DELLARABBIA: "Ci piacerebbe che L'ENIGMISTA spingesse tutti ad un uso consapevole dei social"
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dellarabbia in un'immagine promozionale.

DELLARABBIA: “Ci piacerebbe che L’ENIGMISTA spingesse tutti ad un uso consapevole dei social”

Ciao, dellarabbia, benvenuti su Music.it. Di solito, iniziamo le nostre interviste con un aneddoto imbarazzante legato alla musica dell’artista. Vi va di raccontarci qualcosa che nessuno conosce?

Ciao a voi Music.it e grazie dell’attenzione. Noi veniamo tutti da esperienze musicali molto lunghe, piene di viaggi in furgone, nottate sui pavimenti dei camerini dei locali oppure a casa di qualche anima buona appena conosciuta che ci ha risparmiato la notte sui sedili, perciò siamo pieni di aneddoti imbarazzanti. Potremmo raccontarvi di quella volta in cui Marco, il cantante, mentre era in tour europeo con i Me For Rent, la band punk rock con cui cantava all’epoca, in Belgio per la precisione, si è calato da una finestra del secondo piano usando la grondaia dell’appartamento del proprietario di un locale che li aveva chiusi a chiave all’interno, per andare con una ragazza del posto e per poco non si ammazzava.

Diciamo che ne valeva la pena!

Oppure di quella volta in cui agli Anthem, band in cui suonano tre quinti della formazione, mentre erano in tour in Germania, si è aperto il portellone posteriore del furgone e sono volati al centro dell’autostrada tutti gli strumenti.

Come sono nati i dellarabbia?

dellarabbia è un progetto che nasce prima di tutto intorno alle canzoni scritte da Marco e Americo Roma, nostro coautore. Abbiamo un modo atipico di approcciare ai rituali classici delle band, specie perché in scrittura abbiamo un sesto elemento che partecipa in modo attivo alla parte autoriale ma che in effetti non suona live. Ci interessa prima di tutto scrivere e dare un senso ai brani, per sentire prima di tutto che stiamo comunicando qualcosa, poi iniziamo a dargli una dimensione da concerto. Noi nasciamo dalla nostra musica e non il contrario come capita di solito.

E da dove arriva la scelta del nome?

Il nome arriva da quello che ci sta succedendo intorno. Non la vedi anche tu la rabbia che mette radici ovunque? Un po’ come il Nulla della Storia Infinita, invade tutti gli spazi e polverizza tutto quello che di buono ci resta. Per questo ci sentiamo, dellarabbia. Poi c’è un richiamo ad un film che adoriamo basato su una storia di Tiziano Sclavi dal titolo “Della morte Dell’amore”, ve lo ricordate?

 Quali sono i vostri riferimenti musicali? Quale brano avreste voluto scrivere?

Ascoltiamo tante cose, ognuno ha i suoi gusti. Sicuramente i cantautori italiani di tutte le generazioni da Lucio Dalla e Rino Gaetano a Daniele Silvestri e Samuele Bersani, fino a Brunori Sas. Allo stesso modo anche le band dell’indie italiano come Tre Allegri Ragazzi Morti e Perturbazione oppure anche la scena nufolk internazionale, come i Lumineers, Mumford o Frank Turner. Proviamo a mettere coscientemente tante cose nel nostro sound. Ne avremmo voluti scrivere tanti di brani che amiamo, è difficile scegliere. Tra lo tsunami di nomi che ci viene da dire scegliamo “L’ultima luna” di Dalla, che è una delle cover che ci piace suonare anche dal vivo.

Il nuovo singolo “L’Enigmista” si rifà all’uso dei social media. Qual è il vostro rapporto con questi strumenti?

Individualmente cerchiamo di utilizzarli il giusto, senza perderci nello scroll forsennato che altrimenti ti incastra per metà della tua giornata. Il problema non sono i social media ma quello in cui li stiamo trasformando e quello in cui ci stiamo trasformando tutti. Quella rabbia di cui ci riempiamo i polmoni prima di esplodere, in bilico tra le paranoie da fake news e il dissenso dalle opinioni degli altri, che spesso sono persone che neanche conosciamo. Ci piacerebbe che il brano in qualche modo suggerisse anche a qualcun altro di tornare ad utilizzare i social per quello a cui sono nati, riappropriandoci della grande opportunità di poter comunicare in tempo reale con il resto della nostra specie, senza che questi siano il posto in cui ogni secondo della giornata si consuma una guerra di parole.

dellarabbia, cosa potete raccontarci dell’album in uscita nel 2021, “L’Era della Rabbia”?

“L’Era della Rabbia” non è un vero e proprio concept album. In qualche modo ha delle parole chiave e dei fili conduttori che raccontano alcuni punti di vista sulla nostra realtà collettiva e individuale. Una delle cose che ci siamo detti quando abbiamo messo insieme dellarabbia è stata quella di provare a fare musica dicendo quello che pensiamo, senza esercizi di stile e senza filtri. È un disco pieno di rabbia, amore, distanze, dubbi, promesse infrante e scommesse perse. Parla in qualche modo di questo periodo storico, della nostra generazione cresciuta con una valigia in mano ed un enorme punto interrogativo sul futuro poggiato sulle spalle.

Come avete affrontato il lockdown? Quanta voglia avete di tornare live?

È stata una condizione pesante, di cui ancora sentiamo gli strascichi e le cui conseguenze sull’emozioni saranno materia di studio psichiatrica per gli anni a venire. Noi abbiamo cercato di utilizzare produttivamente il periodo per scrivere nuovi brani e rinforzare con nuove idee la tracklist dell’album, che era previsto per la primavera e che è slittato come la maggior parte delle uscite discografiche. Perciò attraverso note audio, appunti e dirette abbiamo continuato a collaborare e a confrontarci e questo ci ha aiutato non poco a superare un periodo che però ancora non è terminato.

Un periodo davvero brutto per l’arte…

Quanto ancora i musicisti e gli addetti ai lavori dello spettacolo si sentano ancora rinchiusi, non è facilmente spiegabile a chi è tornato ad una vita professionale più vicina a quella passata. Non vediamo l’ora di tornare a fare assembramenti e a guardare in faccia le persone mentre suoniamo. Ma siamo anche coscienti che è necessario in questo momento continuare a fare sacrifici per evitare la diffusione della malattia. Ci piacerebbe soltanto che il Governo avesse finalmente l’accortezza di aiutare in modo particolare i musicisti, gli addetti ai lavori dello spettacolo e tutti quei club che sono e saranno costretti a restare chiusi ancora a tempo indeterminato.

dellarabbia avete mai pensato di partecipare ad un talent oppure a Sanremo Giovani?

Certo che sì, sono comunque spazi importanti in cui potersi esibire. I Talent sono un po’ come i social network, non è importante se li fai, ma come li fai. Se non hai niente da dire qualsiasi occasione di visibilità è fine a sé stessa, anche se fosse Woodstock o Glastonbury. Ma se invece hai qualcosa di vero e sincero da dire, allora ogni palco è un pulpito dove sarebbe bello andare a parlare. Quest’anno siamo stati tentati di iscriverci a X Factor per cercare di avere uno spazio di visibilità, vista l’assenza dei live nei club, ma non era editorialmente compatibile con l’album in uscita.

Un vero peccato.

Però sia chiaro che ci interessa che più persone possibile ascoltino la nostra musica. Pensiamo che a qualificarla non sia il contesto dove la suoniamo. Sanremo poi è il posto dove hanno esordito alcune delle canzoni più belle della musica italiana, perché non dovremmo volerci andare?

dellarabbia, grazie per essere stato con noi. Le ultime righe sono per voi, salutate i lettori di Music.it in totale libertà.

Grazie per aver letto questa intervista fino a qui. In Italia ci sono tanti progetti musicali che hanno voglia di dire qualcosa di nuovo o significativo ad alta voce e che combattono per poter sopravvivere a questo periodo di silenzio obbligato, in cui la musica passa solo per il web e per radio e tv, che però non sono sempre a disposizione di tutti, è un’occasione per poterli sostenere. È importante supportare progetti e media indipendenti come questo da cui vi scriviamo, ascoltando musica, leggendo gli articoli e facendoli leggere e ascoltare a più persone possibili. Proviamo a combattere insieme? Un saluto ai lettori di Music.it, ci vediamo presto sopra e sotto il palco.