Claude Rivers, oggi noto come Creezy.
Claude Rivers, oggi noto come Creezy.

CLAUDE RIVERS: “Bisogna sapersi reinventare continuamente”

Ciao Claude Rivers! Benvenuto su Music.it. Voglio iniziare subito a scavare nel tuo passato. Raccontaci un segreto legato alla tua musica.

Ciao Music.it! Innanzitutto voglio complimentarmi per il vostro portale: è veramente interessante e ben allestito. Ammetto che non vedevo l’ora di essere sottoposto a quest’intervista. Detto ciò, IT’S SHOWTIME! Rispondendo alla tua domanda, devi sapere che prima di intraprendere la carriera da rapper ero un discreto batterista, e condividevo con Dean Heath un progetto metal, col quale abbiamo realizzato una decina di inediti e rivisitato qualche pezzo – per citarne qualcuno: “Coming Undone” dei KoRn e “Sweet Dreams” di Manson. Altra curiosità, sempre legata agli esordi, è il mio soprannome. In pochi sanno che il mio primo pseudonimo da artista è stato Iceman. Mi è stato affibbiato da un mio caro amico, che dopo una vicenda particolarmente delicata esclamò “bro, ma tu sei di ghiaccio”. Ripensandoci, la mia reazione è stata effettivamente fredda e distaccata.
Ultima chicca del mio passato: ho alle spalle ben cinque progetti, non ufficiali, che hanno avuto vita breve sui vari canali. Non dovrei dirlo, ma purtroppo sono ancora in circolo delle copie fisiche!

Quando hai capito di voler fare musica? Ti ricordi il giorno in cui, guardandoti allo specchio, hai detto “Ecco Mr. Rivers”?

Sai, in realtà se ho iniziato a fare musica è anche merito dei miei genitori che mi hanno cresciuto con una cultura musicale a 360°. Mio padre è un grande estimatore del cantautorato italiano, mentre mia madre è sempre sul pezzo, segue le tendenze ed è un’appassionata della musica pop e new wave. Senza dubbio il loro fanatismo per la musica mi ha contagiato e portato ad intraprendere il mio percorso artistico. Mr. Rivers è il frutto di anni di duro lavoro. Avevo bisogno di trovare un’identità più adeguata, dato che lo pseudonimo Iceman iniziava a starmi stretto e mi legava troppo al passato. Ovviamente, sto tuttora lavorando al mio personaggio. Quando ti approcci ad un genere come il rap non hai mai pace, bisogna sapersi reinventare continuamente senza mai perdere di vista lo scenario che ti circonda. Per fortificare il concetto, ti riporto una citazione di Lil Wayne: “The money don’t sleep so Weezy can’t rest”.

La tua musica si discosta molto dal rap canonico, incorporando elementi hardcore, di musica elettronica e pop. Che generi scorrono nelle tue vene? Quali artisti ti ispirano?

Come ti ho accennato, il mio retaggio musicale è ampio. Apprezzo la musica in ogni sua forma, e ovviamente ci sono dei generi che prediligo, come il rock alternativo, lo stoner, la new wave e il synth pop, e infine il rap new school. Passando alle influenze, gli artisti che nel corso degli anni mi hanno maggiormente ispirato sono Dave Grohl (Nirvana/Foo Fighters) e Josh Homme (Queens Of The Stone Age). La loro creatività e voglia di reinventarsi mi hanno sempre spinto a collaborare con diversi artisti e provare nuove sonorità. Ovviamente, anche sul versante rap ho le mie influenze: 50 Cent, Kanye West, Rick Ross, Jay-Z, ASAP Ferg e Booba.

A febbraio è uscito “L’Ultimo Angelo”, il tuo primo EP. Mi vengono in mente tre parole per descriverlo: contaminazione, rabbia, collaborazione. Sono elementi importanti per la tua musica?

L’UA” è un concept EP composto da sei tracce. Ogni produzione è firmata dal produttore e amico Robin Marchetti nel suo studio Rabbit Productions. È il racconto di un angelo mandato sulla terra per volontà di altri, che si trova ad affrontare un insieme di vicissitudini che lo portano a voler tornare nel suo punto d’origine. Analizzando invece le tracce, come hai giustamente notato, ci sono varie contaminazioni sonore che vanno dall’elettronica al pop. Ogni produzione ha come filo conduttore delle parti suonate di chitarra e basso accompagnate da synth di vario genere. Per i testi ho preferito un approccio spontaneo e naturale, senza troppi tecnicismi: trovo più appagante trasmettere un messaggio chiaro e senza fronzoli. Inoltre, nonostante le tematiche, ho cercato di creare delle tracce che non fossero pesanti durante l’ascolto, mantenendo il mio stile diretto di rappato. Ritengo che le collaborazioni siano fondamentali, perché mi permettono di confrontarmi con artisti di stili e generi diversi, dando vita a dei pezzi unici tra loro.

Nei cliccatissimi video dei singoli estratti abbiamo potuto apprezzare anche il tuo stile unico, dark e glam, decisamente lontano dall’immagine urban dei rapper a cui siamo abituati. Anche l’occhio vuole la sua parte?

Assolutamente sì! L’immagine è fondamentale, oggi più di ieri. L’impatto visivo purtroppo supera la musica stessa. Ricordo che quando girammo “La Luce” portai con me innumerevoli outfits per creare diverse situazioni in un’unica location. Mentre per “Il Volo” e “L’Ultimo Angelo” la difficoltà era inversa: creare un look adatto per entrambi i video. Abbiamo optato per qualcosa di neutro, che potesse adattarsi a più scenari, restando sempre coerente con lo stile del mio personaggio. Tutta questa cura nei dettagli è meticolosamente realizzata da più persone. Prima di affrontare un videoclip ho la possibilità di confrontarmi con un team fidato.

Ci dai qualche anticipazione per il futuro? A cosa stai lavorando?

Volentieri! Ho passato queste vacanze estive a ultimare un progetto che si discosta molto da “L’Ultimo Angelo”. Quando tratti un genere in continua evoluzione, devi evolverti a tua volta. Questo cambiamento mi porterà a dover rivedere tutto ciò che è stato creato finora, sia dal punto di vista dell’immagine che dal punto di vista delle esibizioni live. La cosa non mi spaventa, ma mi aiuta a tener vivo lo spirito e a sperimentare altre sonorità a me vicine. Salvo imprevisti, il tutto dovrebbe concretizzarsi dal mese di settembre, e mi vedrà impegnato nella realizzazione di diversi videoclip, affidati alle mani salde del buon Sharky, al quale avevo già commissionato “Il Volo” e “L’Ultimo Angelo”. Altra anticipazione: ho avuto il piacere di collaborare a due progetti targati Rabbit Productions, che non vedo l’ora di condividere col pubblico.

Vuoi aggiungere qualcosa?

Vorrei invitare i lettori a seguire tutto il movimento che si è creato e si sta creando attorno a Rabbit Productions. È indubbiamente una delle realtà bresciane più interessanti, in quanto variegata e colma di artisti meritevoli. Detto ciò, passo ai ringraziamenti. Inizio da coloro che mi stanno seguendo dal punto di vista artistico, ovvero Robin Marchetti (produttore), Marco Longo (grafico) e Nicolò Plebani alias Sharky (regista/videomaker). Ringrazio tutto il team di collaboratori che si è formato all’interno della famiglia Rabbit, ovvero Ms. Shanti, Sophy Rose, Indigo & The Sirens, Ma.Mi e Shawn White. Infine, ringrazio la mia famiglia e i miei amici per il supporto che mi stanno dimostrando. Senza di loro non sarei dove sono oggi.

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