Ciao Giulia Ventisette, benvenuta su Music.it! Iniziamo col raccontare ai lettori un ricordo legato alla tua carriera, a patto che sia stravagante e, perché no, imbarazzante!
Ciao a tutti! Non mi vengono in mente ricordi imbarazzanti legati alla mia carriera, forse perché ancora relativamente breve, ma uno stravagante sì. Durante l’esecuzione del mio brano “Burattino”, in un teatro a Bientina, sulla strofa finale, mi buttai per terra (per scena), ma lo feci con troppo vigore e caddi sul ginocchio destro. Uscii di scena zoppicando, con i miei musicisti con le mani tra i capelli!
Ci sono nomi importanti ai quali ti sei ispirata durante il tuo processo di crescita?
Sicuramente Fabrizio De André, ma non solo, anche Francesco De Gregori mi ha insegnato tanto. Quel modo di raccontare storie con occhi sempre nuovi è davvero affascinante.
Artisti odierni invece? Chi pensi valga la pena di seguire?
Ce ne sono tanti che stimo e che seguo, facendo qualche esempio Cesare Cremonini, Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Samuele Bersani, Max Gazzè, Mannarino, Mirkoeilcane…
Il tuo ultimo album, “Stanze”, si affaccia su diverse problematiche sociali attuali. Ogni stanza racchiude un demone che ti sei trovata ad affrontare tu stessa?
Non sono tutti demoni, dai! È un album che sicuramente mi appartiene, perché mi coinvolge. Dalla banale storia d’amore alla mia rivoluzione legata alla ricattabilità dei lavoratori precari, o di coloro che potrebbero diventarlo. Racconta le varie sfaccettature della vita quotidiana da cui sono stata colpita, spesso in prima persona, spesso negativamente.
“Tutti zitti” è un brano molto toccante che ti ha portato diversi riconoscimenti. È un consiglio a chi ha perduto il significato della parola umanità?
Il titolo “Tutti zitti” è una provocazione. Chi ascolta la canzone capisce che quello che mi auguro è esattamente l’opposto: che smettiamo di tacere e acconsentire. Purtroppo, negli uffici di lavoro si respira esattamente una totale assenza di umanità, sia da parte di chi ha il potere, che lo usa a suo vantaggio, senza curarsi dei bisogni dei suoi sottoposti, sia da parte di chi subisce quel potere. Le persone sono annientate, sembrano gruppi di manichini addestrati per dire sempre e soltanto sì. La situazione difficile che stiamo vivendo ci porta ad affrontare tutto con una grande paura, una grande incognita sul futuro. Gli artisti e i bambini, secondo me, hanno in mano le chiavi per uscire da questa sorta di prigionia generale e autoindotta. Dobbiamo ricominciare a fidarci gli uni degli altri, per poter sperare in una possibile salvezza.
Ho trovato il video di “Burattino” molto pirandelliano. Caratterizzato da scene ironiche e divertenti, è un testo che lascia da pensare. È Giulia Ventisette quel burattino, oppure è la storia di qualcun altro? O peggio, di tutti?
Il burattino non rappresenta me, in realtà. Nel video sono io a interpretarlo per prendere in giro quest’uomo incapace di essere felice, un uomo che finge la sua felicità interpretando la parte di un marito perfetto, sotto la regia di una moglie burattinaia, che non ama affatto.
Il burattino di cui parlo è una persona reale, a cui ho voluto bene e che ho provato ad aiutare, ma che non mi ha dato la possibilità di tagliare quei fili, lasciandomi con molte domande, a cui ho risposto con questa canzone. Ho esorcizzato il mio dolore con un po’ di ironia e via via riconosco sempre più personaggi che si rivelano bravi teatranti.
A proposito di burattini, qual è il tuo parere sulla musica al giorno d’oggi? Pensi che major ed etichette, esperte burattinaie, possano limitare l’arte e gli artisti in generale?
La musica al giorno d’oggi è drogata, se così si può dire. Anzi, direi che sono gli ascoltatori a essere drogati, perché una persona normale, che non si muove all’interno della musica, non ha alternative. Accende la radio e ascolta sempre le stesse 4 canzoni che passano 18 volte al giorno, quindi poi sceglie – ed è costretta a farlo! – il meno peggio e stabilisce che quello è il livello musicale italiano e se lo fa anche andare bene, ignorando tutto il resto. Tutto il resto però è un mondo intero.
La fortuna di intraprendere il percorso di cantautrice è anche e soprattutto questo: entrare in contatto con altri artisti. Sono anzitutto persone, che hanno un mondo dentro, che ti arricchiscono e ti illuminano, che hanno realmente l’esigenza di dire qualcosa e non solo una bella voce da mostrare per appagare la loro vanità dentro a un applauso.
Perché allora la meritocrazia difficilmente funziona? Qual è il problema alla base?
Il problema è che questi artisti spesso sono scomodi, pensano e fanno pensare, decidono e non si fanno incatenare. Di conseguenza è meglio tenerli fuori dai riflettori. Le etichette e le major preferiscono i soldi facili, manovrando l’ultimo burattino uscito dal talent di turno: gli riempiono la testa di illusioni, gli fanno fare un disco scritto da qualcuno che ha un contratto con la major stessa, vendono qualche migliaio di copie e poi gli dicono «Sei finito, avanti il prossimo». D’altra parte di talent ce ne sono troppi e ogni anno esce fuori un burattino nuovo da manovrare, e la massa è volubile. Alla nuova edizione del talent scorda l’idolo precedente e si immola per quello nuovo.
Novità sul futuro? Già pensi a un nuovo singolo da estrarre? Tour in arrivo?
Da questo album ho già estratto 3 singoli, con 3 videoclip, quindi ora mi godo i bei risultati ottenuti. Mi concentro sul tour – che è già in corso e di cui trovate le date in via di aggiornamento sul mio sito – e su alcune novità che arriveranno presto di cui non voglio ancora svelare niente.
Giulia Ventisette, grazie per il tempo che ci hai concesso. Fai un ultimo saluto ai lettori di Music.it! Fornisci loro la chiave per addentrarsi in queste “Stanze” e uscirne vincitori. O chiudiceli dentro, a te la scelta!
Grazie a voi per il tempo che mi avete concesso. Ai lettori consiglio di addentrarsi nelle mie stanze senza armi, indifesi. Questa è l’unica chiave per uscirne… illesi.