Un benvenuto su Music.it ai Flic Floc, ovvero Davide Porcelli e Ilaria Righi! Ciao ragazzi, cominciamo con la nostra domanda di rito: ci raccontate un episodio significativo, vissuto durante la vostra carriera musicale, che non avete mai rivelato ad anima viva?
Nulla di scandaloso, in realtà. Segretamente ci piace campionare ogni suono strano che per noi è interessante. È così che è nata “Login”, la prima traccia del nostro cd. Il suono della finestra del nostro studio era troppo interessante per non essere inserito in questa traccia. Ora avete un motivo in più per ascoltare il cd!
Ascoltando il vostro singolo, “Fuoco”, uscito il 3 maggio, ho avuto l’impressione di ascoltare un brano prodotto dai Baustelle e da Franco Battiato. Direste che hanno influenzato la vostra produzione?
Non così tanto come si può pensare. Certo, sono artisti che fanno parte del nostro bagaglio musicale, ma è più un’affinità che un’influenza. La vocalità di Davide può ricordare Franco Battiato poiché entrambi possiedono una naturale morbidezza vocale.
La produzione dei Baustelle può essere affine alla nostra per la presenza della componente elettronica, o per la presenza della mano e della mente di Jacopo Gobber, che ha curato insieme a noi gli arrangiamenti. Sentiamo molto complementari I Baustelle e Jacopo Gobber.
Il fuoco è un elemento spesso associato alla distruzione, ma anche alla vitalità, alla creatività, alla passione. A quale immagine sono più affini i Flic Floc?
“Fuoco” per noi è un inno alla creatività. Rimane comunque un elemento che dà la vita, ma che può anche distruggere. Ma forse va bene così, va bene che sia un elemento “tiranno”. Per la creazione si può andare nel panico, non trovare subito le idee giuste, ci si può allontanare dagli altri per seguire la propria vocazione. La creazione richiede molto, ma una volta acceso quel fuoco non si può più farne a meno. Basta essere cauti, perché il fuoco può bruciare, ma non per questo vuol dire che sia una condanna a morte. Anche P!nk in “Try” dovrebbe essere d’accordo con noi.
Come si è instaurata la vostra alchimia musicale?
Abbiamo parlato di musica fin dal nostro primo incontro. Ovviamente anche l’ambiente circostante ha aiutato parecchio, visto che ci siamo conosciuti in conservatorio. Ma, al di là di questo, abbiamo sentito fin da subito quell’alchimia che ci avrebbe portato a far nascere il progetto Flic Floc. Tra di noi c’è sempre stato quel bisogno di confronto, di conferma da parte dell’altro. Amiamo lavorare insieme, da sempre. E sappiamo molto bene che l’unione fa la forza.
Ci anticipate qualcosa sul vostro nuovo disco?
Il nostro disco è una raccolta ordinata di sensazioni nate cronologicamente in diversi momenti. Abbiamo parlato di creatività, del bisogno di riposo, delle nostalgie, delle voglie infantili, dell’innamoramento, dell’intimità e dell’arrabbiatura. Tutti questi sono sentimenti universali, quindi i testi non dovrebbero risentire del passare del tempo. Sempre con Jacopo Gobber, abbiamo cercato di creare la veste più adatta per ogni canzone, per accentuare le caratteristiche del testo e soprattutto la sensazione scaturita da esso.
Se la vostra musica fosse una forma geometrica, quale sarebbe?
Con il vero spirito da Flic Floc, abbiamo pensato contemporaneamente ad un triangolo.
Con chi vi piacerebbe condividere il palco, in un futuro non troppo lontano?
Jacopo Gobber, ovviamente. Siamo d’accordo anche su questo.
Ringraziamo i Flic Floc per il tempo che ci avete concesso. C’è qualcos’altro che volete aggiungere?
Ringraziamo innanzitutto voi per averci dato la possibilità di dare dei dettagli in più sul nostro progetto. Volevamo anche ringraziare tutte quelle persone che continuano a credere in noi. E un ultimo grazie a chi ci sta scoprendo leggendo questa intervista.