tre anni dalla morte di Leonard Cohen. Oggi, 21 Settembre 2019, il poeta avrebbe compiuto 85 anni. Nato negli ultimi giorni d’estate, ne celebriamo la vita inaugurando questa nuova, malinconica stagione che avanza. Leonard Cohen, scrittore infaticabile, talento unico e prezioso. Autore di testi e di canzoni che hanno fatto la storia del cantautorato americano, la mancanza del suo genio produttivo continua a essere viva.
La vita di Leonard Cohen
Nato a Montréal nel 1934, Leonard Cohen affonda nella poesia le radici della sua ricerca letteraria devota all’attenzione verso l’agire ed il sentire umano. Figlio di immigrati – padre polacco e madre d’origine lituana – Cohen vive la sua infanzia nel quartiere di Westmount, enclave anglofona del Canada.
Si iscrive all’università Mc Gill di Montréal dove si laurea in letteratura inglese nel 1955. Lì, inizia a scrivere poesie. Pubblica una prima raccolta, “Let us compare Mythologies” nel 1956 e un’altra nel ’61 “The Spice Box of Earth”. Con quest’ultima, il giovane poeta riscuote un discreto successo di critica. Arrivano i ’60 e Cohen esce dal Canada per trasferirsi a Londra.
Troppo grigia e piovosa, decide di lasciarla per la Grecia. Va a stanziarsi nella ridente isola di Hydra. Lì, conosce Marianne Ihlen, la Marianne della bellissima “So long, Marianne”. Mentre vive la sua grande storia d’amore, scrive moltissimo. Pubblica “Flowers for Hitler”, forse la sua raccolta di poesie più famosa. Non solo poesia, Leonard scrive anche due romanzi: “The Favourite Game” e “Beautiful Losers”.
Nato negli giorni d’estate, celebriamo la vita del Poeta Leonard Cohen, inaugurando così questa nuova, malinconica stagione che avanza
Scindere la sua atività di srittore da quella di cantautore sarebbe improprio. È infatti degli stessi anni, nel ’67, che esce il primo disco da cantautore: il capolavoro “Songs of Leonard Cohen“. Il successo, però, viene decretato dal secondo album, “Songs for a Room”, il quale lo porterà in vetta alle classifiche e lo farà conoscere per quello che è e che negli anni a venire diverrà: un poeta, tra i cantautori più influenti, puri e devoti all’arte della parola e all’intricato cammino della comprensione.
Tra i suoi temi, la giustizia sociale, la solitudine, il suicidio, l’orrore della guerra. Moltissimi, i riferimenti d’accusa al sistema occidentale, alla oppressione degli ultimi. Nel corso degli anni, la critica e la passione letteraria degli addetti ai lavori o aspiranti tali, ha colmato la mensa degli studi sulle parole e la poetica di Leonard Cohen.
Come non dimenticare Kurt Cobain ed il verso dedicato a Leonard Coehn di “Pennyroyal Tea”: «give me a Leonard Cohen afterworld / so I can sigh eternelly». In un’intervista fatta a Leonard Cohen nel 2009 – se ne può leggere nella raccolta d’interviste “Il modo di dire addio” – gli venne chiesto un parere a proposito di quei versi. Gli chiesero cosa avrebbe detto o fatto, fondamentalmente, per aiutarlo.
La sua risposta fu questa: «Non so cosa gli avrei detto, ma magari la sensazione di solitudine e disperazione che deriva da quel senso di isolamento avrebbe potuto essere infranta da un po’ di compagnia, dalla compagnia di qualcuno che potesse capirlo. Purtroppo possiamo leggere la vita che viviamo, ma non possiamo cambiarne le parole».
Queste parole mi fanno riflettere. Mi fanno pensare che che, banalmente, la vera rivoluzione parte dal proprio letto. Leonard Cohen lo sapeva bene e ce lo ha detto con tutti i mezzi che ha avuto a disposizione. Benedetta la sua nascita dunque e, di nuovo, buon compleanno Mr. Cohen, ovunque tu sia.