Ciao Cigno, benvenuto sulle nostre pagine! Noi di Music.it siamo soliti cominciare le interviste con un ricordo imbarazzante dell’artista. Raccontaci il tuo!
Ciao mi sembra un ottimo modo per iniziare: prendersi poco sul serio. Mi ricordo un live in locale romano, in cui nel momento dell’assolo, nel culmine del brano, avanzando sul palco con dei piccoli passi solenni e il petto aperto in un gesto liberatorio e sacro iniziai il mio assolo. Tutta questa preparazione all’atto leggendario dell’assolo che non aveva nulla a che invidiare ad un Brian May live Wembley 1986 con mantello bianco, creò una comicità altrettanto grande e esilarante quando sulle prima note dell’assolo, con il mio volto già compresso in un atto di liberazione simile al più profondo orgasmo mai provato, si scollegò il cavo della mia chitarra creando un imbarazzo sciolto da tante risate, sia mie che del pubblico.
Lo crediamo bene… e poi cosa successe?!
La scena è diventata degna di memoria perché tornando indietro con fare ormai goffo e rosso di vergogna in volto, cercai in modo disordinato di ricollegare il jack e una volta riuscito nell’impresa, tornai serio in volto, rientrando nella parte, facendo due passi in avanti e sulle prima due note il jack si scollegò di nuovo. Per citare Fabrizio De André «quello che accadde non posso dirlo per intero ma lo spettacolo fu avvincente e la suspense ci fu davvero». Che figura di me!
Chi si nasconde dietro il cantautore Cigno? E perché la scelta di questo nome d’arte?
Si nasconde un ventottenne che non si vuole adagiare sulla strada maestra del grigiore medio borghese che la società ci propina. Immagino e progetto la mia vita a misura delle grandezze che sento dentro e vado controcorrente. È una resistenza continua. Potere all’immaginazione e alla creatività. Sono sempre stato un sognatore prima che essere un musicista o un cantautore. Cigno mi ci chiamano da sempre, per via del mio cognome, Cignitti. Prima che essere il mio nome d’arte era il mio soprannome. Non è stato difficile sceglierlo.
Svelaci quali sono i tre album che hanno cambiato il tuo modo di fare e sentire la musica.
“The Heart of Saturday night” di Tom Waits, “Live in Woodstock” di Jimi Hendrix e “Dedicated to Bobby Jameson” di Ariel Pink.
Quali sono gli ingredienti fondamentali che non possono mai mancare nelle tue canzoni?
La chitarra di certo e una componente onirica del testo. Amo tantissimo i quadri di George Seurat e mi piacerebbe che i mie brani si avvicinassero a quell’intenzione di indefinizione.
Parlaci del tuo ultimo singolo “Stasera suono tardi”? Quando hai sentito il bisogno di scriverlo e quali immagini vuoi regalare a chi lo ascolta?
È un ricordo di amori persi. È assenza di un tempo mai vissuto, come è quello dei sogni. C’è la voglia di trovare nella delicatezza la forza più grande. Non voglio sfondare porte se non si aprono. Alcune cose vanno sussurrate all’orecchio e avevo voglia di sussurrare all’orecchio della persona che amo una bella canzone d’amore. Il messaggio che ho scritto iniziava così «stasera suono tardi, è ovvio che mi manchi». Poi ho fatto copia incolla sulle note del mio telefono e ho continuato scriverlo durante la notte.
Hai mai pensato di andare in un talent? Cosa pensi della musica televisiva?
L’ho pensato in un periodo passato. Il successo di Tommaso Paradiso, Coez, Calcutta ha fatto da spartiacque dal periodo dei talent al periodo delle piattaforme social. Dunque, non nascondo che in passato posso avere peccato nella tentazione di avere un successo facile e veloce con i talent, ma poi non l’ho mai fatto e non me ne pento.
Quando i tempi saranno migliori: con chi ti piacerebbe calcare il palco?
Con la mia band. Ettore Mirabilia, Roberto Sanguigni, Bernardino Ponzani, Pietro Imperi e Ilenia Bianchi. Mi mancano tanto le loro energie, vederli ridere e godere sul palco insieme a me.
Cigno, la nostra intervista è giunta al termine ed io ti ringrazio per essere stato con noi. Queste ultime righe sono per te, puoi aggiungere ciò che vuoi! Ciao e a presto!
Vorrei aggiungere che la musica è importante, la nostra attività culturale è un bene primario e vedere tanti colleghi in difficoltà in questo periodo mi ha fatto pensare. La musica deve tornare ad avere un valore sociale, non per forza nei contenuti di carattere “sociale”, ma nell’importanza che essa può avere nella società come valore più alto a cui tendere, perché la musica risolve, accoglie chiunque e scioglie qualsiasi problema. Non avremmo potuto passare questi momenti difficili degli scorsi mesi di Covid-19 senza arte. E l’arte non può affrontare questo periodo buio di ripartenza senza pubblico.
FATECI SUONARE. Con rispetto e in sicurezza, Diego.