Gli occhi degli altri, benvenuti su Music.it! Ogni nostra intervista inizia con un aneddoto: raccontate ai lettori qualcosa di insolito e divertente legato alla vostra carriera musicale!
Siamo fin dal principio una band di amici che come tali, nei weekend prima del lockdown, se non suonavano si trovavano in piazzetta di fronte al bar o in saletta a fare cene tra amici. Quello era un momento perfetto per rinfrescarsi la memoria su questo genere di cose, sparare due cazzate e dare vita alla stragrande maggioranza degli aneddoti divertenti, come accade un poʼ in tutte le compagnie dʼaltronde. Durante una delle nostre cene abbiamo creato la ricetta migliore di sempre, o per lo meno in quel momento ci sembrava la migliore: pizza, nugget di pollo e, se riesci ad arrivare allʼultima fetta, lʼaggiunta di panna montata per concludere in bellezza. Per quanto sembri una follia lʼabbiamo testata già più volte ed è una bomba. È una cosa di cui andiamo fierissimi e che fino ad ora tenevamo segretissima. Non vediamo lʼora di poter ripetere alla fine delle restrizioni.
Come si sono conosciuti Gli occhi degli altri e quanto ha influito nella vostra identità musicale l’essere nati sulle rive di “quel ramo del lago di Lecco”?
Ci siamo formati nel 2014. Pietro e Stefano già suonavano insieme da anni, così come Alessandro e Giorgio: praticamente è stata la fusione di due band che si erano sciolte. Il lago è sicuramente uno degli elementi collanti della nostra band; siamo nati e cresciuti tutti e quattro a Lecco, quindi il lago e la sua atmosfera fanno parte della nostra quotidianità da sempre, il che si è poi riflesso nei suoni e nei testi delle nostre canzoni.
Quali sono gli artisti, passati e presenti, che vi hanno ispirato e che hanno dato un importante contribuito allo sviluppo della vostra musica?
Siamo cresciuti tutti e quattro bene o male con le icone rock del passato ma con sfumature diverse per ognuno di noi. Allʼinizio del nostro percorso eravamo un poʼ in fissa con gli anni ʼ90, soprattutto Fugazi, At the Drive-In per lʼattitudine live, ma anche The Smashing Pumpkins e The Cure per i suoni. Col passare del tempo i nostri ascolti si sono ampliati un poʼ in tutte le direzioni sia italiane che straniere. Sappiamo apprezzare davvero di tutto e spesso passiamo dei lunghi periodi di fisse dove la riscoperta del disco di turno ci fa perdere in ascolti infiniti accompagnati dai vari «oh! Ma hai sentito questo che forte?».
“Sonnambuli” è un brano alternative rock con leggere sfumature di dream pop: la realtà spesso lascia il posto ai sogni. Raccontateci come nasce questo nuovo singolo.
“Sonnambuli” è nata in modo molto semplice e spontaneo senza pensarci troppo su, ma si può dire che il suo intento sia quello di ricordare che anche in un momento della vita in cui ti senti perso e senza una meta (come un sonnambulo) non devi mai perdere la speranza verso un domani positivo o perlomeno migliore.
Quale messaggio volete far arrivare a vostri ascoltatori con “Sonnambuli”?
Negli ultimi pezzi come “Sonnambuli” abbiamo deciso di prendere una via un poʼ meno distorta sia nella musica che nei testi. Il vecchio disco “Non ci annoieremo mai” lo abbiamo scritto a cavallo tra i diciannove e i venti anni; ora ne abbiamo venticinque, abbiamo messo da parte un po’ di rabbia per dare sfogo a qualcosa di più costruttivo, si parla pur sempre di sfogo quindi la rotta non è invertita completamente, ci piace ancora parecchio lʼidea di salire sul palco e spingere sugli amplificatori, ma sicuramente non vogliamo limitare la creatività a un indirizzo di genere.
Nella vostra musica ci sono chiari riferimenti agli anni 2000 e alla quotidianità. Com’è cambiata la vostra musica nel tempo e perché?
I primi anni 2000 rappresentano la nostra infanzia, ovvero il periodo della vita più felice e spensierato, dai cartoni animati dopo la scuola allʼoratorio, alle vacanze al mare. Abbiamo voluto ripescare quest’atmosfera nelle nostre vite per trasmetterlo poi alla nostra nuova musica.
Cosa fanno Gli occhi degli altri prima di salire sul palco? Avete un rito in particolare?
Non abbiamo un rito particolare; siamo abbastanza liberi, ma finiamo quasi sempre per bere birrette o qualche amaro tipico del luogo “per scaldare la voce”.
Progetti per il futuro? Cosa frutterà da questa quarantena?
Non è forse il momento più adatto per parlare di futuro, ma siamo fiduciosi che si risolverà tutto e torneremo a stare bene, intanto stiamo a casa a suonare ognuno nella propria cameretta e accendiamo le webcam per berci una birretta in compagnia o per raccontarci le serie TV.
Gli occhi degli altri, l’intervista è giunta al termine ed io vi ringrazio per essere stati con noi. Lascio a voi l’ultima parola: salutate i lettori con una citazione o con una frase tratta dalle vostre canzoni! Ciao!!!
Grazie mille, Giulia, è stato un piacere! «Se ci svegliamo tardi, vieni via con me».