Classe ’86, Diego Bettedi definitosi un cantautore socialmente futile, intraprende la carriera solista lanciando il suo primo EP “Frammenti”. Questo è un progetto che il cantautore, dopo un percorso musicale che lo ha visto membro di numerose band, affronta da solo con testa e cuore; il suo scopo principale è quello di arrivare a tutti, senza fare distinzioni. La sua musica, infatti, spazia tra pop, rock e indie, dunque si cadrebbe in errore se si affibbiasse ad essa una determinata e futile etichetta. Lo stesso titolo “Frammenti”, volendo, potrebbe richiamare la presenza dei diversi generi musicali che si incontrano e si fondono all’interno dell’EP.
La prima cosa che colpisce è il tessuto musicale, il suo essere versatile, orecchiabile, cantabile e, perché no, anche molto ballabile, come ad esempio il brano “Niente di personale (c’est la vie)”. In secondo luogo, non si rimane affatto indifferenti al testo: decisamente alla portata di tutti, arriva in modo diretto e chiaro. Ma solo ad un ascolto più attento si riesce a cogliere la sua profonda portata significativa. In “La povertà è una questione di stile”, si nota particolarmente bene come Diego Bettedi decida di scandire e pesare le parole che canta. Come se volesse sottolineare dei concetti, dare importanza ad ogni singola parola.
“Frammenti” di vita, o meglio, di realtà dove gli uomini sono automi ingabbiati nella noia delle loro giornate
Le chitarre distorte, che ricordano le rock band internazionali degli anni Settanta, e i ritmi folk arricchiscono e colorano “Frammenti” di una particolare vitalità; ma sono le numerose parentesi elettroniche che permettono all’ascoltatore di soffermarsi e pensare al secondo, più profondo e lirico significato. “Frammenti” di vita, o meglio, di realtà dove gli uomini sono automi ingabbiati nella noia delle loro giornate. Ed è proprio di fronte a questo che il cantautore vuole reagire e fare luce. Diego Bettedi crede che una soluzione potrebbe essere quella di «lasciare aperte le tue porte scorrevoli fin quando il vento soffierà», come canta nella traccia “Il folle”.
In questo teatro chiamato vita, dalla calma apparente e alienante, siate dunque folli e lasciatevi andare: urlate e liberatevi dalle gabbie imposte dalla società. Il tempo, come il vento che soffia e porta via, continuerà ad essere presente anche nel brano “Castello di carte”. Diego Bettedi sa che ormai nulla potrà più rompere il suo equilibrio; lui è un folle perché conosce il proprio Io, sa di essere se stesso e di avere una propria identità; è sempre alla ricerca di una via di fuga dalla massificazione: «la verità è che non uccide il passare del tempo, ti ammazza a volte la pubblicità». L’ambizioso progetto solista del cantautore Diego Bettedi è un buon inizio per un futuro e atteso album.