Fabrizio Emigli, grazie per essere qui su Music.it! Iniziamo subito con una domanda per rompere il ghiaccio: raccontaci un aneddoto divertente o imbarazzante che ti è capitato sul palco o in studio.
“Ridente paesino pugliese (non geolocalizzo per pudore)”. 14 o addirittura 15 agosto di alcuni decenni fa. Arrivati sulla piazza principale del paese, in orario perfetto per prove e saluti dalla ProLoco che ci aveva invitato, non c’era traccia del benché minimo palcoscenico. Dopo la mia seconda o terza richiesta a uno degli “organizzatori”, mi venne mostrata una catasta di palanche di legno, di casse con chiodi e martelli e mi dissero che avremmo dovuto “montarci” noi una pedana/palchetto… oggi ne sorrido.
Radio, televisione, cinema e concerti. Una carriera a 360° nel mondo della musica. Qual è il tuo palco ideale? Dove ti senti più a tuo agio?
Il “mio” palco ideale fu per molti anni il palchetto di legno sbilenco del Folkstudio (prima Via Sacchi e poi Via Frangipane a Roma). Mi piaceva avere le persone a 6 centimetri dalla mia chitarra e dal microfono e percepire che erano pronti a sbranarti o annoiarsi fino ad addormentarsi o, peggio, alzarsi e fuggire via dopo il primo accordo e il primo gorgheggio. Poi però, per incanto o per pura “bottadiculo”, non accadeva nulla di tutto ciò e si restavano là, con gli occhi attenti, il piedino sul tuo stesso palco che batteva il tempo, qualche occhio lucido, qualche sorriso che scintillava in penombra e ero felice. Ogni volta che si ripropone la stessa atmosfera, torno ad essere felice.
Parliamo di “Le tre cose che so”, come nasce questo brano? Che cosa vuole raccontare?
Riflettere sulle tre o quattro cose buone fatte nella vita, alle tre cose messe a fuoco, esternarle e rendersi conto che, con molta probabilità, le tre cose imparate non servono a nulla!
Che cosa influenza la tua produzione musicale? A chi o cosa ti ispiri in fase compositiva?
Credo siano nascoste tra le pieghe di ogni mia canzone, tutte le canzoni degli altri ascoltate più o meno distrattamente nella mia vita (alcune amate follemente), tutti i libri letti, dal Manuale delle Giovani Marmotte fino ad Antonio Moresco, tutti i film visti, e poi le buone amicizie (e pure le cattive compagnie) e le lunghe chiacchiere e i fiumi di cazzeggio. Miglior fonte d’ispirazione di queste?
Quale ricordo hai del Folkstudio? Pensi che possano esserci altre realtà come quella?
Nella risposta sul “palco ideale” c’è il mio ricordo romantico del Folkstudio e quello dei palchi di oggi sui quali è possibile rivivere quella bella esperienza fatta di pubblico, corde e sudore. Sì, spazi ne esistono ancora; uno me lo son pure costruito su misura… (L’Antica Stamperia Rubattino a Testaccio, dove oggi è il direttore artistico di molti importanti eventi sopratutto di musica d’autore ndr).
Come ti trovi nel panorama musicale italiano? C’è qualcosa che attira la tua attenzione?
Ci sono vagiti interessanti di buona musica e di buone canzoni; quella che mi manca è la “canzone bellissima”, ma credo sia dietro l’angolo. Di talenti ce ne sono… bisogna muoversi come un rabdomante e andarli a scovare puntando le orecchie strategicamente (meno Talent, più radio e web e il ritorno e le attenzioni verso i locali giusti).
Quale è il tuo lavoro a cui sei più legato? Perché?
Il mio CD “Stelle in Eccedenza”, realizzato come un “quasi live” dopo un paio di anni di concerti in giro per l’Italia. Fu un bel lavoro di gruppo, arrangiamenti e suoni decisi prima sul palco e poi riprodotti in sala di registrazione, con la complicità di un ottimo fonico che divenne, nell’occasione, elemento fondamentale della “band”. Fu anche il mio personale esperimento di “crowdfunding” casareccio: vendevo i quadri che realizzavo, acquerelli, chine e tecniche miste, e che poi rivendevo a una manciata di amici e conoscenti che pagarono un prezzo simbolico e una cifra predestinata alla produzione del CD. Furono tutti, poi, citati in una lunga lista di “produttori associati”… bello!
Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”. Che puoi dirci?
Fabrizio, quali sono i tuoi progetti futuri?
“Scriverne un’altra, magari proprio domattina, al risveglio… e scrivere proprio la più bella di tutte”.