DETTO FERRANTE ANGUISSOLA: "Che i giovani possano guardarsi dentro"
Il cantautore Detto Ferrante Anguissola.

DETTO FERRANTE ANGUISSOLA: “Che i giovani possano guardarsi dentro”

Salve Detto Ferrante Anguissola! Music.it è lieta di ospitarla tra le sue pagine. Mi scuso per il Lei, ma non capita ogni giorno di trovarsi a confrontarsi con un uomo tanto grande. Come di consueto, iniziamo con una domanda che riguarda un aneddoto particolare. Nella sua lunga vita e carriera di musico e paroliere: qual è l’aneddoto che meglio ricorda e conserva nel cuore? Se imbarazzante, ancora meglio!

Salve a Lei e a tutti i lettori di Music.it e grazie per l’intervista. Non si preoccupi per il “lei” che mi sarei guadagnato come Decano, al “tu” ci arriveremo conoscendoci durante l’intervista!  Magari davanti a due calici di  buon prosecco. Vede, abito tra Milano e Venezia e a Venezia con il vino non si scherza! La musica fa parte della mia cultura famigliare, suonavamo tutti in casa e spesso improvvisando. Più tardi  ho dovuto coniugare la passione della musica con il lavoro  e con l’altra mia grande passione l’elettronica.. .

Elettronica! Interessante. Mi dica dell’aneddoto.

L’aneddoto? Bei ricordi. Il lavoro che mi ero inventato mi ha portato a lavorare con Sennheiser, i suoi microfoni e il suo primo radiomicrofono al mondo che ovviamente mi ha messo in contatto con la RAI e con i Festival di Sanremo, i cantautori e i musicisti. Eravamo credo nel 1964. Una mattina scorgo in Piazza del Duomo a Milano, un individuo alto e immobile che tenendo in mano il mio radiomicrofono e con il braccio proteso verso il Duomo diceva parole incomprensibili. Gli corro incontro esterrefatto e gli grido “cosa fa?” L’ individuo mi guarda senza scomporsi e mi risponde “tranquillo: sto misurando la Radioattività della facciata del Duomo”. Gli rispondo: “non mi racconti balle”. Era Nanni Loi che stava facendo le prove per “Lo Specchio Segreto”, un esilarante programma di Candid Camera!

Accidenti, che grande “arnese”, il suo radiomicrofono!

Il mio radiomicrofono poi ha fatto anche di più e con la scusa di dover insegnare il suo corretto uso, mi ha costretto nei primissimi tempi a  ”frugare” nei reggiseni di prorompenti conduttrici di programmi TV per piazzare il microfono e poi  il trasmettitore relativo. Imbarazzante per un giovane uomo di un’altra epoca felice come me per essere riuscito finalmente a convincere la RAI che i radiomicrofoni che vendeva erano affidabili quanto i microfoni con il filo.

Cambiamo epoca e arriviamo ad oggi: ci troviamo in un momento unico, immagino, della storia contemporanea: come sta vivendo questa quarantena? Produce musica, scrive, si deprime, si rilassa? Ce lo racconti!

Da piccolo ho vissuto la seconda guerra mondiale, ma questo coronavirus ci ha messo il mondo intero in K.O. bloccandolo del tutto!  Rispetto  le regole e anche se mi manca uscire, andare a teatro, a un concerto, vedere gli amici, sto meglio in casa mia piuttosto che in una trincea vera! Leggo, lavoro, canto, inizio la mattina con la meditazione, la ginnastica, pulizie, riordinare i libri, la soffitta, buttare cose vecchie. Non sono mai stato un fan della TV, i film li preferisco al cinema e possibilmente in lingua originale, ma in questi giorni la TV è di grande aiuto, c’è RAI5, RAI News, ci sono piattaforme che trasmettono magnifiche visite virtuali di musei oppure opere come quella del “Teatro della Scala” o al “Metropolitan” di NY. Si vedono cose uniche!

Parliamo del Suo disco, “A Occhi Aperti”: da quale parte del Suo essere è giunta l’esigenza – se di esigenza si tratta – di produrre un disco tutto Suo?

È un progetto che ho cullato tutta la mia vita immersa troppo nel lavoro che tanto mi ha appassionato e mi costretto spesso all’estero per attente visite alle Mostre di Elettronica e per incontri tecnici in Germania, USA, UK, Giappone, Korea del Sud, Finlandia ed altri. La sera se ero da solo al Ristorante per la  cena, osservavo la sala, l’arredamento, la cucina, il servizio e soprattutto gli altri commensali immaginandomi storie che annotavo sul retro dei menù. Erano note spesso in rima come poesiole oppure bozze di una canzone che se nasceva la cantavo poi a casa tra gli amici e conoscenti. Chiamarle poesie non oso, piuttosto riflessioni e piccoli sketch in rima.

E poi?

A soli 80 anni vado in pensione e mi viene l’idea di fare un CD da regalare agli amici. In tanti mi convincono a fare un altro passo e produrre un vero disco. Ho dovuto imparare tanto e impegnarmi con tenacia. Finalmente nel gennaio 2020 esce  “A Occhi Aperti”, un CD che suggerisce a chi lo ascolta più consapevolezza e più responsabilità con melodie e parole attente.

Mi domando se ad ascoltarlo adesso, nel presente di questi giorni senza ore, desidera cambiare qualcosa. Sa, come scrivere un pezzo che adesso sarebbe un valore aggiuntivo e che invece è rimasto nelle scatole della sua memoria. Mi spiego?

Ascoltando il disco adesso, non  sento il bisogno di cambiare nulla. Piuttosto dopo diversi bei apprezzamenti di incoraggiamento sui giornali vorrei registrare altre canzoni più intime che ho già pronte.

Ci racconti un po’ la sua storia: da dove viene “Detto Ferrante Anguissola?” quando e perché è diventato un musicista e perché ha posto quel “detto” prima del suo nome d’arte?

È un mezzo pseudonimo. Nel 1977 avevo  pubblicato con lo pseudonimo di Asterix un LP con Tickle Editore (ora passata a Universal Sound Etichetta) dal titolo “Poligrafici, Pensionati, Trombai e Santi” ora ascoltabile su YouTube. Erano canzoni di protesta sociale, molte ancora valide oggi. Quando ho proposto a SIAE uno pseudonimo meno ermetico, mi ha proposto  di anteporre “detto” al mio nome. Mi è piaciuto e mi sembra che incuriosisca. Un flash sulla storia di una famiglia piacentina e cremonese a cavallo del Po amante dell’Opera Lirica, della musica classica e poi  della bella canzone italiana, napoletana, francese. Si stava in campagna, tutti in famiglia suonavano mamma in testa, fratelli, nonno. A 20 anni era un bravo pianista. Così è nata una cultura musicale che prosegue anche con i nipoti.

Domanda bruciapelo: che rapporto ha con la comunicazione contemporanea: social, internet stesso? E a che livello, questa invadente realtà, ha compromesso – o contaminato – il Suo lavoro di musico?

Da tempo sono presente, ma in modo discontinuo su Facebook e su Instagram. Per far conoscere il mio CD dovrei essere presente in modo più assiduo. Il mio Ufficio Stampa mi sollecita. Ci sto provando. Rispondendo alla sua domanda, non ritengo di essere stato influenzato e nemmeno contaminato. Seguo un mio percorso semplice e sereno lasciando libero lo spirito del giovane ragazzo curioso che ho ancora in me.

Nomini cinque dischi fondamentali per la Sua formazione.

Preferisco nominare gli artisti che mi hanno coinvolto per il loro racconti sugli stati d’animo e su i sentimenti in modo poetico ma non patetico. Dai napoletani classici, a Jacques Brel e Charles Trenet, poi Bob Dylan e poi Francesco Guccini, Fabrizio De André, Massimo Bubola, Lucio Dalla, Franesco De Gregori, Georges Brassens, Giorgio Gaber e Sergio Endrigo.

Aveva previsto un tour di sostegno al disco?

No impossibile ora. Un piccolo sostegno al disco può venire solo dai provider online ed alle loro proposte, ai blog, ai bloggers, alle interviste, a qualche festa, alla diffusione via Radio e TV, al passaparola e al video che farò prossimamente. Ci sono altre vie?

Non so come chiederLe di progetti futuri in questi giorni in cui si smantella il presente. Per questo le domando, prima di salutarci, di lasciare un consiglio su come trascorrere al meglio i giorni di quarantena ai giovani occhi che la leggeranno.

Progetti futuri? Lei dice giusto, in questi giorni si smantella il presente, ma sono certo nascerà un nuovo presente. Intanto mi permetterei di suggerire ai suoi lettori che lei definisce magnificamente “i giovani occhi” di affrontare queste giornate pesanti a “occhi aperti” con serenità e spirito positivo, impiegando il tempo trovato nello studio, nella lettura, nella visita virtuale ai Musei, ai Teatri – a Scala, Metropolitan NY – in  aiuto ai genitori nei lavori di casa e non solo questo, ma sopratutto per guardarsi dentro, scoprirsi e concentrarsi per essere le persone che dovranno proteggere meglio questo mondo.

Abbiamo finito: la ringrazio per la disponibilità e le domando, infine, di riempire queste righe con una parola, o due, che risaltino adesso difronte i Suoi “Occhi Aperti”. A presto.

+Amore, -egoismo, +speranza, -pessimismo! Mi ha fatto molto piacere rispondere a queste intelligenti domande e spero di essere stato all’altezza.