PerchĂŠ fanno bene i âFreschibuffiâ di Ivan Talarico e Claudio Morici? PerchĂŠ sono freschi, e buffi. Curano lâanima e il corpo con i loro tonfi bagnaticci. Certo, va detto, i freschibuffi non sono bellissimi da vedere. Dopotutto, scopriamo che sono solo spugne intrise dâacqua. Anche vagamente disgustose. Passate fra le mani del pubblico, lasciano una bava fredda. Ricordano lâumido sentore di una giornata di pioggia romana, ma forse solo perchĂŠ siamo a Roma allâAuditorium Parco della Musica. Chi conosce Ivan Talarico e Claudio Morici, che lavorano insieme da sei anni a reading come questo, penserĂ ai piccoli locali, agli spazi off dove in passato il duo sâè esibito. Soffitti alti e bagni stupendi allâAuditorium: con questa nota ironica i due elaborano lo spaesamento, che è fisico e istituzionale insieme. Claudio Morici inizia lo spettacolo ai piedi del palco, in un angolo, scorrendo una fantomatica tempesta di spassose mail inviate al direttore dellâAuditorium.
âFreschibuffi e altre trasmigrazioni dellâanimaâ è uno spettacolo dâimpatto divertentissimo.
Una via discreta per entrare in uno spazio cosĂŹ importante, laterale. Lo sguardo traverso si sdoppierĂ lungo tutto lo spettacolo, che è profondamente politico. Anche se non sono mai evocate le parole esplicite, e spesso per questo trite e ritrite, della politica. Sia chiaro: âFreschibuffi e altre trasmigrazioni dellâanimaâ è uno spettacolo dâimpatto divertentissimo. Si ride di gusto dallâinizio alla fine, grazie a una formula che nella freschezza buffa nasconde un lungo labor limae. Come dicono tutti i maestri del genere, la comicità è un gioco essenzialmente matematico, e qui le equazioni riescono sempre alla perfezione. Il pubblico reagisce generosamente, si intuisce che molti sono aficionados del duo. Un pubblico tra lâaltro anagraficamente eterogeneo, ma unanimemente divertito. Eppure, âFreschibuffi e altre trasmigrazioni dellâanimaâ è percorso da una delicatezza che schiude la coscienza, preannunciata in quell’ingresso laterale, umile, a piè di palco. Ma, sia chiaro, non servile.
Anzi Ivan Talarico e Claudio Morici mirano a promuovere, con sapiente discrezione, la loro periferia al centro del palcoscenico pariolino. E con essa si muove una sottile contestazione. Claudio Morici porta sempre con sĂŠ lâagrodolce ritratto della sua San Lorenzo, dallâuniversitĂ ai virali ristoranti macrobiotici, passando per la piazza di spaccio e finendo al Verano. Ritratto di Roma nientâaffatto stereotipato, in cui traspaiono le notissime criticitĂ , ma veicolate da unâintrospezione venata di malinconia e senso dellâassurdo. Vâè nelle sue tirate piĂš di un accenno allâultimo suo reading, â46 tentativi di lettera a mio figlioâ, in cui elabora personalissimamente la crisi della paternitĂ . E cosĂŹ si ride dentro, non solo fuori, con amalgama di sensazioni degne di un teatro-teatro. In effetti è una colpa del circuito critico, comprensibile ma pur sempre emergenziale, quella di assegnare agli spettacoli comici una dignitĂ artistica secondaria. Il teatro italiano indipendente ha trascurato in larga parte lâopzione comica.
Freschibuffi e altre trasmigrazioni dellâanimaâ è uno spettacolo sulla crisi dellâattore, che affronta le difficoltĂ sociali e artistiche di un settore lavorativo.
Eppure, lâunico Nobel nostrano del mondo del teatro è Dario Fo, che del riso faceva segno magicamente anarchico e generativo. Artista non a caso formatosi in ambito francofono, con Jaques Lecoq. E se sarebbe forzoso rintracciare rassomiglianze nei repertori tecnico-stilistici, bisogna di sicuro notare la continuitĂ di unâintenzione poetica. E forse, in parte, politica, che davvero vale la pena (ri)esplorare. Tra lâaltro i due hanno condotto esperienze di teatro partecipato e de-istituzionalizzato: una via che appunto, in Italia, trovò un antesignano proprio nel grande maestro Dario Fo. Ivan Talarico mescola una formazione teatrale e musicale, con forte polarizzazione verso il bacino tecnico della seconda. Claudio Morici è per vocazione uno scrittore, che ha detto di sĂŠ dâessere prestato al teatro per sopravvivenza. CosĂŹ âFreschibuffi e altre trasmigrazioni dellâanimaâ condensa due sguardi altri, che accedono al palcoscenico come ad uno spazio da occupare, ibrido per natura. Un campo domito in virtĂš della bravura, ma di fondo ostile, problematico.
Si potrebbe dunque dire che âFreschibuffi e altre trasmigrazioni dellâanimaâ è uno spettacolo sulla crisi dellâattore, che affronta le difficoltĂ sociali e artistiche di un settore lavorativo. Cui è regalata lâimmensitĂ di essere, tra i molti, un artigianato faticoso, ma con la grazia dellâintimitĂ e, in questo caso, del riso. L’onerosità è però rivolta al positivo, camuffata nell’affanno del trovare e rammagliare frammenti per lo spettacolo. Che è racchiuso nella cornice dellâevento immaginario, preparato nellâattesa disperata di risposte dal succitato super-direttore. Un collage di repertoires, ove Ivan Talarico può cantare, dimidiato fra pianoforte e chitarra, âCarote dâamoreâ, premio per il miglior testo a Musicultura 2015. Claudio Morici gioca a ping pong col collega, fra sponde cacofoniche e intemerate spassose, che volgono in reading le delicate note poetiche del controcampo musicale. Intanto, fra il sorriso e la risata, ci sentiamo sempre piĂš fratelli dei due commoventi guasconi, le nostre anime trasmigrate verso le loro.