A distanza di neanche due anni sono felicissimo di scambiare di nuovo qualche parola con Carmelo Pipitone per parlare del suon nuovo album “Segreto Pubblico”. Intanto raccontami un po’ come hai passato quest’ultimo periodo tra scrittura e quarantene varie.
Ciao a tutti i lettori! L’ultimo periodo per quanto mi riguarda inizia più o meno un anno e mezzo fa, proprio quando ho iniziato a lavorare al disco. Tra scrittura e concepimento, prima di ultimarlo si è fatto tardo gennaio. A quel punto mi sono rilassato pensando: “ora non devo fare più niente, da questo punto in poi ci pensano gli altri”. E invece era l’inizio della pandemia! Da lì ho iniziato a lavorare tantissimo con gli Ork, forse è stata l’unica cosa positiva di questa pandemia. Ho lavorato a qualcosa che altrimenti avrebbe necessitato di molto più tempo.
Infatti come mi avevi detto nella scorsa intervista, con gli Ork fate quasi tutto online viste le distanze.
E menomale, infatti siamo riusciti ad accelerare questa operazione, altrimenti ci sarebbe servito almeno un altro anno considerato che questo saremmo dovuti essere tutti in giro.
Dai allora per te è stata una cosa decisamente costruttiva sotto questo punto di vista.
Esatto, posso dire che abbiamo addirittura chiuso un disco, registrato e tutto il resto!
Invece parlando dei tuoi di lavori, partiamo da “Cornucopia”, primo album da solista che ormai ha quasi due anni. Traendo le somme da questo lavoro, come pensi sia andata? Che impressioni hai avuto?
Io mi sono buttato su questa cosa perché non avevo mai fatto lavori da solista. Avevo sempre lavorato in gruppo come ben sai. È stata una novità anche per me. Non volevo di certo fare, come dire, un disco sensazionalistico. Era un “iniziamo da capo”. Chitarra e voce, seppur ben prodotto grazie all’esperienza. Ma comunque un qualcosa che fosse di transizione tra quello che era il mio passato e quello che sarebbe stato il mio futuro. E il futuro diciamo che man mano sta per essere delineato. “Segreto Pubblico” è lo step successivo.
E infatti arrivi a questo album seguendo una strada che per te è totalmente nuova. Volevo chiederti quindi se bene o male stai seguendo i passi che ti eri prefissato o se nel percorso hai scoperto magari qualcosa di nuovo.
Ma guarda, io ho iniziato in maniera molto spontanea, senza alcun tipo di paletto. Ho imparato ad annoiarmi sempre di più di me stesso. È difficile da spiegare. Ogni volta che faccio qualcosa adesso penso di poterla fare sempre meglio di come è uscita. Poi purtroppo un lavoro va chiuso senza poterci mettere più le mani sopra.
Capisco perfettamente: è un dramma quando per questione di tempi, scadenze e tutto il resto devi chiudere un lavoro, ma tu sai che puoi dare ancora di più!
Esattamente, e questa cosa ti fa davvero deprimere. In testa tua hai il disco perfetto, poi però i tramiti, che sono il cervello e subito dopo le mani, non sono riusciti bene a far passare il messaggio!
A questo punto direi di passare a parlare proprio del tuo ultimo lavoro. Iniziamo subito dal nome: perché “Segreto Pubblico”?
Sì, diciamo che le tematiche del disco sono particolari. Si passa dall’omicidio, al femminicidio, alle amicizie di amici ormai scomparsi, fino allo scavare all’interno di se stessi fino a trovare qualcosa di marcio. Questa è l’aria che si respira in questo disco. Da qui la parte oscura che ognuno di noi nasconde dentro di se agli occhi degli altri, ma sapendo bene che ognuno di noi la conosce perfettamente. Anche se nessuno ne parla tutti sappiamo che ognuno di noi ce l’ha dentro, e quindi tutti diventiamo dei potenziali assassini.
Infatti parlando proprio di femminicidio, tra i due singoli che hanno anticipato il disco c’era proprio “Le mani di Rodolfo” oltre a “Gabriè”. Due singoli molto profondi e affrontati sotto un punto di vista innovativo.
Forse la mia “cifra”, o meglio il mio stile, che è stato un po’ limato nel corso degli anni, è sicuramente pieno di sfaccettature. Di base però rimane sempre quell’ermetismo che deve venire fuori per celare quello che davvero voglio dirti. Da qui il sistema di come affronto scrittura e canzoni. Poi devo dire che i pezzi li scrivo io ma li regalo a voi, ed è giusto che ognuno li interpreti come meglio crede!
“Segreto Pubblico” infatti è un album dalle tinte molto scure. Musicalmente parlando c’è molta musica tradizionale, ma anche tanto post rock, tante distorsioni. Quale è la dimensione in cui tu ti trovi meglio?
Diciamo che sono ancora in fase esplorativa. Mi piace lasciarlo molto largo. Non farei solo post rock o musica cantautorale. Non seguirei mai un genere preciso, perché non mi voglio precludere alcun tipo di soluzione immaginabile. Nel disco c’è un po’ questo e un po’ la voglia di riconfermare tutto ciò che ho fatto fino da ora.
Ascoltandolo infatti devo farti una confessione, stavolta ci ho sentito molto I Marta sui Tubi, come gli Ork. Rispetto a “Cornucopia”, che era più un esperimento, questo mi sembra più una liberazione.
Grazie per questa dinamica che hai descritto perché hai colto il punto. È vero, ho sempre cercato di nascondere il mio passato, qui invece no, non mi interessa camuffarmi più di tanto. A volte ti vergogni di te stesso, scavando in te scopri cose che non sono piacevoli e quindi non sei sempre un tuo fan. Qui invece no.
Posso confermarti che è vero e lo facciamo tutti. Parlando di tracce nello specifico invece, io posso dirti che tra le mie preferite c’è “Lei”. Quali sono invece le tracce che per te hanno più significato?
Più significative per me… In realtà un po’ tutte, ma perché ognuna è legata ad un periodo particolare. Mi capita spesso quando scrivo una canzone di chiudere quel momento subito. Certo, poi ci torno sopra per limarle, ma comunque le concludo subito. “Nera” ad esempio mi piace davvero molto. Sia per il tema affrontato sia per come è interpretata, con questa voce spezzata che continua in maniera esasperata a raccontare un omicidio.
Vero, anche “Nera” mi ha colpito molto.
Al tempo stesso mi piace ovviamente “Le mani di Rodolfo”, proprio per il modo di essere arrangiata. Senza toccare i grandi nomi, ma un po’ alla David Bowie in stile Newyorkese. Un David Bowie che vive a New York, ecco. “L’intelligenza delle Bestie” anche, che mi ricorda un po’ la follia dei Marta sui tubi. E infine ti direi “Ogni giorno e Io” che è il mio nuovo modo di intendere la musica, una sorta di cantautorato marcio. Tra l’altro si tratta di due poesie di Ettore Giuradei che mi piacevano molto e mi ha dato il permesso di usarle. Un modo ancora diverso di fare musica, un continuo esperimento.
Parlando proprio di Ettore Giuradei, avete per caso pensato di fare qualcosa di nuovo insieme al di fuori dei Dunk?
Diciamo di no, anche se io mi tengo sempre aperte tante soluzioni. Mi piacerebbe creare una sorta di “Factory” con diversi amici. Non siamo tutti musicisti, ma ognuno serve all’altro. Loro, nonostante magari non si occupino di musica, mi regalano sempre qualcosa e io regalerò ad ognuno di loro qualcos’altro. In questo progetto rientra sicuramente anche Ettore Giuradei, è uno che ha la poesia dentro e ti serve quando devi un attimo accarezzare l’anima. Però è sempre tutto aperto, non è detto che non farò qualcosa da solo con lui.
A questo punto devo chiedertelo. Nell’album c’è anche Paolo Pischedda. Pensi che in futuro potremmo rivedere magari non in veste ufficiale, i Marta sui Tubi su un palco?
Tutto è possibile. Ognuno di noi sta facendo altro in questo periodo ma non escludo niente. È sempre tutto aperto e noi siamo sempre in contatto. È una porta che non si chiude mai.
Sarebbe bellissimo. Ora parliamo un po’ di futuro del tuo e di “Segreto Pubblico”, sempre Pandemia permettendo.
L’idea è sempre quella di andare in giro a suonarlo, ma stavolta in trio. Ci sono già altri due ragazzi tra cui Iacopo Pierazzuali che ha suonato la batteria in questo album. Abbiamo già lo spettacolo pronto ma… insomma, non si può fare nulla. Bisogna avere un po’ di pazienza. Insieme a noi c’è anche Paolo Narduzzo, a cui sarà affidato il basso. Un bel power trio.
Chitarra, voce, basso e batteria. Non vi manca niente!
Esatto, saranno bei live, belli ruvidi. Porteremo anche i pezzi del primo disco riarrangiati. È una cosa molto particolare che non vediamo l’ora di portare sui palchi!
Io come tanti altri sicuramente non vediamo l’ora di vederlo! Infine, come sempre se vuoi aggiungere qualcosa, fallo pure senza remore.
Ma in realtà vorrei aggiungere un paio di pezzi che non ho avuto il tempo di aggiungere in questo disco e che ho tenuto da parte. Se riusciranno a resistere al tempo verranno usati nel prossimo lavoro. Altrimenti resteranno lì, a ricordarmi quanto sono stato pirla a non averli inseriti subito!
Si fa sempre in tempo a portarli live!
Ma si, alla fine il live è quello che ti salva un po’ sempre il culo. Io sono della scuola che sì, bello l’album, ma lo devi saper suonare dal vivo e meglio di quello che hai fatto nell’album.