Immaginatevi un falò sulla spiaggia o una scampagnata in mezzo a un bosco incontaminato dall’uomo. Immaginatevi di arrivare con la testa piena e il cuore pesante, prendere un bel respiro e decidere di rimandare tutto a domani. Lasciare che tutti i bicchieri mezzi vuoti che siamo costretti a mandar giù ogni giorno si accumulino nel lavandino. Fatelo fino a quando, tornerete a casa per filtrarli uno a uno in una grande brocca. Prendere quello che c’è, senza troppe pretese, e cambiarne le prospettive per accettare il buono e vivere in pace soprattutto con se stessi.
Sono queste le premesse per ascoltare il primo disco dei Sinedades, “Para Mi Potnia”, appena uscito nei nostri digital store per l’etichetta Black Candy. Erika Boschi e Agustìn Cornejo, toscana lei, argentino lui, si uniscono in un progetto composito e ricchissimo in nome di una nostalgia benefica. Perchè non c’è oscurità nei loro testi, neanche quando si cimentano a parlare di temi contemporeanei delicati, come l’immigrazione o l’inesorabile scorrere del tempo. Infondo a “Para Mi Potnia” e alla filosofia dei Sinedades c’è l’incrollabile speranza di un mondo migliore a portata di mano.
Con “Para Mi Potnia” i Sinedades esprimono la speranza di un mondo migliore e a portata di mano.
La parola “sinedades” infatti è il loro modo per esprimere e rendere tangibili un mondo onirico che però può essere facilmente raggiunto. La chiave è vivere senza badare allo scorrere del tempo, senza ma e senza se. Continuare a sognare anche quando ci guardiamo sconsolati allo specchio accorgendoci di non avere più quell’età in cui è concesso fantasticare. È questa la libertà tanto agognata, che permette di vivere senza confini, che siano fisici o metaforici. L’incontro tra uomo e Natura, il ritorno ai piaceri primari, l’assenza di filtri, la compiacenza di non essere avventati ma ottimisti.
Proprio con un inno al mare e alla natura si apre “Para Mi Potnia”. Un album totalmente scritto e cantato in spagnolo, proprio a rimarcare quell’assenza di confini a cui i Sinedades guardano sempre. “Escùchame Mar” è l’incontro tra la voce di Erika Boschi e la semplicità della chitarra, in favore di una richiesta d’amore da mandare al mare. “Salì” invece ci presenta la voce di Agustìn e la musicalità della sua lingua nativa, grazie alla quale non c’è pesantezza nonostante un testo più marcatamente malinconico. Con la title track “Para Mi Potnia” e un intro delicato fatto di arpeggi, i Sinedades rendono omaggio a Madre Terra, vera musa ispiratrice della loro arte.
L’incontro tra uomo e Natura, il ritorno ai piaceri primari, l’assenza di filtri sono alla base del primo lavoro dei Sinedades.
Quella aspirazione alla semplicità, alla purezza e a un passato spensierato e senza rimorsi è alla base di “Caribe”, mentre con “Cocomerida” i Sinedades immaginano un mondo migliore. I temi politici e attuali si concentrano invece in “Profugo”, dove chiaramente si parla del problema dell’immigrazione, ma con un atteggiamento empatico verso chi fugge da una realtà terribile. A chiudere “Para Mi Potnia” c’è “Sirenalidad”, canzone coerente con il percorso scelto dai Sinedades verso l’importanza della condivisione e dell’incontro attraverso la riscoperta della natura. È la storia d’amore tra una sirena e un uomo in un mondo incontaminato come il fondale marino.
A fare da contraltare alla ricerca della semplicità, è un’accurata ricerca strumentale. Dietro alla composizione del loro primo album, c’è una sperimentazione scrupolosa venuta alla luce dopo anni di viaggi e incontri. Ad accompagnare le voci del duo argentino, un numero impressionante di strumenti e di artisti: alla batteria di Pietro Borsò accostano l’arpa di Valentina Giannetta, e il violoncello di Sara Merlini trova compagnia nella fisarmonica di Angelica Foschi. Pop, musica tradizionale, ritmi latini, folk dal sapore anglosassone e jazz. L’ennesimo incontro sotto l’ala dei Sinedades verso una realtà diversa e sicuramente migliore.