GIACOMO LARICCIA: "La musica può essere un catalizzatore di energia, un modo per creare della bellezza"
Il cantautore Giacomo Lariccia in uno scatto promozionale.
Il cantautore Giacomo Lariccia in uno scatto promozionale.

GIACOMO LARICCIA: “La musica può essere un catalizzatore di energia, un modo per creare della bellezza”

Giacomo Lariccia, benvenuto sulle nostre pagine! Noi di Music.it siamo soliti chiedere all’artista un aneddoto imbarazzante legato alla propria carriera musicale. Quale è il tuo?

Ovviamente di aneddoti divertenti riguardanti la musica ce ne sono tanti ma voi ne volete uno solo. Cercherò di scegliere il più imbarazzante fra tutti… Dobbiamo risalire al 2013, probabilmente, ai primi concerti che feci in Belgio subito dopo l’uscita del mio primo disco da cantautore “Colpo di sole”. Ultima traccia di quel disco è una canzone ironica che si chiama “Sant’Eccehomo” e che racconta, in una pizzica scatenata e in un dialetto salentino corrotto dalla mia romanità, le strane vicende di un gruppo di abitanti di un paesino pugliese che cerca di organizzare una processione dedicata ad un Santo protettore inventato, Sant’Ecccehomo, appunto. Nella canzone è previsto anche la partecipazione del pubblico che, nel ritornello, deve inneggiare a questo santo immaginandosi di trovarsi nella processione. Già il fatto di provare a far cantare dei belgi in dialetto salentino credo abbia del surreale, ma continuiamo.

Già stiamo immaginando… continua pure!

Suonavamo in un palco in una piazza di Bruxelles e, com’è ovvio, fra una canzone e l’altra mi preoccupavo di introdurre in francese, condito con il mio accento italiano, quello che sarebbe successo nelle canzoni successive. Per capire a fondo ciò che sto per raccontarvi devo chiarire qualcosa sulla lingua francese.

Raccontaci tutto!

In francese, lingua particolare e spesso un po’ barocca, capita che parole diverse e lontane semanticamente fra di loro si pronuncino nello stesso modo. Un esempio è quello delle parole “santo” (saint) e “seno” (sein) che nulla hanno a che vedere l’una con l’altra ma, ahimé, si pronunciano con lo stesso suono nasale. Per lunghi minuti, durante la mia spiegazione al pubblico perplesso, ho raccontato degli abitanti di questo paesino del sud Italia che organizzavano una processione di ringraziamento al “grande seno”. Vedevo i musicisti intorno a me schiantarsi dalle risate, vedevo il pubblico divertito ma non riuscivo ovviamente a capacitarmi di tanta ilarità. Dopo il concerto il mio batterista Samuel mi ha fatto una lezione e mi ha spiegato come distinguere, quando si parla, il santo e il seno. Da quel giorno, lo giuro, riesco a distinguere le due parole.

Come prendono forma le tue canzoni? C’è un momento della giornata o un luogo in particolare che prediligi per scrivere?

Le mie canzoni prendono forma con la chitarra in mano. Un’altra costante è che devo trovarmi in un posto tranquillo, la maggior parte delle volte, ovviamente, è il mio studio. Spesso si parte da un appunto in una piccola agenda che spesso ho dietro sulla quale annoto parole, frasi o spunti di qualcosa di interessante. Mi è capitato però di partire anche da altro come per esempio un post su Facebook o un monologo visto su YouTube che mi hanno colpito particolarmente.

Giacomo Lariccia è un cantautore che lascia l’Italia e trova l’America in Europa. Cosa ti ha spinto a partire e quando hai capito di voler vivere a Bruxelles?

Ho scelto di partire e lasciare Roma perché volevo rompere con tutto quello che stavo facendo in Italia. Volevo fare musica e concentrarmi solo su quello e l’unica possibilità ai miei occhi era quella di partire. A Roma mi ero appena laureato in Scienze della comunicazione e sapevo che se fossi restato sarei rimasto invischiato nelle relazioni dell’università che mi avrebbero portato lontano dalla musica. Appena arrivato a Bruxelles mi sono innamorato della città che per me era la città della musica. Il conservatorio, i concerti, i miei dischi, i tour sono tutte cose nate a Bruxelles. Non c’è stato un momento preciso in cui ho scelto di restarci a vivere ma le tessere del puzzle della mia vita si sono piano piano sistemate lasciando emergere il disegno della mia vita.

L’8 maggio è uscito il tuo nuovo singolo “Limiti”: quali sono state le difficoltà principali dell’aver registrato questo brano a distanza?

Non ci sono state difficoltà tecniche o tecnologiche. Negli ultimi anni il lavoro della produzione musicale ha avuto una forte spinta verso la digitalizzazione e anche il materiale per registrare è diventato alla portata di molti musicisti. Per questo motivo le collaborazioni a distanza sono aumentate notevolmente: il Coronavirus, con le imposizioni di distanziamento sociale, non ha fatto altro che accentuare questo processo che era già partito diverso tempo fa. Per registrare “Limiti” io e il mio produttore, Marco Locurcio, ci siamo spediti diversi giga di musica andata e ritorno fino a che il risultato non è diventato quello che si può ascoltare oggi. Quello che a me manca in questo processo di registrazione a distanza, è tutto ciò che nasce da un confronto diretto: il fatto di poter ascoltare e commentare insieme la musica che si sta creando.

Quale è, secondo te, il limite più grande che l’uomo si impone? Quali sono, invece, i limiti che la realtà ti ha imposto e in che modo sei riuscito e riesci a superarli?

Credo che l’uomo non si autoimponga dei limiti anzi, il contrario. Il problema dell’epoca in cui viviamo è che l’uomo ha piuttosto la tendenza a non accettarne nessuno. La letteratura su questo argomento è enorme. Pensiamo ad uno dei testi più antichi della storia dell’uomo, la “Genesi”, e a quella famosa immagine del limite posto nel giardino dell’Eden sotto forma di albero dal frutto proibito, fino ad arrivare ai saggi degli ultimi anni come “Sapiens” di Yuval Noah Harari che raccontano di come l’uomo abbia sempre considerato il limite come qualcosa di scomodo.

È vero, l’uomo tende a non accettare i limiti.

I limiti, in verità, l’uomo se li trova davanti in ogni momento della sua vita: abitiamo un pianeta che ha dei limiti, il nostro corpo ha dei limiti, la nostra vita ha dei limiti, le nostre capacità, la nostra intelligenza. Sono tutte cose limitate. Bisognerebbe piuttosto vedere quali sono i risultati quando questi limiti importanti non vengono rispettati. Una coscienza ecologica “integrale” si sta diffondendo in questi anni e questo è un bene.

Da artista e uomo sensibile, in un momento come quello che stiamo vivendo, quanto credi sia importante fare musica?

La musica può essere una valvola di sfogo, un catalizzatore di energia o più semplicemente un modo per creare della bellezza. Non saprei dire per gli altri ma per me fare musica è essenziale. Semplicemente non riuscirei a farne a meno. È una necessità che è cambiata negli anni. Ricordo che molti anni fa, prima di partire per Bruxelles, c’erano periodi talmente intensi di studio della chitarra che semplicemente mi sentivo male a non avere una chitarra fra le mani per un lungo periodo. Negli ultimi anni questa necessità è diventata più complessa. Adesso fare musica non è solo suonare uno strumento ma seguire fin dalla nascita una produzione musicale. In ogni caso una cosa è sicura: non sono mai partito per un viaggio senza portarmi dietro una chitarra.

Progetti per il futuro? Album in arrivo o magari un nuovo tour appena la situazione lo permetterà?

I progetti per il futuro in questo periodo sono quanto di più fragile ci possa essere. Ho dei punti fermi (purtroppo lontani) come il concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma del 20 marzo 2021 e altri concerti che partiranno nello stesso periodo in Belgio e in Francia ma mi rendo conto che viviamo una situazione che rischia di precipitare da un momento all’altro. L’unica cosa positiva è che racconteremo quello che stiamo vivendo e che comunque, prima o poi, passerà. Magari lo faremo attraverso le canzoni…

Cosa fa Giacomo Lariccia prima di salire sul palco?

Prima di salire sul palco con la band, solitamente, c’è un’atmosfera di euforia e goliardia dalla quale tento di allontanarmi senza successo. Negli anni ho avuto modo di selezionare le persone con cui suono e sono tutti ottimi musicisti e persone piacevoli. Nei camerini di solito bevo tanta acqua, accordo la chitarra e poi si parte.

Giacomo Lariccia, siamo arrivati ai saluti, ma il finale spetta a te. Saluta i nostri lettori con una citazione o, se preferisci, con una frase tratta dalle tue canzoni! Ti ringrazio per essere stato con noi e a presto!!!

Grazie a voi per lo spazio e per l’attenzione a questi racconti che vi ho lasciato. Saluto tutti i lettori di Music.it con un estratto di “Limiti:”
«Pensare a uno sviluppo senza limiti
Roba da economisti
Senza limiti siamo meno creativi
E forse anche più tristi».